BARI - E’ la prima filiera produttiva dell’IT in Italia che ripropone le logiche delle filiere dei settori manifatturieri: specializzazione nelle diverse produzioni, pluralità di fornitori,economie di scala e un’entità che assembla e integra i vari componenti. Si chiama ‘Puglia digitale 2.0’ ed è la piattaforma tecnologica presentata oggi alla presenza dell’assessore regionale allo Sviluppo economico Loredana Caponee nata grazie al contratto di programma sottoscritto nel 2013 – con un investimento di 12 milioni di euro tra pubblico e privato - tra la Regione Puglia e sette aziende del Distretto Produttivo dell’Informatica Pugliese: Exprivia di Molfetta, capofila del progetto, CLE,Omnitech e Openwork di Bari, Gei Inform di Brindisi, Link Management and Technology di Lecce e Parsec 3.26 di Cavallino (LE).
Tre gli elementi distintivi della piattaforma,sviluppata con il contribuito anche di Università del Salento, Università di Bari e Politecnico di Bari. In primis la collaborazione attiva tra gli attori in un sistema aperto: le imprese IT propongonosulla piattaforma i propri servizi, ne compongono di nuovi o realizzano nuove applicazioni più complesse utilizzando i servizi già disponibili sulla piattaforma.
Poi la possibilità di scelta per i clienti finali – cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese – che,per dare soluzione a svariate problematiche (dall’assistenza socio-sanitaria a quella turistica, dalla bigliettazione elettronica all’infomobilità), possono individuare le applicazionipiù opportune, anche estremamente innovative, create grazie ai servizi disponibili sulla piattaforma.
Infine l’utilizzo della tecnologia ‘cloud’ che prevede la fruizione dei software attraverso il web con semplicità, immediatezza, tempi e costi ridotti.Questa caratteristica fa di PugliaDigitale 2.0 la prima filiera organizzata di servizi cloud in Italia, un vero e proprio ‘ecosistema’ in cui le imprese aderenti collaborano,tramite la pubblicazione e la composizione di servizidigitali, alla generazione di valore per il territorio.
Puglia Digitale 2.0, che in due anni ha già consentito l’ingresso di oltre 70 occupati nelle sette impresedel Distretto (composto da circa 100 imprese per 4.000 addetti e 800 milioni di fatturato), mira a conferiremaggiore competitività alle impreseche fanno parte del sistema e a proporre soluzioni più convenienti e innovative a privati e pubbliche amministrazioni che utilizzeranno la piattaforma. Su quest’ultima sono già presenti applicazioni e servizi che permettono, ad esempio, di operare con la firma elettronica avanzata, calcolare indici relativi a determinate patologie, ricevere informazioni in tempo reale sul traffico urbano o su interruzioni di servizi pubblici.
«’Puglia digitale 2.0’ – ha spiegato Gianni Sebastiano, presidente del Distretto Produttivo dell’Informatica Pugliese e CFO di Exprivia, capofila del progetto – è il risultato di una virtuosa collaborazione tra università pugliesi e imprese del Distretto che, nelle fasi della ricerca e dell’implementazione della piattaforma, hanno vissuto, nonostante la crisi, una rilevante crescita dell’occupazione. Il progetto amplifica le opportunità di lavoro per queste e perle altre aziende pugliesi che vorranno aderire al progetto in quanto propone un modello di business mai intrapreso prima nel nostro settore.Puglia digitale 2.0 ha tutto per divenire un caso di successo a livello nazionale e un driver per la creazione di valore sul territorio; accanto all’ulteriore investimento delle imprese coinvolte è però indispensabile l’attenzione delle Istituzioniverso questo progetto che, come altri, necessita solo dello step finale, l’industrializzazione».
«Con Puglia Digitale 2.0 si è stimolata – ha dichiarato Salvatore Latronico, presidente di Openwork, l’impresa che si è occupata dell’integrazione dei servizi sulla piattaforma –la specializzazione e integrazione delle imprese IT pugliesi, a vantaggio della loro competitività sul mercato. Adesso, però,è necessario che gli utenti finali (pubbliche amministrazioni e imprese)credano in questo progetto sposandole sue logiche e adottandole soluzioni tecnologiche che esso può fornire. In altre nazioni si è riusciti a creare prodotti a forte contenuto innovativo, che eccellono sui mercati globali,dopo ricerca e sperimentazione le soluzioni proposte dalle imprese vengono utilizzate e perfezionate sul campo, consentendone l’industrializzazione. Oggigiorno la competizione non è tra imprese ma tra territori: solo se tutti gli attori delsistema concorrono insieme nell’alimentare un circolo virtuoso tra ricerca, imprese e utilizzatori finali, le innovazioni tecnologiche possono essere proposte sul mercatoe trasformarsi in valore per l’intero territorio in termini di commesse e occupazione».
«Le tre università pugliesi – ha aggiunto Giuseppe Visaggio, docente del Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari–cogliendo gli obiettivi delle imprese di rafforzarsi nella produzione di servizi per il "mercato", hanno puntato sul paradigma della "coalizione di servizi", promuovendo così un ecosistema digitale tra i partner. Sono emersi molti problemi di ricerca tra i quali, i più rilevanti, sono stati le modalità di cooperazione tra servizi eterogenei, i modelli per la composizione di servizi primari per produrre servizi complessi, il riuso spinto del software che costituiscono i servizi primari e i modelli di business. La sperimentazione ha dato risultati incoraggianti ma ha anche rivelato aspetti da migliorare prima che tutti i risultati della ricerca possano essere industrializzati. Ovviamente, a latere della ricerca, le università si sono impegnate nel trasferimento di innovazioni tecnologiche alle imprese».
Tre gli elementi distintivi della piattaforma,sviluppata con il contribuito anche di Università del Salento, Università di Bari e Politecnico di Bari. In primis la collaborazione attiva tra gli attori in un sistema aperto: le imprese IT propongonosulla piattaforma i propri servizi, ne compongono di nuovi o realizzano nuove applicazioni più complesse utilizzando i servizi già disponibili sulla piattaforma.
Poi la possibilità di scelta per i clienti finali – cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese – che,per dare soluzione a svariate problematiche (dall’assistenza socio-sanitaria a quella turistica, dalla bigliettazione elettronica all’infomobilità), possono individuare le applicazionipiù opportune, anche estremamente innovative, create grazie ai servizi disponibili sulla piattaforma.
Infine l’utilizzo della tecnologia ‘cloud’ che prevede la fruizione dei software attraverso il web con semplicità, immediatezza, tempi e costi ridotti.Questa caratteristica fa di PugliaDigitale 2.0 la prima filiera organizzata di servizi cloud in Italia, un vero e proprio ‘ecosistema’ in cui le imprese aderenti collaborano,tramite la pubblicazione e la composizione di servizidigitali, alla generazione di valore per il territorio.
Puglia Digitale 2.0, che in due anni ha già consentito l’ingresso di oltre 70 occupati nelle sette impresedel Distretto (composto da circa 100 imprese per 4.000 addetti e 800 milioni di fatturato), mira a conferiremaggiore competitività alle impreseche fanno parte del sistema e a proporre soluzioni più convenienti e innovative a privati e pubbliche amministrazioni che utilizzeranno la piattaforma. Su quest’ultima sono già presenti applicazioni e servizi che permettono, ad esempio, di operare con la firma elettronica avanzata, calcolare indici relativi a determinate patologie, ricevere informazioni in tempo reale sul traffico urbano o su interruzioni di servizi pubblici.
«’Puglia digitale 2.0’ – ha spiegato Gianni Sebastiano, presidente del Distretto Produttivo dell’Informatica Pugliese e CFO di Exprivia, capofila del progetto – è il risultato di una virtuosa collaborazione tra università pugliesi e imprese del Distretto che, nelle fasi della ricerca e dell’implementazione della piattaforma, hanno vissuto, nonostante la crisi, una rilevante crescita dell’occupazione. Il progetto amplifica le opportunità di lavoro per queste e perle altre aziende pugliesi che vorranno aderire al progetto in quanto propone un modello di business mai intrapreso prima nel nostro settore.Puglia digitale 2.0 ha tutto per divenire un caso di successo a livello nazionale e un driver per la creazione di valore sul territorio; accanto all’ulteriore investimento delle imprese coinvolte è però indispensabile l’attenzione delle Istituzioniverso questo progetto che, come altri, necessita solo dello step finale, l’industrializzazione».
«Con Puglia Digitale 2.0 si è stimolata – ha dichiarato Salvatore Latronico, presidente di Openwork, l’impresa che si è occupata dell’integrazione dei servizi sulla piattaforma –la specializzazione e integrazione delle imprese IT pugliesi, a vantaggio della loro competitività sul mercato. Adesso, però,è necessario che gli utenti finali (pubbliche amministrazioni e imprese)credano in questo progetto sposandole sue logiche e adottandole soluzioni tecnologiche che esso può fornire. In altre nazioni si è riusciti a creare prodotti a forte contenuto innovativo, che eccellono sui mercati globali,dopo ricerca e sperimentazione le soluzioni proposte dalle imprese vengono utilizzate e perfezionate sul campo, consentendone l’industrializzazione. Oggigiorno la competizione non è tra imprese ma tra territori: solo se tutti gli attori delsistema concorrono insieme nell’alimentare un circolo virtuoso tra ricerca, imprese e utilizzatori finali, le innovazioni tecnologiche possono essere proposte sul mercatoe trasformarsi in valore per l’intero territorio in termini di commesse e occupazione».
«Le tre università pugliesi – ha aggiunto Giuseppe Visaggio, docente del Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari–cogliendo gli obiettivi delle imprese di rafforzarsi nella produzione di servizi per il "mercato", hanno puntato sul paradigma della "coalizione di servizi", promuovendo così un ecosistema digitale tra i partner. Sono emersi molti problemi di ricerca tra i quali, i più rilevanti, sono stati le modalità di cooperazione tra servizi eterogenei, i modelli per la composizione di servizi primari per produrre servizi complessi, il riuso spinto del software che costituiscono i servizi primari e i modelli di business. La sperimentazione ha dato risultati incoraggianti ma ha anche rivelato aspetti da migliorare prima che tutti i risultati della ricerca possano essere industrializzati. Ovviamente, a latere della ricerca, le università si sono impegnate nel trasferimento di innovazioni tecnologiche alle imprese».