di Vittorio Polito - Se mi avessero detto che un giorno sarei stato chiamato a scrivere di un libro che in ultima di copertina accomunasse Joseph Tusiani e Delio De Martino, avrei liquidato con un laconico ‘matte’ il latore di simile previsione.
Mi sono imbattuto in Joseph - come ormai fraternamente tutti gli Amici di casa Levante chiamano il grande poeta e traduttore italo-americano – nel 2006 quando l’editore Gianni Cavalli mi chiese di recensire un volumetto, pretenzioso nel titolo a giusto merito, ‘Cartoline dal Gargano’ a cura di D’Amaro, Fraccacreta e Ritrovato. I miei ricordi sono che mi presentò un ispanista, Coco di cognome, che era molto in armonia e affabilità con Levante: una persona di poche parole, alto, magro con una faccia ‘garganica’.
In quel volumetto di Tusiani mi colpì una poesia in latino, lingua con cui non ho dimestichezza, ed una in dialetto sammarchese che, nonostante la mia sintonia con i dialetti, mi parve incomprensibile, forse il titolo era ‘Lu trene’. Probabilmente in quella circostanza ho conosciuto anche D’Amaro perché gli chiesi come mai la sua poesia fosse divisa con dei numeri da 1 a 6 e mi complimentai perché dava dell’arrogante al vento. Qualora lo abbia conosciuto veramente, non ricordo la risposta: le mie 80 primavere giustificano questa assenza di ricordi certi. Penso nel mio articolo di recensione al libro di essermi soffermato anche sulla poesia di Cosma Siani, che aveva un titolo strano. Di Siani posso dire quello che Gianni ripete a tutti: ‘Una delle persone più corrette, disponibili e sensibili in cui mi sia imbattuto, non sembra nato a… (vi risparmio il finale e lo lascio alla vostra libera e silenziosa interpretazione).
Premesso ciò devo ammettere che conosco Delio De Martino da sempre e che ho recensito tutti e tre, ora diventati quattro, i suoi libri pubblicati da Levante: ‘Per una storia di Rai tre’,’Io sono Giulietta, Letterature e miti nella pubblicità di auto’ e il successo, in termini di recensioni, ‘Dante e la pubblicità’, inoltre spesso mi sono occupato dei suoi tanti saggi pubblicati su testi italiani, spagnoli ecc. ecc.
Il padre, lo dico prima per evitare il commento dei tanti ‘corvi’ che pascolano da tempo in libera uscita, è quel Francesco che ha presentato due miei libri: nella prestigiosa Aula Magna dell’Università A. Moro di Bari ed al Circolo Unione.
Levante poche settimane fa, grazie all’assenso di Tusiani e con la determinante collaborazione di Siani e D’Amaro, fornitori di notizie e consigli al giovane colto‘regista’ Delio De Martino, ha ripubblicato un romanzo dal titolo “Dante in licenza”, la cui prima edizione risale al 1952 presso l’editrice Nigrizia di Verona.
In sostanza nel romanzo Tusiani fa risorgere Dante per volere DIVINO prendendo a pretesto il giubileo del 1950. Dante tornato fra i mortali aspirava forse ad essere riconosciuto da qualcuno ed invece viene coinvolto in situazioni paradossali, insensate, stravaganti ed eccentriche. A conferma che il nostro Tusiani, ancora Giuseppe e non ancora trentenne, aveva tutti i requisiti di ironia, sarcasmo, satira e fine umorismo che il mondo attribuisce ad un italiano vero. Le trovate di Tusiani sono degne di un romanziere che dimostra di avere già la stoffa e la capacità di costruire una trama letteraria. Quando Dante si arrabbia - ritengo che Tusiani nello scrivere il romanzo abbia confezionato su Dante quelle che erano le sue doti caratteriali e forse anche il suo stato d’animo all’epoca che lo portava a riflessioni su una meritocrazia inesistente – solo il buon padre Giacinto riesce a calmarlo (in questo personaggio forse Tusiani vede il padre conosciuto da grande e che come prima domanda in quel tanto atteso incontro sul suolo americano gli chiede un assurdo ‘fumi?’) perché ha capito, il famoso uno su mille, che quel volto, quei lineamenti sono un marchio di fabbrica che nessun ‘made in china’ potrà imitare.
Dal momento che so, per esperienza diretta, che la maggior parte dei miei lettori leggono il libro senza acquistarlo e senza sfogliarlo mi permetto di riportare un piccolo stralcio del capitolo titolato ‘L’inferno della politica’, la qual cosa mi permette di dire bravo a Delio perché l’idea dei titoletti ad ogni capitolo sono una splendida trovata.
«Mentre Dante parlava , nella gran sala era un brusio, un vocio confuso ed inquieto. Tutti si volsero e moltissimi furono atterriti dalla luce che partiva dagli occhi dello sconosciuto. Il volto austero del più grande Fiorentino della storia era lì, dominatore e sublime. Il conferenziere, che nella lunga e gloriosa carriera non s’era mai imbattuto in un plebeo che ardisse interromperlo e contraddirlo in pubblico, rimase come allibito. Gli organizzatori, grossi e piccoli, rimasero, anch’essi interdetti e come colpiti da inattesa sciagura. Qualcuno gridò: - Silenzio! – Si udì un’altra voce: - È un comunista provocatore.
L’oratore ebbe un freddo sorrisetto di compassione e di disprezzo, poi disse: È proprio quello che stavo per dire, signore. – Ci crederei davvero se il bianco fosse sinonimo di nero, signor mio. – Evidentemente ella non ha compreso il mio pensiero profondo. – Sarebbe più onesto dire che, se mai, è stato lei a non sapersi spiegare. – Carabinieri, arrestatelo. Questa è una impudenza bell’e buona, è un insulto alla mia carica ed al mio nome.
Dante era rimasto in piedi, rigido, impassibile, con un sorriso sereno che dava maggior risalto ai lineamenti del viso. – Il suo nome? Non l’ho mai inteso. Ma se Ella crede che la notorietà del nome possa rendere autorevole la nostra parola, ebbene guardi il mio volto, e saprà il mio nome. Più di una voce gridò: - Dante! L’oratore urlò: - È pazzo! Arrestatelo!
Dante disse, calmo: - Arrestatemi pure. D’ora innanzi, io farò parte di me stesso. Due carabinieri lo tradussero in prigione per aver disturbato la quiete pubblica. Il pallido segretario di corrispondenza, quella stessa sera, lacerò la scheda d’iscrizione al partito del signor Sonoitaliano, mormorando: - O è pazzo o è traditore».
Non mi sento di aggiungere altro se non che mi dispiace non essere presente, anche con una piccola citazione, nel volume perché avevo sottoposto a De Martino padre un mio scritto che avvalorava quello che Tusiani scriveva nel 1958 in una prefazione a Nicola Testi ‘Inferno da la Divina Commedia di Dante Alighieri in vernacolo pugliese’. Ubi maior, minor cessat: quante sfaccettature possiede la meritocrazia !
A Delio mi permetto di dedicare un proverbio barese : ‘Da sott’a nu buène majièste jèsse nu buène descèple’. I Maestri abbondano tra i frequentatori di casa Levante.
Mi associo al grande Joseph Tusiani che nel suo augurio all’inizio del libro così conclude il suo intervento: “E concludo con il ringraziare l’editore Gianni Cavalli che con la sua amicizia allieta e arricchisce i miei ultimi anni, e con la sua stima sincera e generosa ha reso possibile questo bel tomo di avventura dantesca”.
Da quando don Mario Cavalli mi affidò a Gianni dicendomi : ‘Ora per te iniziano le dolenti note’, la mia vita è cambiata in meglio. Sono diventato giornalista, scrittore, vincitore di premi e persona che gode di una certa piacevole popolarità e mi è tornata quella voglia di vivere che fa sentire un uomo ‘UOMO’, tanto che ho avuto la forza di oppormi ad una malattia che avrebbe debilitato il Vittorio che fu presentato a Levante anni fa.
La scorsa domenica – l’ho conosciuto di domenica e ci vediamo quasi sempre di domenica ancora oggi – ho trovato in azienda un amico di liceo di Gianni, il quale mi ha detto delle cose, mentre il nostro era al telefono e contemporaneamente rispondeva ad una email, che fanno dell’editore una persona unica e preziosa. Forse Tusiani, De Martino e i tanti Polito in circolazione l’hanno capito e lo sopportano o supportano. Questo amico mi ha detto che in seconda liceo Gianni mentre presentava uno spettacolo da lui ideato, nel famoso teatro Norba di Conversano, una voce dal pubblico gridò: ‘Chi sei ?’ Gianni fermò lo spettacolo e disse a questo signore: ‘In Puglia, in Italia, in Europa Gianni, in America Gianni Cavalli. Contento?’. Ha impiegato tanto tempo il nostro editore, ma l’AMERICA evidentemente continuava a cercarla e forse l’ha trovata: era nel suo destino. (Amico lettore per fortuna che l’editore non legge mai i miei scritti).
Mi sono imbattuto in Joseph - come ormai fraternamente tutti gli Amici di casa Levante chiamano il grande poeta e traduttore italo-americano – nel 2006 quando l’editore Gianni Cavalli mi chiese di recensire un volumetto, pretenzioso nel titolo a giusto merito, ‘Cartoline dal Gargano’ a cura di D’Amaro, Fraccacreta e Ritrovato. I miei ricordi sono che mi presentò un ispanista, Coco di cognome, che era molto in armonia e affabilità con Levante: una persona di poche parole, alto, magro con una faccia ‘garganica’.
In quel volumetto di Tusiani mi colpì una poesia in latino, lingua con cui non ho dimestichezza, ed una in dialetto sammarchese che, nonostante la mia sintonia con i dialetti, mi parve incomprensibile, forse il titolo era ‘Lu trene’. Probabilmente in quella circostanza ho conosciuto anche D’Amaro perché gli chiesi come mai la sua poesia fosse divisa con dei numeri da 1 a 6 e mi complimentai perché dava dell’arrogante al vento. Qualora lo abbia conosciuto veramente, non ricordo la risposta: le mie 80 primavere giustificano questa assenza di ricordi certi. Penso nel mio articolo di recensione al libro di essermi soffermato anche sulla poesia di Cosma Siani, che aveva un titolo strano. Di Siani posso dire quello che Gianni ripete a tutti: ‘Una delle persone più corrette, disponibili e sensibili in cui mi sia imbattuto, non sembra nato a… (vi risparmio il finale e lo lascio alla vostra libera e silenziosa interpretazione).
Premesso ciò devo ammettere che conosco Delio De Martino da sempre e che ho recensito tutti e tre, ora diventati quattro, i suoi libri pubblicati da Levante: ‘Per una storia di Rai tre’,’Io sono Giulietta, Letterature e miti nella pubblicità di auto’ e il successo, in termini di recensioni, ‘Dante e la pubblicità’, inoltre spesso mi sono occupato dei suoi tanti saggi pubblicati su testi italiani, spagnoli ecc. ecc.
Il padre, lo dico prima per evitare il commento dei tanti ‘corvi’ che pascolano da tempo in libera uscita, è quel Francesco che ha presentato due miei libri: nella prestigiosa Aula Magna dell’Università A. Moro di Bari ed al Circolo Unione.
Levante poche settimane fa, grazie all’assenso di Tusiani e con la determinante collaborazione di Siani e D’Amaro, fornitori di notizie e consigli al giovane colto‘regista’ Delio De Martino, ha ripubblicato un romanzo dal titolo “Dante in licenza”, la cui prima edizione risale al 1952 presso l’editrice Nigrizia di Verona.
In sostanza nel romanzo Tusiani fa risorgere Dante per volere DIVINO prendendo a pretesto il giubileo del 1950. Dante tornato fra i mortali aspirava forse ad essere riconosciuto da qualcuno ed invece viene coinvolto in situazioni paradossali, insensate, stravaganti ed eccentriche. A conferma che il nostro Tusiani, ancora Giuseppe e non ancora trentenne, aveva tutti i requisiti di ironia, sarcasmo, satira e fine umorismo che il mondo attribuisce ad un italiano vero. Le trovate di Tusiani sono degne di un romanziere che dimostra di avere già la stoffa e la capacità di costruire una trama letteraria. Quando Dante si arrabbia - ritengo che Tusiani nello scrivere il romanzo abbia confezionato su Dante quelle che erano le sue doti caratteriali e forse anche il suo stato d’animo all’epoca che lo portava a riflessioni su una meritocrazia inesistente – solo il buon padre Giacinto riesce a calmarlo (in questo personaggio forse Tusiani vede il padre conosciuto da grande e che come prima domanda in quel tanto atteso incontro sul suolo americano gli chiede un assurdo ‘fumi?’) perché ha capito, il famoso uno su mille, che quel volto, quei lineamenti sono un marchio di fabbrica che nessun ‘made in china’ potrà imitare.
Dal momento che so, per esperienza diretta, che la maggior parte dei miei lettori leggono il libro senza acquistarlo e senza sfogliarlo mi permetto di riportare un piccolo stralcio del capitolo titolato ‘L’inferno della politica’, la qual cosa mi permette di dire bravo a Delio perché l’idea dei titoletti ad ogni capitolo sono una splendida trovata.
«Mentre Dante parlava , nella gran sala era un brusio, un vocio confuso ed inquieto. Tutti si volsero e moltissimi furono atterriti dalla luce che partiva dagli occhi dello sconosciuto. Il volto austero del più grande Fiorentino della storia era lì, dominatore e sublime. Il conferenziere, che nella lunga e gloriosa carriera non s’era mai imbattuto in un plebeo che ardisse interromperlo e contraddirlo in pubblico, rimase come allibito. Gli organizzatori, grossi e piccoli, rimasero, anch’essi interdetti e come colpiti da inattesa sciagura. Qualcuno gridò: - Silenzio! – Si udì un’altra voce: - È un comunista provocatore.
L’oratore ebbe un freddo sorrisetto di compassione e di disprezzo, poi disse: È proprio quello che stavo per dire, signore. – Ci crederei davvero se il bianco fosse sinonimo di nero, signor mio. – Evidentemente ella non ha compreso il mio pensiero profondo. – Sarebbe più onesto dire che, se mai, è stato lei a non sapersi spiegare. – Carabinieri, arrestatelo. Questa è una impudenza bell’e buona, è un insulto alla mia carica ed al mio nome.
Dante era rimasto in piedi, rigido, impassibile, con un sorriso sereno che dava maggior risalto ai lineamenti del viso. – Il suo nome? Non l’ho mai inteso. Ma se Ella crede che la notorietà del nome possa rendere autorevole la nostra parola, ebbene guardi il mio volto, e saprà il mio nome. Più di una voce gridò: - Dante! L’oratore urlò: - È pazzo! Arrestatelo!
Dante disse, calmo: - Arrestatemi pure. D’ora innanzi, io farò parte di me stesso. Due carabinieri lo tradussero in prigione per aver disturbato la quiete pubblica. Il pallido segretario di corrispondenza, quella stessa sera, lacerò la scheda d’iscrizione al partito del signor Sonoitaliano, mormorando: - O è pazzo o è traditore».
Non mi sento di aggiungere altro se non che mi dispiace non essere presente, anche con una piccola citazione, nel volume perché avevo sottoposto a De Martino padre un mio scritto che avvalorava quello che Tusiani scriveva nel 1958 in una prefazione a Nicola Testi ‘Inferno da la Divina Commedia di Dante Alighieri in vernacolo pugliese’. Ubi maior, minor cessat: quante sfaccettature possiede la meritocrazia !
A Delio mi permetto di dedicare un proverbio barese : ‘Da sott’a nu buène majièste jèsse nu buène descèple’. I Maestri abbondano tra i frequentatori di casa Levante.
Mi associo al grande Joseph Tusiani che nel suo augurio all’inizio del libro così conclude il suo intervento: “E concludo con il ringraziare l’editore Gianni Cavalli che con la sua amicizia allieta e arricchisce i miei ultimi anni, e con la sua stima sincera e generosa ha reso possibile questo bel tomo di avventura dantesca”.
Da quando don Mario Cavalli mi affidò a Gianni dicendomi : ‘Ora per te iniziano le dolenti note’, la mia vita è cambiata in meglio. Sono diventato giornalista, scrittore, vincitore di premi e persona che gode di una certa piacevole popolarità e mi è tornata quella voglia di vivere che fa sentire un uomo ‘UOMO’, tanto che ho avuto la forza di oppormi ad una malattia che avrebbe debilitato il Vittorio che fu presentato a Levante anni fa.
La scorsa domenica – l’ho conosciuto di domenica e ci vediamo quasi sempre di domenica ancora oggi – ho trovato in azienda un amico di liceo di Gianni, il quale mi ha detto delle cose, mentre il nostro era al telefono e contemporaneamente rispondeva ad una email, che fanno dell’editore una persona unica e preziosa. Forse Tusiani, De Martino e i tanti Polito in circolazione l’hanno capito e lo sopportano o supportano. Questo amico mi ha detto che in seconda liceo Gianni mentre presentava uno spettacolo da lui ideato, nel famoso teatro Norba di Conversano, una voce dal pubblico gridò: ‘Chi sei ?’ Gianni fermò lo spettacolo e disse a questo signore: ‘In Puglia, in Italia, in Europa Gianni, in America Gianni Cavalli. Contento?’. Ha impiegato tanto tempo il nostro editore, ma l’AMERICA evidentemente continuava a cercarla e forse l’ha trovata: era nel suo destino. (Amico lettore per fortuna che l’editore non legge mai i miei scritti).