Dio? E’ morto in riva al mare

di Francesco Greco - Sulle rive del mar di Bisanzio Dio è morto. Nell'Europa dalle radici cristiane, il cui collante è l'egoismo nazionale, irrazionale, è morto. L'Europa dei Lumi sorda e cieca, arroccata nei suoi patti di stabilità che escludono, non vede ciò che accade ad limina, ai confini degli Imperi: vuole svuotare il mare col cucchiaio. (Foto: ANSA)

A settembre un bimbo siriano, Aylan, sorpreso dall'onda assassina, a cui forse era già stato stampigliato il numero (come nei lager: corsi e ricorsi), o forse non ancora. Ora 7 bimbi siriani nell'Egeo. 800 da inizio anno, 3220 da quando si è cominciato a contare. La strage degli innocenti.
E tutti scappavano dall'orrore, le decapitazioni live, dai monumenti polverizzati, dalla furia di altri uomini.

Al crepuscolo dei nostri dei ci si chiede se Dio c'entra qualcosa, dov'era, se per caso si è arreso anche lui: indifferente o irato, nauseato, non abbia girato la faccia dall'altra parte. Magari preso dai suoi egoismi da basic istint, da cupio dissolvi.

Quando muore un bimbo non servono filosofi a teorizzare la ragion pura, teologi e preti a pontificare, politici cinici e bari a disgustare masturbando le stesse parole di sempre unte di speranza abortita, defraudate del loro senso. Nessuno può dirsi assolto: uomo o dio. Non è l'inizio, è la fine. La morte dei bambini è la conclusione di tutte le filosofie, le religioni, i manifesti politici: li formatta, li relativizza, li annienta. Si dovrebbe tacere, immergersi in un silenzio purificatore, e invece hanno rotto le cateratte del cielo e continuano a frullare parole vuote, disossate.

L'Europa senza più Lumi, dall'innocenza perduta, spaventata, sfatta dalla paura del diverso, egoista (ai cani non dà manco le briciole, mentre Libano e Turchia ospitano insieme 4 milioni di profughi), assalita dai disperati dei sud del mondo, che fra poco si salderanno ai nativi affamati, precari, flessibili, esclusi in una patria da 508 milioni di uomini i cui politici ormai sono incapaci di gestire anche la quotidianità.

L'Isis non punta anche a questo per destrutturarla e tornare a colonizzare il continente? I fatalisti direbbero: è la legge del contrappasso, dei delitti e delle pene. Abbiamo intorbidito troppo le acque del Tigri, l'Eufrate, il Nilo: depredato i loro averi, gemmato povertà, sparso diseguaglianze e morte.
Corsi e ricorsi, le migrazioni da sud nel III Millennio, hanno nell'immaginario collettivo la stessa potenza semantica della fine dell'Impero Romano, le invasioni barbariche, Hiroshima e Nagasaki, il Muro di Berlino. Stessa disaggregazione culturale. Il mito niciano dell'eterno ritorno, la settima glaciazione prossima ventura.

Dovremmo rimodulare i parametri culturali e geopolitici, se ne avessimo la forza. Ma non ne siamo capaci, non avvertiamo il pericolo dell'Apocalisse, il the end prossimo venturo. Sono in tanti a pensare in Occidente che il sangue dei barbari potrebbe rigenerare il nostro mondo dagli archetipi esausti e dopo lo stop and go darci la sua vitalità e ricchezza. Le manifestazioni antiterrorismo non sono miseramente fallite?

Dio è morto perché, se la vita di un uomo vale quanto la Cappella Sistina, quella di un bimbo è più preziosa dell'opera del Caravaggio. Questi bimbi potevano essere archeologi come quello sgozzato dal terrore nel deserto di sangue. Einstein, Avicenna, Averroè. Forse, chissà, un profeta che avrebbe pacificato l'Islam.

Muoiono anche perché abbiamo strutturato una civiltà dettata dal darwinismo, dal cannibalismo, dal dio-profitto, dai mezzi trasfigurati in fini, dal feticismo osceno. Una società secolarizzata, senza più anticorpi, né istinto di conservazione. Senza Dio, perché ride di Dio, o lo usa per coprire le sue sconcezze. Perché il nostro Dio ormai impotente, inascoltato, deriso, non poteva che suicidarsi in un giorno d'estate in riva al mare, e proprio mentre sta per nascere un altro bambino il cui destino è già segnato...