di Francesco Greco. THUN (Svizzera) - “Ecco ritorna l'odore del sole / o forse di viole” (L'estate). Ha cantato in Germania (Aquisgrana), è popolare in Svizzera e nel nord Italia, gli spagnoli (Palma de Majorca) amano la sua vena poetica. Radio e tv elvetiche passano le sue canzoni (“Ogni tanto mi arrivano i diritti d'autore...”). “Muchacha” è applauditissima (“Giorno dopo giorno sai / il cuore mio tu avrai”): la ripropone nell'ultimo cd.
60 concerti nel 2015, l'ultimo a San Silvestro. Il più bello? Roberto Brigante ne è sicuro: “Alla festa della Madonna delle Grazie, a Tutino, dove sono nato e vivono i miei 4 fratelli, una sorella e i genitori: una grande emozione...”.. “Quasi mi sento tornato bambino / con un po' di vino” (L'estate). Profeta in patria, ad aprile 2015 il comitato-feste (Francesco Minonne presidente) lo chiamò. Piazza sold-out, un nodo alla gola: “Diedi tutto me stesso e fra una canzone e l'altra lanciai al pubblico 600 mele”. Un atout dei suoi concerti: l'adesivo della sua foto sulla mela.
“Dei miei sogni resta il vento... / Resto appeso ai miei silenzi” (Principessa, “la canzone che un padre può cantare alla figlia, la nonna ai nipoti, il marito alla moglie”). Spopola in Svizzera: è seconda nella Top 20 della radio nazionale Swiss Pop: davanti ha Patti Smith, dietro, pensate, Adele (“Hallo”): “La musica – scherza contento – è come il vino rosso: più lo curi e invecchia, più soddisfazioni dà...”.
Visse quella sera di una dolce primavera come una riappropriazione di radici rimaste sempre vive, un'identità forte, una memoria che gli scorre nel sangue: tutto ciò che dà energia alla sua vena creativa e che si sublima nell'amore per la sua terra.
Ricorda: “Mia madre Maria Teresa vendeva verdura, ma i soldi in casa erano sempre pochi... Un giorno dissi a mio padre: vado a lavorare in Svizzera”. “La gente di qui / Mi vuole bene / Mi tende la mano / Lei mi appartiene” (“In Svizzera”, Piccante). A 8 anni, scalzo, puliva il porcile (“I maiali non mi hanno mai pestato i piedi...”). A 13, con un piccolo Ape blu, anche lui vendeva peperoni e melanzane, verze e cavoli, cicorie e rape: erano saporiti e nei paesi desertificati dall'emigrazione le donne lo aspettavano. I CC lo fermavano, chiudevano un occhio.
Davanti a un caffè si parla dell'articolo di un anno fa sul GdP, “Dalle rape di Tutino a star europea”: gli ha portato fortuna: ogni tanto lo rilancia su Facebook. Ha una rassegna-stampa di oltre 400. “Son partito / Da lontano / Per trovare / il mio domani” (“In Svizzera”, Piccante, il diavulicchiu e la cioccolata: il top della contaminazione fra culture). Il 23 ottobre è uscito l'ultimo cd “Roberto Brigante”, produzione svizzera-italiana-svedese: 8 canzoni e un docu-film di 23 minuti, girato da una troupe svizzera: “Zwei Herzen in einer Brust” (Due cuori in petto). Nel gruppo anche Paolo Petrini, chitarrista di Emma e i Modà.
E' il lavoro della piena maturazione, artistica e umana: il cantautore ha 52 anni, moglie (Teresa) e tre figli. Il nome nel titolo svela la sicurezza di sè, autostima. Vive e lavora a Thun (43mila abitanti, 11ma città svizzera). Un incontro casuale col produttore Thomas J. Gyger, 16 anni fa, gli cambiò la vita. Capì il suo talento naturale e lo incoraggiò a scrivere canzoni, arrangiarle, cantarle in pubblico. E' il suo direttore musicale. “Di tempo ne è passato / da quando ho cominciato / a scrivere canzoni...” (Il tempo). 6 dischi con Gyger: “Poesia” (2002), “Va bene!” (2006), “Pronto” (2008), “Piccante” (2010), “La strada del sole” (2012), 15mila copie.
Dallo scrigno dei ricordi: “Non davo valore a quel che facevo, non ci credevo... Ora è bello essere riconosciuto per strada...”. Autodidatta, figlio d'arte: il padre Giuseppe a 85 anni suona ancora la fisarmonica nelle feste sulle aie delle masserie attorno alla Tricase contadina, cucuzzàra; il fratello Salvatore scrive e canta storie di rabbia, libertà e dignità. Da attore ha recitato se stesso nel film di Alfredo De Giuseppe “L'arte nascosta”.
Le canzoni piacciono perché parlano della vita, la speranza, i sogni. E' orgoglioso delle sue origini contadine e ogni tanto torna a casa a vedere i suoi: la mamma non sta bene, acciacchi dell'età. E' tutto questo sostrato antropologico, affabulatorio, lacerti di memoria e di vissuto riemergono dall'infanzia e l'adolescenza, intrisi di una poesia naif, che finisce nelle canzoni. E, ovvio, lo ispira anche la vita dell'emigrante, la nostalgia per il campanile, i vicoli antichi, gli zanguni (grespini), la paparina (papaverina), il menhir Santu Linardu, i vecchi amici all'ombra del Castello... “Sento ancora il desiderio di partire di tornare / dove la mia vita... è cominciata” (Due cuori).
Incide con nomi di spicco: Pippo Pollina (cantautore siciliano, sodale di Battiato, amico di Peppino Impastato ucciso dalla mafia, fatto che lo sconvolse, fece il cantante di strada, poi sbarcò a Zurigo); Jane Bogaert (tournèe in Russia con Al Bano e Romina Power); Roberto De Luca, la star svizzera Gola, Tom Glatthard e Kusi, lo svedese Fredrik Stromberg, Jhonson Milius, batterista di Pinky con cui ha inciso “Vulcano”, ecc.
Da un anno ha la doppia nazionalità. Il passaporto svizzero lo vive come un dono, un atto d'amore del paese che lo ha accolto e a cui vuole bene (servirà anche per votare). Confida: “Le radici non si rinnegano mai, ma ora mi sento più realizzato... E' bello essere riconoscenti...”. La voglia di conoscere la terra dove vive è immutata: frequenta corsi di grammatica, politica, ecc. Vita intensa, colma di soddisfazioni. Il primo agosto di 4 anni fa parlò alla tv svizzera, in perfetto tedesco. “Perché tu al mondo / Se ci sai stare / Stai bene dovunque” (In Svizzera).
Il comandante dell'Esercito della Confederazione, Andre Blattmann, gli propose un concerto per una festa dei militari dicendogli che era “un perfetto esempio di integrazione”. “Ho cercato di fare del mio meglio...”, si schermisce, “sono andato via perché ero stanco di vendere peperoni e melanzane e non riuscivo a dare niente a casa... Quando sono venuto a lavorare qui, per i primi 5 anni ho mandato tutto ai miei...”. Ricorda ancora il primo treno, a 16 anni, la valigia legata con lo spago: “A Milano il vasetto di melanzane sott'olio di mia madre si aprì e sporcò i vestiti: non avevo più niente...”. “La vita ti sorprende / Ti pretende e non si arrende” (“Ti aspetta”, da Piccante).
Roberto si fa serio, il discorso scivola sul tempo che passa, si filosofeggia per non intristire, non pensarci: “Questo è l'ultimo album...”. Sarà vero? Si ricorda del prossimo concerto: il 19 gennaio, invito della Banca Centrale di Berna. Un sogno? Cantare alla festa di San Vito (protettore di Tricase, Tutino è frazione). Poi si fruga addosso, trova un foglio, lo apre sul tavolo: ci sono le prime parole di una canzone inedita: “Batti un colpo / e fatti sentire”. Abbassa lo sguardo, come beccato con le dita nella marmellata. Riflette: “Ho dimostrato a me stesso che i sogni si possono avverare...”. La favola del ragazzino scalzo, che coltivava zucchine sulla terra nuda e le vendeva alle vecchie del Sud “lucertole dalla faccia di dado”, sospesa fra Tutino (Macondo) e l'Europa, continua...
60 concerti nel 2015, l'ultimo a San Silvestro. Il più bello? Roberto Brigante ne è sicuro: “Alla festa della Madonna delle Grazie, a Tutino, dove sono nato e vivono i miei 4 fratelli, una sorella e i genitori: una grande emozione...”.. “Quasi mi sento tornato bambino / con un po' di vino” (L'estate). Profeta in patria, ad aprile 2015 il comitato-feste (Francesco Minonne presidente) lo chiamò. Piazza sold-out, un nodo alla gola: “Diedi tutto me stesso e fra una canzone e l'altra lanciai al pubblico 600 mele”. Un atout dei suoi concerti: l'adesivo della sua foto sulla mela.
“Dei miei sogni resta il vento... / Resto appeso ai miei silenzi” (Principessa, “la canzone che un padre può cantare alla figlia, la nonna ai nipoti, il marito alla moglie”). Spopola in Svizzera: è seconda nella Top 20 della radio nazionale Swiss Pop: davanti ha Patti Smith, dietro, pensate, Adele (“Hallo”): “La musica – scherza contento – è come il vino rosso: più lo curi e invecchia, più soddisfazioni dà...”.
Visse quella sera di una dolce primavera come una riappropriazione di radici rimaste sempre vive, un'identità forte, una memoria che gli scorre nel sangue: tutto ciò che dà energia alla sua vena creativa e che si sublima nell'amore per la sua terra.
Ricorda: “Mia madre Maria Teresa vendeva verdura, ma i soldi in casa erano sempre pochi... Un giorno dissi a mio padre: vado a lavorare in Svizzera”. “La gente di qui / Mi vuole bene / Mi tende la mano / Lei mi appartiene” (“In Svizzera”, Piccante). A 8 anni, scalzo, puliva il porcile (“I maiali non mi hanno mai pestato i piedi...”). A 13, con un piccolo Ape blu, anche lui vendeva peperoni e melanzane, verze e cavoli, cicorie e rape: erano saporiti e nei paesi desertificati dall'emigrazione le donne lo aspettavano. I CC lo fermavano, chiudevano un occhio.
Davanti a un caffè si parla dell'articolo di un anno fa sul GdP, “Dalle rape di Tutino a star europea”: gli ha portato fortuna: ogni tanto lo rilancia su Facebook. Ha una rassegna-stampa di oltre 400. “Son partito / Da lontano / Per trovare / il mio domani” (“In Svizzera”, Piccante, il diavulicchiu e la cioccolata: il top della contaminazione fra culture). Il 23 ottobre è uscito l'ultimo cd “Roberto Brigante”, produzione svizzera-italiana-svedese: 8 canzoni e un docu-film di 23 minuti, girato da una troupe svizzera: “Zwei Herzen in einer Brust” (Due cuori in petto). Nel gruppo anche Paolo Petrini, chitarrista di Emma e i Modà.
E' il lavoro della piena maturazione, artistica e umana: il cantautore ha 52 anni, moglie (Teresa) e tre figli. Il nome nel titolo svela la sicurezza di sè, autostima. Vive e lavora a Thun (43mila abitanti, 11ma città svizzera). Un incontro casuale col produttore Thomas J. Gyger, 16 anni fa, gli cambiò la vita. Capì il suo talento naturale e lo incoraggiò a scrivere canzoni, arrangiarle, cantarle in pubblico. E' il suo direttore musicale. “Di tempo ne è passato / da quando ho cominciato / a scrivere canzoni...” (Il tempo). 6 dischi con Gyger: “Poesia” (2002), “Va bene!” (2006), “Pronto” (2008), “Piccante” (2010), “La strada del sole” (2012), 15mila copie.
Dallo scrigno dei ricordi: “Non davo valore a quel che facevo, non ci credevo... Ora è bello essere riconosciuto per strada...”. Autodidatta, figlio d'arte: il padre Giuseppe a 85 anni suona ancora la fisarmonica nelle feste sulle aie delle masserie attorno alla Tricase contadina, cucuzzàra; il fratello Salvatore scrive e canta storie di rabbia, libertà e dignità. Da attore ha recitato se stesso nel film di Alfredo De Giuseppe “L'arte nascosta”.
Le canzoni piacciono perché parlano della vita, la speranza, i sogni. E' orgoglioso delle sue origini contadine e ogni tanto torna a casa a vedere i suoi: la mamma non sta bene, acciacchi dell'età. E' tutto questo sostrato antropologico, affabulatorio, lacerti di memoria e di vissuto riemergono dall'infanzia e l'adolescenza, intrisi di una poesia naif, che finisce nelle canzoni. E, ovvio, lo ispira anche la vita dell'emigrante, la nostalgia per il campanile, i vicoli antichi, gli zanguni (grespini), la paparina (papaverina), il menhir Santu Linardu, i vecchi amici all'ombra del Castello... “Sento ancora il desiderio di partire di tornare / dove la mia vita... è cominciata” (Due cuori).
Incide con nomi di spicco: Pippo Pollina (cantautore siciliano, sodale di Battiato, amico di Peppino Impastato ucciso dalla mafia, fatto che lo sconvolse, fece il cantante di strada, poi sbarcò a Zurigo); Jane Bogaert (tournèe in Russia con Al Bano e Romina Power); Roberto De Luca, la star svizzera Gola, Tom Glatthard e Kusi, lo svedese Fredrik Stromberg, Jhonson Milius, batterista di Pinky con cui ha inciso “Vulcano”, ecc.
Da un anno ha la doppia nazionalità. Il passaporto svizzero lo vive come un dono, un atto d'amore del paese che lo ha accolto e a cui vuole bene (servirà anche per votare). Confida: “Le radici non si rinnegano mai, ma ora mi sento più realizzato... E' bello essere riconoscenti...”. La voglia di conoscere la terra dove vive è immutata: frequenta corsi di grammatica, politica, ecc. Vita intensa, colma di soddisfazioni. Il primo agosto di 4 anni fa parlò alla tv svizzera, in perfetto tedesco. “Perché tu al mondo / Se ci sai stare / Stai bene dovunque” (In Svizzera).
Il comandante dell'Esercito della Confederazione, Andre Blattmann, gli propose un concerto per una festa dei militari dicendogli che era “un perfetto esempio di integrazione”. “Ho cercato di fare del mio meglio...”, si schermisce, “sono andato via perché ero stanco di vendere peperoni e melanzane e non riuscivo a dare niente a casa... Quando sono venuto a lavorare qui, per i primi 5 anni ho mandato tutto ai miei...”. Ricorda ancora il primo treno, a 16 anni, la valigia legata con lo spago: “A Milano il vasetto di melanzane sott'olio di mia madre si aprì e sporcò i vestiti: non avevo più niente...”. “La vita ti sorprende / Ti pretende e non si arrende” (“Ti aspetta”, da Piccante).
Roberto si fa serio, il discorso scivola sul tempo che passa, si filosofeggia per non intristire, non pensarci: “Questo è l'ultimo album...”. Sarà vero? Si ricorda del prossimo concerto: il 19 gennaio, invito della Banca Centrale di Berna. Un sogno? Cantare alla festa di San Vito (protettore di Tricase, Tutino è frazione). Poi si fruga addosso, trova un foglio, lo apre sul tavolo: ci sono le prime parole di una canzone inedita: “Batti un colpo / e fatti sentire”. Abbassa lo sguardo, come beccato con le dita nella marmellata. Riflette: “Ho dimostrato a me stesso che i sogni si possono avverare...”. La favola del ragazzino scalzo, che coltivava zucchine sulla terra nuda e le vendeva alle vecchie del Sud “lucertole dalla faccia di dado”, sospesa fra Tutino (Macondo) e l'Europa, continua...