di Nicola Zuccaro - Sobrietà (tanto da rinunciare anche ad una spartana colazione presso il Caffè Gambrinus in Napoli, sostituita da un tè accompagnato da un pasticcino), italiano fra gli italiani (tanto da voler viaggiare fra i comuni passeggeri su un volo non di Stato ma civile dell'Alitalia che lo conduceva da Roma a Palermo e di arrivare, in occasione della sua visita a Firenze, sul convoglio ferroviario Frecciargento e di trasferirsi, per presenziare ad una cerimonia in quel di Scandicci, a bordo di un tram, come un comune cittadino), tradizionalista e legato - come ogni buon cattolico - sia all'ammirazione del presepe (consentendone una mostra delle 20 versioni italiane, quante sono il numero delle Regioni dello Stivale, allestita presso il Quirinale, in occasione del Natale 2015), sia per l'appuntamento con la tradizionale messa domenicale. Breve e mirato nei suoi primi discorsi alla Nazione (il primo, risalente al 3 febbraio 2015, data del suo giuramento ed insediamento, l'ultimo lo scorso 31 dicembre, nel primo e tradizionale messaggio di fine anno che il Capo dello Stato, rivolge agli italiani).
Sono gli episodi e le circostanze che consegnano all'opinione pubblica un primo tratto dal volto esclusivamente e tipicamente umano di Sergio Mattarella. Eletto il 31 gennaio 2015 al quarto scrutinio quale dodicesimo Presidente della Repubblica e dopo il bis del suo predecessore Giorgio Napolitano, rinunciando al proprio vitalizio di docente universitario, ha tradotto dalle parole ai fatti le sue speranze e sopratutto le sue preoccupazioni per gli italiani: pensiero, quest'ultimo, espresso in diretta tv, pochi dopo che gli venisse comunicata la sua elezione a Capo dello Stato. Se a questo primo gesto si aggiunge il taglio delle spese al Quirinale, ci sono gli elementi per sostenere che Sergio Mattarella, diversamente dai suoi predecessori (complice il particolare momento italiano), è apparso un alieno della politica italiana.
Nessuna esternazione, molto e attento studio delle leggi, in virtù del suo recente passato di Giudice Costituzionale, tanto da far ricordare velatamente qualche sentenza "a tema" sulle unioni civili ma senza seguire il rito dell'esternazione, canonico in alcuni dei suoi predecessori, da Pertini a Cossiga, da Scalfaro a Napolitano. Ma quel dire mai che nella storia della Presidenza della Repubblica, ha contraddistinto i settennati - specie gli ultimi e precedentemente accennati - impone e al tempo stesso invita gli osservatori della politica e/o semplici componenti l'opinione pubblica italiana, a sposare la linea attendista, in vista di una eventuale quanto inaspettata "prima" esternazione da parte di Sergio Mattarella.