Aurispa (A2) senza Palazzetto: Alessano aspetta da 27 anni

di FRANCESCO GRECO. ALESSANO (Le) – Tondo o quadrato? Il tormento dei filosofi ferveva nell'agorà di Alessano, storicamente affollata di platonici e cinici. Aspra la tenzone fra due scuole di pensiero, per innalzare una piramide o uno ziggurat lo fu di meno. Da un quanto di secolo toni forti fra i seminatori di dubbi.

Poi un giorno in piazza don Tonino Bello spuntò Tafarì e tomo tomo cacchio cacchio propose: “Fatelo rettangolare, o trapezoidale, magari a forma di piramide, basta che lo fate...”. Filosofia ruspante, contadina: rude ma efficace. Voce che urla nel deserto: non lo ascoltarono.
Così l'Aurispa, squadra di volley di A2, si allena e gioca a Tricase e il Palazzetto dello Sport (foto) è una citazione dell'incompiuta, l'ultima opera di Beethoven. Assurta a icona di una città che fu grande nei secoli scorsi, ma finito ormai da anni nel declino, nella crisi più nera.

Raccontare la storia è come entrare nella macchina del tempo o, se si preferisce, nel labirinto del Minotauro o la “selva oscura”: lasciate ogni speranza voi ch'entrate. Start febbraio 1989, prima Repubblica, il Muro di Berlino è ancora in piedi: pare il Paleolitico. Incombono i Mondiali '90 e il Ministro dello Sport, Turismo e Spettacolo, il socialista Franco Carraro finanzia strutture sportive in tutt'Italia. Il prof. Antonio Negro, consigliere comunale del Psi (sindaco Nunzio Marzo, pure Psi, che governa con la Dc), è da poco tornato dalla Svizzera e riesce a far finanziare il progetto di una “palestra polivalente”: un miliardo e 130 milioni. La somma più alta dell'intera Provincia, tanto da suscitare l'invidia di molti sindaci italiani, che chiamano il maestro per chiedere come ha fatto visto che ci provano da anni, senza esito.

Nel Belpaese dove si fa ideologia e militanza su tutto e tutto si lottizza, l'incarico del progetto è curiosamente affidato a quattro tecnici: due di area Dc (Fernando Carluccio e Carlo D'Ippolito) e due Psi (Agostino Laganà e Cosimo Montinaro). Comincia una disputa estetica sulla forma: tonda (i tecnici Dc) o quadrata (Psi)? Scuole di pensiero opposte, Renzo Piano e Zaha Hadid (“In Italia ho un sacco di cantieri aperti...”) hanno da imparare: in Salento si filosofeggia alla grande: retaggio culturale bizantino.

Lo scontro è vinto dai “tondi”, segue gara d'appalto, vinta dalla romana “Bemari spa”, col ribasso del 23,58%. A dicembre 1992, in zona “Frisi” start ai lavori, sospesi però a luglio 1993 (l'opera doveva essere pronta a fine giugno 1994). La “Bemari” chiede una seconda “variante” in corso d'opera (più soldi): è la prassi quando si fa un ribasso troppo esoso, direbbe Totò. Una l'ha già ottenuta a marzo 1993. In realtà l'azienda sta fallendo: “sparisce”.

Progetto naufragato, Palazzetto addio? Non lo rianima il palleggio di responsabilità testimoniato da un fitto intreccio epistolare fra amministratori e istituzioni (Tar, Prefettura, Ministeri: Finanze, Interni, Beni Culturali). Si arriva al 2002, il sindaco è Cosimo Del Casale, Pds, che rimette mano al progetto: burocrazia vuole che ci sia la “devoluzione” (restituzione dei denari al Ministero delle Finanze) della somma restante per poterla conservare e destinare a opere della stessa tipologia. Seconda gara d'appalto, vince la ditta “Francesco Mele” da Gagliano. Ma anche questa getta la spugna: il Palazzetto è nato sotto una cattiva stella, come altre 868 opere pubbliche d'Italia (record alla Sicilia), 4 miliardi al vento, 166 euro a famiglia.

A questo punto il consigliere Vito Antonio Negro (Margherita) ha un'idea: e se ingrandissimo la palestra della scuola media? Almeno questo si può fare (è intitolata a don Tonino Bello). Solo che l'infrastruttura non va bene all'Aurispa, che continua ad allenarsi e giocare a Tricase.
Conclude Antonio Negro, che ha seguito tutti i passaggi, accumulati in un pesante faldone: “Oggi ci sarebbe la necessità di quel Palazzetto, ma il sistema italiano funziona male: a cosa servivano due progetti? Uno solo e un solo tecnico sarebbero stati garanzia di serietà e forse l'opera si sarebbe realizzata”.

Per un paradosso tutto italiano, in un paesaggio segnato da opere pubbliche interrotte, Alessano aspetta da 27 anni, ma i progettisti hanno incassato le parcelle (in tutto 100 milioni). Nel rispetto della normativa nazionale, evidentemente assurda. Se un'opera abortisce e la comunità non la vede, e anzi ne soffre, perché pagare i tecnici, che spesso scaricano i progetti dal web?
Intanto i ruderi sparsi ovunque sono il cattivo esempio, l'ennesimo, di come al Sud, con i soldi in mano, un'opera non si riesce mai a fare. A futura memoria.

Italiani, brava gente!

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