LECCE - Aumentano le aperture di partite Iva in provincia di Lecce. Segno dei tempi che cambiano, perché, per poter trovare un’occupazione, non sembrano esserci alternative a quella di mettersi in proprio.
La conferma arriva da un’indagine condotta dall’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce, che ha elaborato gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze. Nello studio rientrano le ditte individuali, le società di persone, le società di capitali e le altre forme giuridiche, nonché i liberi professionisti, come avvocati, medici, ingegneri, architetti.
Nel corso del 2015, sono state aperte 8.157 posizioni fiscali (contro le 8.044 dell’anno prima). Si registra una variazione di 113 unità in più, pari ad un tasso dell’1,4 per cento. Positivo anche il confronto con il 2013, quando si aprirono 7.378 partite Iva. L’incremento, in questo caso, è di 779 unità, pari al 10,6 per cento.
«I dati elaborati – spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce – ci consentono di comprendere come l’apertura di nuove partite Iva rappresenti, oggi, una specie di valvola di sfogo in carenza di valide alternative lavorative. C’è, dunque, la volontà di non arrendersi. Sono tanti, infatti, i lavoratori e le lavoratrici che, a fronte dell’impossibilità di collocarsi o ricollocarsi come dipendenti, scelgono di aprire un’attività in proprio. E non è un caso che, parallelamente, calano le diverse forme di lavoro a termine, le collaborazioni a progetto e quelle occasionali».
Va inoltre considerato che, tanto a livello nazionale che regionale, «l’auto-imprenditorialità gode di svariati incentivi ed è sicuramente un fatto positivo. Tuttavia – sottolinea Stasi – occorre evitare che le nuove realtà si trasformino in esperienze effimere, destinate a durare per brevissimo tempo. Il supporto non può arrestarsi alla mera fase di start-up, ma deve continuare negli anni, con strumenti idonei a garantire lo sviluppo, la crescita e l’autosufficienza delle nuove imprese».
Allargando l’analisi alle altre province pugliesi, solo Brindisi cresce di più di Lecce, con una performance del 21,9 per cento dal 2013 (in quell’anno furono aperte 3.290 partite Iva, l’anno dopo 3.400 e nel 2015 ben 4.011).
Gli altri territori, invece, registrano valori negativi. Nella provincia di Bari, infatti, sono state accese 10.248 posizioni fiscali contro le 11.306 dell’anno precedente. La flessione è di 1.058 unità, pari al 9,4 per cento. Il capoluogo regionale rappresenta il 28,4 per cento del totale delle nuove partite Iva. Dopo Lecce, che corrisponde al 22,6 per cento della «torta» pugliese, seguono Foggia che rappresenta il 16,7 per cento (6.033 partite Iva aperte nel 2015); Taranto il 12,2 per cento (4.387 nuove posizioni fiscali); Brindisi l’11,1 per cento e Barletta-Andria-Trani l’8,9 per cento (3.210 partite Iva).
Il calo generalizzato in Puglia (-2,4 per cento) è dovuto all’adesione al regime fiscale cosiddetto “di vantaggio”. Occorre ricordare che, inizialmente, la scadenza per entrare nei “minimi” (con aliquota Irpef al 5 per cento) era fissata al 31 dicembre 2014, ma solo successivamente fu prorogata a tutto il 2015 e questa circostanza, probabilmente, ha indotto molti soggetti ad accelerare l’apertura della partita Iva nel 2014. Di conseguenza nell’ultimo anno si è registrato un numero inferiore di aperture.
La conferma arriva da un’indagine condotta dall’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce, che ha elaborato gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze. Nello studio rientrano le ditte individuali, le società di persone, le società di capitali e le altre forme giuridiche, nonché i liberi professionisti, come avvocati, medici, ingegneri, architetti.
Nel corso del 2015, sono state aperte 8.157 posizioni fiscali (contro le 8.044 dell’anno prima). Si registra una variazione di 113 unità in più, pari ad un tasso dell’1,4 per cento. Positivo anche il confronto con il 2013, quando si aprirono 7.378 partite Iva. L’incremento, in questo caso, è di 779 unità, pari al 10,6 per cento.
«I dati elaborati – spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce – ci consentono di comprendere come l’apertura di nuove partite Iva rappresenti, oggi, una specie di valvola di sfogo in carenza di valide alternative lavorative. C’è, dunque, la volontà di non arrendersi. Sono tanti, infatti, i lavoratori e le lavoratrici che, a fronte dell’impossibilità di collocarsi o ricollocarsi come dipendenti, scelgono di aprire un’attività in proprio. E non è un caso che, parallelamente, calano le diverse forme di lavoro a termine, le collaborazioni a progetto e quelle occasionali».
Va inoltre considerato che, tanto a livello nazionale che regionale, «l’auto-imprenditorialità gode di svariati incentivi ed è sicuramente un fatto positivo. Tuttavia – sottolinea Stasi – occorre evitare che le nuove realtà si trasformino in esperienze effimere, destinate a durare per brevissimo tempo. Il supporto non può arrestarsi alla mera fase di start-up, ma deve continuare negli anni, con strumenti idonei a garantire lo sviluppo, la crescita e l’autosufficienza delle nuove imprese».
Allargando l’analisi alle altre province pugliesi, solo Brindisi cresce di più di Lecce, con una performance del 21,9 per cento dal 2013 (in quell’anno furono aperte 3.290 partite Iva, l’anno dopo 3.400 e nel 2015 ben 4.011).
Gli altri territori, invece, registrano valori negativi. Nella provincia di Bari, infatti, sono state accese 10.248 posizioni fiscali contro le 11.306 dell’anno precedente. La flessione è di 1.058 unità, pari al 9,4 per cento. Il capoluogo regionale rappresenta il 28,4 per cento del totale delle nuove partite Iva. Dopo Lecce, che corrisponde al 22,6 per cento della «torta» pugliese, seguono Foggia che rappresenta il 16,7 per cento (6.033 partite Iva aperte nel 2015); Taranto il 12,2 per cento (4.387 nuove posizioni fiscali); Brindisi l’11,1 per cento e Barletta-Andria-Trani l’8,9 per cento (3.210 partite Iva).
Il calo generalizzato in Puglia (-2,4 per cento) è dovuto all’adesione al regime fiscale cosiddetto “di vantaggio”. Occorre ricordare che, inizialmente, la scadenza per entrare nei “minimi” (con aliquota Irpef al 5 per cento) era fissata al 31 dicembre 2014, ma solo successivamente fu prorogata a tutto il 2015 e questa circostanza, probabilmente, ha indotto molti soggetti ad accelerare l’apertura della partita Iva nel 2014. Di conseguenza nell’ultimo anno si è registrato un numero inferiore di aperture.