di Alessandro Nardelli - Ieri, Domenica 31 gennaio, ricorreva il primo anniversario dell’elezione di Sergio Mattarella a Capo dello Stato, eletto al quarto scrutinio con 665 voti, e dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana. Egli, un anno fa, nel suo discorso d’insediamento ha esordito con queste parole: “Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l'unità nazionale innanzitutto. L'unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno”, per continuare poi con un’espressione che è stata definita dallo stesso Presidente Mattarella un’immagine efficace, “tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione”.
La metafora di “arbitro” però, come ricorda il costituzionalista Enrico Cuccodoro, per il Presidente della Repubblica, non sembra essere propriamente corretta. Perché se è vero che il Capo dello Stato è figura super partes, egli non deve in nessuna occasione e in nessun modo giocare alcuna partita, ma dev’essere un custode pronto a vigilare fuori dal campo, la “viva vox Costitutionis” levata in maniera forte, chiara e netta da un grande Presidente della Repubblica del passato come Sandro Pertini, sulla scia del magistrale insegnamento di Piero Calamandrei. Il Quirinale deve essere, quando serve, un “leone ruggente” e non un “leone dormiente”.
Ogni Presidente vive il suo tempo, si scrive una pagina nuova della nostra Repubblica. Al momento si può parlare di un Capo dello Stato, che, con la sua pacatezza, la sua misura, la sua moderazione e il suo equilibrio nei toni, è deciso soprattutto a mettere la Repubblica “al centro del villaggio”, facendo riscoprire ai cittadini e soprattutto alle giovani generazioni, un vitale rapporto con le istituzioni che sembrava oramai del tutto compromesso in anni difficili dal punto di vista della congiuntura politico-sociale, ma soprattutto politico-economica, nazionale ed internazionale. Questo con dei semplici e rispettosi gesti, ultimo dei quali, la pronuncia del suo primo discorso di fine anno dalla poltrona della sua dimora, stravolgendo nuovamente una prassi ultradecennale. Ma anche, ove si pensi, all’apertura quasi totale del Palazzo alla cittadinanza con i suoi inestimabili valori artistici e culturali, e durante il periodo natalizio, volendo accogliere le Natività presiepistiche più significative di ogni Regione d’Italia, o come l’utilizzo dei voli di linea per i propri viaggi privati o non ufficiali.
Una figura che esprime un valore di garanzia e di sicurezza per tempi ancora difficili della nostra Nazione, in modo particolare nel campo degli equilibri fra soggetti costituzionali e politici e nel quadro di tumultuose vicende comunitarie e mondiali.
La metafora di “arbitro” però, come ricorda il costituzionalista Enrico Cuccodoro, per il Presidente della Repubblica, non sembra essere propriamente corretta. Perché se è vero che il Capo dello Stato è figura super partes, egli non deve in nessuna occasione e in nessun modo giocare alcuna partita, ma dev’essere un custode pronto a vigilare fuori dal campo, la “viva vox Costitutionis” levata in maniera forte, chiara e netta da un grande Presidente della Repubblica del passato come Sandro Pertini, sulla scia del magistrale insegnamento di Piero Calamandrei. Il Quirinale deve essere, quando serve, un “leone ruggente” e non un “leone dormiente”.
Ogni Presidente vive il suo tempo, si scrive una pagina nuova della nostra Repubblica. Al momento si può parlare di un Capo dello Stato, che, con la sua pacatezza, la sua misura, la sua moderazione e il suo equilibrio nei toni, è deciso soprattutto a mettere la Repubblica “al centro del villaggio”, facendo riscoprire ai cittadini e soprattutto alle giovani generazioni, un vitale rapporto con le istituzioni che sembrava oramai del tutto compromesso in anni difficili dal punto di vista della congiuntura politico-sociale, ma soprattutto politico-economica, nazionale ed internazionale. Questo con dei semplici e rispettosi gesti, ultimo dei quali, la pronuncia del suo primo discorso di fine anno dalla poltrona della sua dimora, stravolgendo nuovamente una prassi ultradecennale. Ma anche, ove si pensi, all’apertura quasi totale del Palazzo alla cittadinanza con i suoi inestimabili valori artistici e culturali, e durante il periodo natalizio, volendo accogliere le Natività presiepistiche più significative di ogni Regione d’Italia, o come l’utilizzo dei voli di linea per i propri viaggi privati o non ufficiali.
Una figura che esprime un valore di garanzia e di sicurezza per tempi ancora difficili della nostra Nazione, in modo particolare nel campo degli equilibri fra soggetti costituzionali e politici e nel quadro di tumultuose vicende comunitarie e mondiali.