Nicola Savino (intervista): «Cosa sogno per il mio futuro? Che rimanga tutto com’è»

 di Nicola Ricchitelli – E’ carico lo storico co-conduttore di “Deejay chiama Italia” alla vigilia della 66° edizione della storica kermesse musicale italiana quale il Festival di Sanremo: «Sarà sicuramente un festival di musica pop italiana… Molti cantanti provengono dai talent show perché è un genere ormai popolare in tutto il mondo senza dimenticare che ci sarà una nutrita rappresentanza della vecchia guardia», impegnato assieme al trio Santi-Taranto-Gherarducci della Gialappa’s Band nell’usuale appuntamento del dopofestival: «Vedremo il dopofestival che ci si aspetta fatto di commenti a caldo e dove racconteremo un po’ quello che succederà sul palco dell’Ariston. Un festival che sarà e che potrà essere molto sorprendente quindi è difficile dirti cosa faremo di preciso adesso visto che gli input li fornirà direttamente il festival».

C’è tanto nella chiacchierata realizzata con Nicola Savino alla vigilia dell’importante impegno nella Città dei fiori: «Vedremo il dopofestival che ci si aspetta fatto di commenti a caldo e dove racconteremo un po’ quello che succederà sul palco dell’Ariston…», dagli esordi come regista in radio, «all’epoca negli anni ottanta il posto fisso era un valore…», all’approdo sul tubo catodico: «possiamo benissimo chiamarlo un incidente di percorso…», fino alla storica trasmissione televisiva di “Quelli che il calcio”, ma non anticipiamo più nulla e vi lasciamo alla chiacchierata realizzata.

D: Nicola Savino, che dopofestival vedremo e cosa porterai assieme alla Gialappa’s band al dopofestival?
R:«Vedremo il dopofestival che ci si aspetta fatto di commenti a caldo e dove racconteremo un po’ quello che succederà sul palco dell’Ariston. Un festival che sarà e che potrà essere molto sorprendente quindi è difficile dirti cosa faremo di preciso adesso visto che gli input li fornirà direttamente il festival. Posso dirti che ci sarò io alla condizione, la Gialappa’s band al disturbo, e quindi tutti gli ospiti che arriveranno direttamente dal palco dell’Ariston, senza dimenticare il contributo musicale fornito direttamente dal maestro Vittorio Cosmae le imitazioni di Max Giusti. Sarà sicuramente un appuntamento divertente ma credo di poter far valere anche la mia competenza visto che sono nel mondo della musica da quasi trent’anni».

D: Che Festival di Sanremo vedremo in questa edizione 2016?
R:«Sarà sicuramente un festival di musica pop italiana, quando si dice pop si fa riferimento a quella musica che ascolta la gente. Molti cantanti provengono dai talent show perché è un genere ormai popolare in tutto il mondo senza dimenticare che ci sarà una nutrita rappresentanza della vecchia guardia, se si pensa a Enrico Ruggeri, Patty Pravo, Gli Stadio, insomma possiamo dire che in questo festival non manca nulla».

D: Anche al dopofestival, così come in “Quelli che è il calcio”, sarai accompagnato dalla Gialappa’s band. Quanto il trio Santi-Taranto-Gherarducci ha contribuito a migliorare questa trasmissione?
R:«Con loro il programma ha guadagnato sicuramente in imprevedibilità perché sono talmente spiazzanti da far diventare tutto imprevedibile».

D: Cosa ha portato Nicola Savino a questo storico programma?
R:«Non è stato facile devo dire la verità ed infatti ci ho messo tre anni, perché adesso possiamo dire il programma ha una sua quadratura. Cosa ho portato io…? Bhè, credo di avere una competenza sul calcio buona, certo non sarebbe carino dire superiore di chi mi ha preceduto anche perché storicamente non è stato un programma in cui il calcio è così centrale così come possono essere altri programmi. In trasmissione non parliamo del 4-4-2 piuttosto che del 4-3-3, però è un programma – specie dove non si gode dei diritti calcistici - dove una buona competenza calcistica è indispensabile. Poi va detto che in questo programma un po’ sono cresciuto visto che proprio con Simona Ventura – a cui devo molto se non tutto – ho esordito in televisione coinvolgendomi in questo progetto dove per quattro anni ho fatto collegamenti in giro per l’Italia, e da Simona Ventura ho imparato un po’ come si faceva questo programma, posso dire che questo programma oggi è tornato un po’ allo stile che aveva Fabio Fazio all’inizio.

D: Come spieghi la longevità di questa trasmissione nonostante i suoi ventidue anni e nonostante una concorrenza che anno dopo anno si fa sempre più agguerrita, visto che l’offerta negli anni è diventata sempre più variegata?
Ovviamente è cambiata l’Italia nel frattempo, non solo il calcio, i diritti del calcio in questi vent’anni sono cambiati. Oggi non puoi vedere più nulla del campo da gioco mentre un tempo addirittura potevi vedere i giocatori che correvano, diciamocelo, un tempo era tutta campagna. Oggi un programma che fa uno share di quasi due milioni di telespettatori e quindi un buon 10%, cioè lo stesso risultato di una ottima partita di Sky il pomeriggio è un miracolo, una cosa completamente inaspettata. Questo vuol dire che da una parte Fazio si è inventato una cosa praticamente indistruttibile vent’anni fa che resiste ancora oggi al tempo, e dall’altra parte invece chi ci sta lavorando – Rai2 e quindi il direttore di rete - ci hanno messo impegno».

D: Nicola Savino nasce in radio dapprima come regista per divenire poi grazie a Linus dj. Il passaggio alla televisione è stato un qualcosa di voluto o un qualcosa avvenuto per caso?
R:«Possiamo benissimo chiamarlo un incidente di percorso. Io in televisione facevo principalmente l’autore poi pian piano ho iniziato ad andare in onda dapprima alle “Iene” e poi a “Quelli che il calcio” dove come ti dicevo prima proprio grazie a Simona Ventura ho iniziato con qualche ospitata. Non mi aspettavo di ritrovarmi qua cosi come tutto questo inizialmente non era il mio obiettivo».

D: Radio e televisione in cosa si differenziano? Come si può fare bene l’una e l’altra cosa?
R:«L’errore più grande che può fare uno che fa radio e fare entrambi allo steso modo. In televisione vanno usate sicuramente meno parole, ci sono più pause, più espressioni del corpo, del viso, che sullo schermo contano molto, viceversa in radio si tende a riempire costantemente e in maniera anche un po’ nevrotica i vuoti. Quindi radio e televisione sono due mezzi completamente diversi, di sicuro se hai fatto radio non ti manca la parlantina e te la puoi cavare in diverse situazioni ma non basta nella maniera più assoluta».

D: Quindi possiamo dire che la radio continuerà ad esserci nella tua vita?
R:«Io non vorrei mai lasciare la radio se non costretto dalla circostanze, ma di mio è impossibile che io lasci la radio. Io sono a radio Deejay dal 1989, quest’anno compio 27 anni, sono stato più in quella radio più di quanto non sia stato a casa con i miei genitori».

D: In tutti questi impegni che posto occupa la vita privata e che spazio le dedichi?
R:«Bhè, come dite voi pugliesi io “mi ritiro” a casa sempre nel tardo pomeriggio – 18.30,19 tranne la domenica che non ci sono – e con questo devo dire che sono presente sul mio  lavoro più di un direttore di banca. Diciamo che sono abbastanza contento di come faccio il padre».

D: I tuoi esordi nella radio avvengono in veste di regista, un ruolo che ti dava lavoro sicuro e quindi il cosiddetto posto fisso per far contenta tua madre… tra l’altro, la ricerca del posto fisso in un mondo così precario?
R:«Certo! Bhè si come dice Checco Zalone nel suo film anche all’epoca negli anni ottanta il posto fisso era un valore. Però devo dire che se avessi voluto laurearmi e quindi intraprendere una carriera un po’ più convenzionale non so quanto sarei stato felice oggi».

D: Cosa sogni per il tuo futuro?
R:«Devo dire che nella mia vita si sono avverati tutti i sogni che si potevano avverare per quanto mi riguarda. Semplicemente continuo a lavorare così come sto facendo…forse l’unico sogno è che rimanga tutto com’è».