di VITTORIO POLITO - Il volume del fattivo, operoso, a volte permaloso, amico Vincenzo D’Acquaviva si apre con una frase di Primo Levi: “La memoria è la storia di un popolo, ed un popolo senza memoria è un popolo senza identità, destinato a scomparire senza lasciare alcuna traccia di sé”.
Anni fa in occasione dell’uscita del mio primo libro Gianni Cavalli, d’ora innanzi lo chiamerò soltanto l’editore, mi diede un testo da leggere dicendo tra il serio e il faceto: “Se vuoi passare fra gli scrittori devi prima leggere questo libro”. In verità io non volevo passare in nessuna categoria, ma soltanto pubblicare un libro. Il volume fu una lettura bellissima, una magnifica lezione su quanta possa essere feroce l’umanità. Il libro era: “Se questo è un uomo”. Quello che sta succedendo in questi giorni ci fa capire che forse siamo tornati ai campi di concentramento, all’orrore di Auschwitz: spero proprio di sbagliare e fa niente se farò felice l’editore che mi ripete quando è alterato “Vittorio erri per principio, non per necessità”.
Scriveva il giornalista Antonio Rossano nella prefazione al libro – era stato l’editore a chiedere al suo grande amico giornalista la presentazione: Rossano mi precisò un giorno, incontrato casualmente in casa Levante, che si sentiva ogni mattina con l’editore tra le 6,30 e le 7 perché a quell’ora il nostro aveva già letto i giornali e gli riferiva le notizie e che lui, sia nelle feste comandate sia nelle ore più impensate, era solito fare il numero - sul fisso! - di casa Levante per sentire ‘si’ dall’uomo cui non si può dire no – di Vincenzo: “…l’arrivo in un mondo che appare subito caotico e duro: per molti ci fu l’incubo della sosta forzata ad Ellis Island. E poi c’è l’incontro con i parenti che si sono già in qualche modo sistemati, i pranzi “come a casa”, le feste paesane all’americana, e la scoperta della solitudine, la profonda malinconia che t’assale all’improvviso… Un testo ricco e coinvolgente. Da leggere. Per riflettere su un fenomeno antico e sempre nuovo: quello dei migranti”.
Scriveva l’editore in un pezzo corposo e scherzoso intitolato ‘Viva la libertà’: “… qualche giorno dopo D’Acquaviva si è messo in contatto e dalla voce pacata e pur autorevole ho dedotto che si trattava di un uomo solido, sicuro del fatto suo e quindi una vera testa… in sintonia con il paese natio. Quando ci siamo conosciuti il nostro scrittore ha subito messo in atto la tipica manfrina che inscenano quasi tutti per farmi capire che hanno rinunciato a Mondadori e Rizzoli perché legati al territorio e Levante ecc…. I ragazzi di fine anni ’60 proprio perché rivendicavano riforme più imparziali per tutti, capirono il valore della parola libertà e tu, inoltre, sei uno di quelli che l’ha sperimentata, assaggiata, gustata, digerita e, sarebbe bello oltre che giusto, che la trasmettessi intatta ai tuoi figli”. La conclusione dell’editore che cita una canzone di Bruno Lauzi dal titolo “Viva la libertà” è interessante, originale e veritiera: leggerla servirebbe a molti, ma questo non lo diremo all’interessato.
Mi piace riproporre anche quello che afferma D’Acquaviva in una disincantata introduzione che parla al cuore di tutti noi: “…È bene sottolineare, ad ogni buon fine, che se è vero che l’America ha dato tanto agli italiani, è altrettanto vero e indubitabile che gli italiani hanno dato tantissimo all’AMERICA. Quest’ultimo inciso dovrebbe farci riflettere un po’ di più rispetto al fenomeno migratorio… E, infine, le tante ‘Americhe’ che con ogni mezzo i meno fortunati, quotidianamente, cercano di raggiungere sbarcando sulle nostre coste. Tutti alla ricerca di un sogno che, per taluni diventa realtà, per altri si risolve in tragedia”.
Una delle frasi più rilassanti del libro è quando Vincenzo parlando dei matrimoni in America dice: “I parrucchieri riescono a farti sposare anche delle persone sconosciute” ed inoltre la busta con i soldi viene consegnata agli sposi solo al termine della festa: se il pranzo è stato sostanzioso lo è anche la busta. E vai con le spese pazze per assicurarsi cibo a volontà e spesso l’impresa non vale la spesa.
Le leggi sulla maternità, la sanità, il sistema pensionistico fanno dell’Italia un Paese più evoluto rispetto all’America e personalmente non mi sento disponibile ad entrare in una polemica che ci porterebbe a discutere di debito pubblico ed altre cose che hanno tutte una doppia verità a seconda del punto di partenza.
Vincenzo è l’unico italiano che ammette che è riuscito a trovare lavoro grazie ad una raccomandazione e lo dice senza enfasi e vergogna: io conosco tanti che dicono di aver vinto un concorso che io so, invece, essere stata una chiamata diretta.
Ad un certo punto del libro Vincenzo afferma che gli italiani in America risparmiavano su tutto e cita come esempio che, per non sprecare elettricità, leggevano in vicinanza della finestra: Vincenzo anche noi eravamo una squadra di calcio in famiglia e adoperavamo tali accorgimenti che io metto in pratica ancora oggi. La rovina del mondo è lo spreco.
Sapere che il 12 aprile alle ore 10,00 Vincenzo D’Acquaviva da Mola presenterà il suo libro presso la Camera dei Deputati a Roma dovrebbe riempire d’orgoglio non solo il nostro amico ‘raccomandato’, ma tutti coloro che hanno sufficiente amor proprio da sentirsi cittadini del mondo… con targa pugliese.
Se tutto ciò può avere una morale per i nostri giovani, con in testa i miei nipoti, mi permetto di dire loro: guardate alla vita con ottimismo perché le insoddisfazioni fortificano e la speranza aiuta a vivere costruendo con le proprie forze, capacità e, qualche rinuncia- sacrificio, un futuro migliore per se stessi e la propria famiglia-comunità.