Egregia Presidente Debora Serracchiani,
con molta delusione leggiamo sulla stampa le sue dichiarazioni che invitano gli italiani all'astensionismo. Quattro anni fa, il 21 gennaio 2012, qui a Monopoli si è tenuta un’importante manifestazione "La Puglia scende in piazza a difesa del proprio modello di sviluppo"(+verde, - nero), promossa dal comitato pugliese "No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili". Più di 20.000 pugliesi e rappresentanze dalla Basilicata, Abruzzo e Sicilia si articolarono in un lungo e simbolico serpentone giallo. Scesero in piazza in maniera trasversale associazioni, società civile, istituzioni con i propri gonfaloni.
C’erano anche diversi esponenti politici, tra i quali lei. Ricorda?
Quattro anni fa era in Piazza a manifestare per la difesa del mare Adriatico dai rischi, scientificamente abbondantemente documentati, di ricerca e coltivazione idrocarburi.
Quella di Monopoli era la prima volta in cui si manifestava non per difendere il singolo territorio dall’aggressione di una singola compagnia petrolifera, ma per testimoniare la volontà di interi territori del nostro Paese di collaborare a una visione, ambientale ed energetica, meno anacronistica e più sostenibile, in grado di puntare alla progressiva eliminazione delle energie fossili.
Era al fianco di territori e movimenti quando, da quella Piazza, cercavamo di lanciare un messaggio forte e chiaro, che ha acquisito ancora maggiore urgenza oggi, dopo che l’Italia ha preso stringenti impegni internazionali nell’ambito della COP 21 di Parigi.
Come europarlamentare, alcuni giorno dopo, ha sottoscritto l’interrogazione parlamentare per tutelare le coste adriatiche: "Trivellazioni, riesaminare legislazione Ue su prospezioni di petrolio" dove si chiedeva di riesaminare urgentemente gli aspetti legislativi connessi alle prospezioni e all'estrazione di petrolio per vietare ricerche offshore.
E allora ci chiediamo, e le chiediamo, cosa in quattro anni le ha fatto cambiare idea in maniera diametralmente opposta?
Non ci risponda, cortesemente, che la reintroduzione del limite delle 12 miglia marine sia la risposta a un movimento così ampio. Perché, altrimenti, vuol dire che non ha capito lo spirito della manifestazione a cui ha partecipato. In quei giorni si parlava di moratorie, di uso non conflittuale dei mari comuni (l’Adriatico), di rapporti con i Paesi transfrontalieri.
Oggi, anno 2016, invitare all’astensione a un referendum che cerca di blindare definitivamente il limite delle 12 miglia marine, significa voler affossare una battaglia dai contenuti decisamente più ampi. Tanto più ampi che, nel frattempo, le Regioni sono diventate nove e hanno posto al Governo, oltre che il problema delle 12 miglia, una questione di democrazia partecipata e di condivisione delle scelte in materia energetica.
Sicura della responsabilità che si sta prendendo?