Trivelle, guida al referendum del 17 aprile


di PIERPAOLO DE NATALE - In vista del referendum sulle trivellazioni - aspettando il 17 aprile - facciamo un po' di chiarezza circa il voto per cui la cittadinanza sarà chiamata alle urne. Prima di analizzare l'argomento, è importante ricordare che - per la prima volta nella storia della Repubblica - la consultazione referendaria avrà luogo grazie all'iniziativa di nove Regioni, un risultato stra-ordinario, poichè solitamente si procede con la raccolta delle 550mila firme necessarie.

Una volta soli nella cabina elettorale, ci troveremo dinanzi al seguente quesito:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?
Traducendo il linguaggio (spesso oscuro) del legislatore, ci viene chiesto: volete che, alla scadenza delle concessioni, vengano fermate le attività di estrazione attive nelle acque territoriali italiane (entro 12 miglia dalla costa), anche se i giacimenti saranno ancora pieni di petrolio o gas?
Trattandosi di un referendum abrogativo, siamo chiamati a decidere se abrogare o no una norma, che in questo caso è il comma 17 dell'art. 6 del Codice dell'Ambiente (d.lgs. 152/2006). Come comprensibile da una prima lettura, va sottolineato che sono escluse dalla votazione tutte le attività d'estrazione sulla terraferma e in mare, oltre le acque territoriali.

Affinché il referendum sia valido, sarà necessario il voto della metà più uno degli aventi diritto e, per la prima volta - tramite gli uffici consolari - potranno votare anche coloro che risultino temporaneamente residenti all'estero.

Quali conseguenze? Con la vittoria dei SÍ non sarà possibile prorogare i contratti attualmente efficaci. Si contano 21 concessioni attive nello stivale: 7 in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. I sostenitori dell'abrogazione affermano che il SÍ porrebbe un limite alle minacce rivolte nei confronti dei mari italiani. Inoltre, si ribadisce anche l'inferiore impatto ambientale che deriverebbe dall'utilizzo di fonti di energie rinnovabili.

Se vincesse il NO, tutto resterebbe com'è. Sarà quindi lecito prorogare i contratti attivi per altri dieci anni e, successivamente, per ulteriori cinque. Come previsto dalla legge, ogni proroga dovrà essere richiesta dalle compagnie estrattrici ed essere autorizzata al termine di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Pertanto, va chiarito che la vittoria del NO non porterebbe a nuove concessioni, le quali sono già vietate entro le 12 miglia dalla costa. I sostenitori del NO pongono attenzione sulle gravi conseguenze economiche ed energetiche a cui si arriverebbe con l'abrogazione. Inoltre, come riconosciuto da alcuni sindacati, sarebbero in ballo circa 10mila posti di lavoro.

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