di FRANCESCO GRECO — Scegliere le mele cotogne ben mature, tagliarle in quattro... (Cotognata leccese). Ah, la cucina della nonna, e della mamma! I sapori di un tempo andato, perduto. Chi potrà mai eguagliarla a odori e profumi? Non la idealizziamo tanto per un fatto ancestrale, pavloviano, ma proprio perché quei piatti ormai sono irrecuperabili e vivono nella nostra memoria, plasmano il dna di noi ectoplasmi sperduti al tempo di Masterchef e della cucina molecolare: roba blasfema.
Lessare la polpa di cavallo in un recipiente con acqua, sale, alloro, sedano, prezzemolo, una cipolla, salvia... (Pezzetti e involtini di cavallo alla pignata).
Gustosa, contaminata, sedimentata, portatrice di semantica sparsa in mille echi. Parla della nostra memoria, identità, storia. Curiosa scoperta: molti piatti e ricette del Salento sono uguali in Albania, Turchia, Grecia, ecc. e questa scoperta traccia la nostra inderogabile identità mediterranea.
Mettere a bagno le fave la sera prima. Il giorno della preparazione mettere le fave sul fuoco con molta acqua... (Fave nette salentine). Ogni uscita in libreria di questa tipologia di pubblicazioni apre le porte alla meraviglia, lo stupore, l'emozione. E' così anche per “La dieta mediterranea nella tradizione salentina”, di Silvana Leo, EditSantoro, Galatina (Lecce) 2015, pp. 88, s.i.p. (col corredo fotografico molto bello di Roberto Micoccio).
E dunque, la cucina povera del passato, molta creatività, pochi ingredienti, ma tanto amore, riemerge dal passato per salvarci la vita, per metterci al riparo dei danni delle sofisticazioni alimentari, il cibo spazzatura, i coloranti, i conservanti, il metanolo, l'abuso della chimica, il pesce al mercurio, ecc.
Con la sua lezione modesta quanto saggia, che pare estrapolata dal Tolstoj vegetariano degli ultimi 23 anni della sua vita. Una cucina che si trasfigura nella dieta (in greco “stile di vita”) mediterranea, dichiarata “patrimonio intangibile dell'umanità” dall'Unesco il 17 novembre del 2010 a Nairobi.
I doni della terra in questo libro sono tutti esaltati al massimo: le verdure, anche spontanee (moltissime edule), valorizzate con sapienza millenaria. Incluse quelle che insaporisco le ricette. Erbe addensate di mistero come la rucola, la salvia, il rosmarino, la menta, ecc. Dacché la nostra cucina è un sacco speziata, proprio come il nostro carattere forte e alla fin fine anche la nostra vita.
Mettere in una pentola un po' d'olio e soffriggere il pane casereccio, tagliato a pezzetti... (Scurdijata). Silvana Leo è responsabile del reparto di Oncologia Pediatrica al “Vito Fazzi” di Lecce. Presentazione di Riccardo Monsellato, sindaco di Presicce. Con un delizioso saggio sulla storia dei frantoi ipogei di quella città di Pier Luigi Letizia e un intervento di Reno Sacquegna sui volontari dell'associazione “La chiave d'argento” dal titolo: “Anziani e identità salentina. Nel piatto, la salute”.
Non resta allora che imparare che cosa sono e come si preparano il pancotto, la paparina, i mustazzoli, l'acquasale, il purpu alla pignata, il pasticciotto leccese, la cuddura...
E' anche qui il segreto di una lunga vita.
Lessare la polpa di cavallo in un recipiente con acqua, sale, alloro, sedano, prezzemolo, una cipolla, salvia... (Pezzetti e involtini di cavallo alla pignata).
Gustosa, contaminata, sedimentata, portatrice di semantica sparsa in mille echi. Parla della nostra memoria, identità, storia. Curiosa scoperta: molti piatti e ricette del Salento sono uguali in Albania, Turchia, Grecia, ecc. e questa scoperta traccia la nostra inderogabile identità mediterranea.
Mettere a bagno le fave la sera prima. Il giorno della preparazione mettere le fave sul fuoco con molta acqua... (Fave nette salentine). Ogni uscita in libreria di questa tipologia di pubblicazioni apre le porte alla meraviglia, lo stupore, l'emozione. E' così anche per “La dieta mediterranea nella tradizione salentina”, di Silvana Leo, EditSantoro, Galatina (Lecce) 2015, pp. 88, s.i.p. (col corredo fotografico molto bello di Roberto Micoccio).
E dunque, la cucina povera del passato, molta creatività, pochi ingredienti, ma tanto amore, riemerge dal passato per salvarci la vita, per metterci al riparo dei danni delle sofisticazioni alimentari, il cibo spazzatura, i coloranti, i conservanti, il metanolo, l'abuso della chimica, il pesce al mercurio, ecc.
Con la sua lezione modesta quanto saggia, che pare estrapolata dal Tolstoj vegetariano degli ultimi 23 anni della sua vita. Una cucina che si trasfigura nella dieta (in greco “stile di vita”) mediterranea, dichiarata “patrimonio intangibile dell'umanità” dall'Unesco il 17 novembre del 2010 a Nairobi.
I doni della terra in questo libro sono tutti esaltati al massimo: le verdure, anche spontanee (moltissime edule), valorizzate con sapienza millenaria. Incluse quelle che insaporisco le ricette. Erbe addensate di mistero come la rucola, la salvia, il rosmarino, la menta, ecc. Dacché la nostra cucina è un sacco speziata, proprio come il nostro carattere forte e alla fin fine anche la nostra vita.
Mettere in una pentola un po' d'olio e soffriggere il pane casereccio, tagliato a pezzetti... (Scurdijata). Silvana Leo è responsabile del reparto di Oncologia Pediatrica al “Vito Fazzi” di Lecce. Presentazione di Riccardo Monsellato, sindaco di Presicce. Con un delizioso saggio sulla storia dei frantoi ipogei di quella città di Pier Luigi Letizia e un intervento di Reno Sacquegna sui volontari dell'associazione “La chiave d'argento” dal titolo: “Anziani e identità salentina. Nel piatto, la salute”.
Non resta allora che imparare che cosa sono e come si preparano il pancotto, la paparina, i mustazzoli, l'acquasale, il purpu alla pignata, il pasticciotto leccese, la cuddura...
E' anche qui il segreto di una lunga vita.