IL COMMENTO / Mandiamo strumenti sanitari in Angola invece di attivare quelli di casa nostra

di VITTORIO POLITO — Alcuni quotidiani danno notizia dell’invio in Angola di apparecchi per la TAC, ecografi e letti operatori, in virtù di una convenzione tra le Facoltà mediche dei due Paesi. Il tutto con la disponibilità del direttore generale del Policlinico di Bari, Vitangelo Dattoli.

Dal momento che è arcinoto che nel Policlinico di Bari non sono attivi né la radioterapia (branca della radiologia medica che si occupa della cura di determinate malattie, specialmente neoplastiche - leggi tumori), né l’acceleratore lineare (apparecchiatura che consente di effettuare la radioterapia, in soli tre minuti per applicazione, con la straordinaria particolarità di dosare le radiazioni, senza invadere gli spazi circostanti), viene spontanea la domanda: a che serve avere in casa da anni apparecchiature, se non si mettono in funzione ed a disposizione dell’utenza che le ha pagate?

Nonostante queste carenze, che sono ausili vitali per la terapia dei tumori, sia la Scuola di Medicina dell’Università di Bari, sia l’Ospedale Consorziale Policlinico di Bari, invece di attivare apparecchiature e servizi che attendono da anni di entrare in funzione (e che nel frattempo stanno diventando obsolete), pensano di mandare apparecchiature in Africa (?).

Gli enti citati, insieme all’Assessorato alla Sanità ed alla Presidenza della Regione Puglia (quest’ultima sollecitata anche dal Ministro Boschi), potrebbero “darsi una mossa” e interessarsi più attivamente ai fatti di “casa nostra”, dal momento che gli abitanti della Regione Puglia hanno diritto di curarsi “in casa”, senza essere costretti a peregrinare per i vari ambulatori e ospedali della regione per problemi di una gravità unica. Non va dimenticato che stiamo parlando di tumori, un termine che fa paura e che molti “addetti ai lavori” usano disinvoltamente per dare consigli e raccomandazioni, ma facendo poco o nulla in concreto.

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