Rocco Labellarte vara la 1ª Edizione del Premio Letterario Internazionale “S. Maria della Stella” Regina della Pace 2016

di LIVALCA — Le parole della lingua italiana spesso sono in grado di esprimere più significati e non tutti coincidenti: premio per esempio. Nel settore assicurativo è il prezzo da pagare per ottenere la garanzia di copertura di un rischio; nelle obbligazioni è la differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo di emissione; in borsa è il compenso pagato da un operatore per recedere da un contratto di acquisto o vendita di titoli; nel caso specifico che prendiamo in esame è la ricompensa o dono che si ottiene come riconoscimento per una vittoria in una competizione.

In Italia, affermazione che potrebbe non essere condivisa urbi et orbi, vi è un premio ogni cinque persone, ma un ’premio letterario’ è pur sempre un atto di grande modernità e civiltà, da apprezzare maggiormente quando sboccia nella periferia del mondo. (Amico cittadino di Canneto, Montrone e dal 1927 di Adelfia, proprio in virtù del fatto che Adelphos in greco significa fratellanza non mi fare rinviare a giudizio perché ti ho appellato come periferia: in quel termine vi è la stessa infinita stima che io provo per un’altra periferia che mi sta a cuore, appellata Levante!)

Il coriaceo docente di latino e greco Rocco Labellarte si è inventato - realizzato e portato a termine: evento poco usuale, inconsueto, straordinario in una nazione dove non solo i processi languiscono, ma qualsiasi iniziativa creativa partorisce quando il bambino dovrebbe già andare all’asilo - la 1ª edizione del Premio Letterario Internazionale ‘S.  Maria della Stella’ Regina della Pace, Adelfia.

Il professore Labellarte fa parte di quella schiera di persone che si prefiggono un obiettivo non per darsi un limite, ma per raggiungerlo. Nel 2003, quando iniziò la nostra collaborazione editoriale, alle 6,35 mi veniva a trovare perché un altro cittadino illustre di Adelfia, Tonino Rossano, gli aveva detto che quello era l’orario cruciale per ‘bloccarmi’. Vi svelerò un particolare inedito: io non mi ero lasciato convincere dal torrenziale eloquio del professore e avevo deciso di non pubblicare quel primo libro dal titolo improbabile: ‘Riflessioni di un lettore su “La sconfitta delle idee” di Marcello Veneziani, che mi sembrava lieve nonostante il coinvolgimento di Eschilo e del tribunale dell’Areòpago. Fu decisiva una fiera affermazione di Labellarte captata da mio padre che, nonostante la malattia avanzata, aveva la lucidità sufficiente per percepire il messaggio positivo del proponente, e mi disse: “Un uomo che si propone in questo modo merita stima e rispetto sempre e vedrai che non si fermerà a questo libro”. Cosa aveva detto di tanto meritevole il professore di Adelfia? “Gianni mi sono proposto alla scuola per tornare ad insegnare e mettere al servizio degli altri la mia esperienza, chiaramente gratis”, questo il pensiero di Labellarte. Mio padre da sempre è stato fautore del mettere, senza compenso, l’esperienza accumulata in tutti i ‘mestieri’ al servizio di chi ha voglia di imparare. Il discorso è serio, profondo, eterogeneo, sindacalmente contorto per chi, come il sottoscritto, frequentava l’università a Giurisprudenza nell’anno in cui fu varato lo ‘Statuto dei Lavoratori’ e, quindi, fatica a ‘giudicare’ con la necessaria imparzialità gli argomenti che il tema richiederebbe e che il tempo ha fatto… ‘evaporare’. Andiamo avanti e da questo momento Labellarte fino al termine sarà chiamato semplicemente il professore.

Con noi il professore ritengo che abbia pubblicato sette libri, alla media di uno all’anno, e che il più meritevole di finire ai posteri sia ‘Poesia e Pensiero nelle ‘Confessioni’ di Agostino di Tagaste’, libro di cui non mi perdono che non abbia conseguito un più che meritato ‘Premio’, ma va anche detto che il carattere spigoloso, puntiglioso, arcigno del nostro non sempre è utile a rendere sereno il giudizio degli eventuali giurati. Va precisato, però, che una volta entrati in sintonia con il professore, l’uomo risulta di una simpatia contagiosa “vox populi, vox Dei”, anche a chi è poco disposto ad accettare l’innato protagonismo.

Sabato 2 aprile nella prestigiosa sala Consiliare del Comune di Adelfia si è svolta la cerimonia di Premiazione di questa prima edizione. Per la cronaca bisogna dire che il professore ha smentito i molti ‘gufi’ che ritenevano che non avrebbe tenuto fede al minuzioso e corposo programma stilato: pedissequamente è stato tutto rispettato il calendario, la qual cosa ci dimostra che il professore è un uomo speciale e che mio padre, speciale perché uomo di convincimenti e principi non negoziabili, difficilmente sbagliava ‘sentenze’… come dicevano i suoi tanti Amici.

Il primo premio per la sezione ‘Saggistica’ è andato all’encomiabile editore di Irsina Giuseppe Barile che, nella duplice veste di autore e editore, ha reso omaggio alla sua terra con un godibile volume dal titolo “Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo. E giunge, quindi, in Basilicata”. Tenuto conto di quello che rappresenta, ai nostri giorni e ai giorni futuri, la città di Matera possiamo ben dire, con felicità e solidarietà meridionale: ‘fama volant’.

Sempre per la ‘Saggistica’ il secondo premio ex aequo è stato assegnato a due libri di Levante editori: a ‘Diritti Sociali: il sottile confine tra etica e legge’ del brillante avvocato Francesco L. de Cesare che, nelle sue lezioni sui ‘Diritti universali dei popoli’, non tralascia mai di precisare di ispirarsi  ad una filosofia del diritto che si richiama allo statista Aldo Moro ed  alla professoressa Adele Pulice per il suo volume ‘Erranti in preghiera’; Adele, moglie di un amico inestimabile come era il prof. Vito Lozito, oggi sembra essersi convinta che una donna con i suoi interessi culturali e con il suo modo di affrontare la vita ‘festina lente’ non  può limitarsi a fare la nonna, pur splendida e magnifica attività.

Sempre per questa sezione vi è stato anche per il terzo premio un ex aequo fra Carla Della Penna autrice del testo ‘Apprendimento Sinergico innovativo, percorsi educativi dei minori stranieri’ edito da IN CON TRA e il brillante giovane Marco Bruno autore di ‘Piccole occasioni polacche contemporanee’, pubblicato dalla Rivista Internazionale e Ricerche.

Per la sezione ‘Poesia’ primo premio al preside emerito Michele Giorgio per un libro intenso, profondo, efficace, acuto e ‘vivo’ nel suo titolo di sfida ‘Non mi sconfiggerà la morte’, edito da Tabula Fati.

Per il secondo premio ex aequo fra Lucio Gacina, autore’ di ‘Prima del Passato’ e Peter Zeller che ha presentato ‘I giardini dell’attesa’, entrambi pubblicati da quel monumento editoriale che è Adda Editore. Con Lucio siamo amici da tempo immemorabile e nel 1992 ha pubblicato con noi un volume con lo stesso titolo pubblicato da Adda in questi anni recenti e sono stato proprio io ad indirizzarlo da Giacomo Adda - cosa che faccio abitualmente e, in verità, avevo anche provato con il professore, ma è tornato al mittente! -, perché Lucio voleva realizzare poche copie in digitale e noi non ci occupiamo di stampa digitale. Lucio è un ingegnoso, intuitivo artista della materia che crea multicolori composizioni con le sue mani e poi si diletta di versi ermetici che avrebbero messo in crisi il miglior Montale tipo: ‘Il colore è la funzione di un volume nello spazio’. Nell’ultimo lustro la vicinanza dell’artista Alfredo Briganti sembrava aver rinvigorito il percorso esistenziale di Gacina, da sempre alle prese con una biblica apatia, -  pensare che di professione è stato un disinvolto rappresentante ricercato dalle ditte per la sua abilità lavorativa! -  trasformatasi in apatia contagiosa e temo, a questo punto, per il proverbiale dinamismo di Alfredo. Peter Zeller lo conosco attraverso i discorsi di Vittorio Stagnani e non è un caso che il suo libro rievochi la parola giardino: diciamo che forse, entrambi, hanno una ‘bicicletta per amico’ in un parco comunale.

Sono stati premiati anche due autori di liriche non ancora edite e sono: Isabella Casaluce Zupa e Luigi Orfino. Poi per non smentire la sua proverbiale prodigalità il professore ha ritenuto di premiare il libro di poesie di Davide Rocco Colacrai, edito da Progetto Cultura, dal curioso titolo ‘Le trentadue versioni di un’ape di mezzanotte’.

La giuria, presieduta dal professore, risulta composta da due entusiaste signore, Angela Maria Fortunato e Teodora Mancini, e da un appassionato giovane di nome Davide - un nome che implica qualche piccola riflessione - e di cognome Giovinazzo.

Le persone che hanno ritirato i premi, oltre la giusta soddisfazione, hanno potuto rilevare con piacere che il professore non solo aveva letto i loro libri, ma, da bravo docente, li aveva anche studiati: la qual cosa anche se può apparire scontata, agli addetti ai lavori risulta non meritoria, ma di più.

Il professore è l’esempio più evidente di volere = potere che, tradotto nella lingua nobile, potrebbe essere interpretato come ‘nihil sub sole novum’ sia nel bene, Labellarte e il suo lodevole premio, sia nel male, gli scandali che da oggi, da ieri e avantièri affossano il nostro Paese. Anche se del domani non vi è certezza, noi abbiamo il diritto-dovere di sognare che i nostri figli vivano in una nazione che la smetta di accampare scuse e di evidenziare che fin dai tempi di Cicerone si gridava: “O tempora! o mores!”, per cui ci si sente autorizzati a considerare fisiologico il settimo comandamento.

 Per piacere italiani brava gente lasciate perdere “Absit iniuria verbis” e indignatevi per ogni azione che non vada nella giusta direzione, ad iniziare dai presunti conti segreti di Panama.

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