“Biodiversi”, per salvare la natura e l'uomo

di FRANCESCO GRECO — Sapevate che le banane che mangiavamo negli anni '70 (Big Mike) si sono estinte? E che sta per sparire anche la qualità (Cavendisch) che la soppiantò? Stiamo attentando alla biodiversità secolare: sempre più specie di piante e animali “spariscono” a causa del nostro rapporto predatorio con la natura.

Se il Sommo Pontefice ha dedicato un'enciclica per ammonire contro i rischi che l'uomo corre per aver incrinato l'empatia con l'universo, la situazione è davvero grave. Alla “voce” cattolica si aggiunge quella laica rappresentata dalla scienza e dintorni.

E' quella, autorevole, di due studiosi, Stefano Mancuso e Carlo Petrini che in “Biodiversi” (Giunti/ Slow Food Editori, Firenze 2015, pp. 125, euro 10, bella cover di Rocìo Isabel Gonzàlez) dialogano su queste tematiche complesse, esemplificandole, scarnificandole con stile divulgativo, come si dovrebbe sempre fare (in realtà il saggio è uscito prima di “Laudato sì”).

La biodiversità è una materia che si presta a essere letta, “contaminata”, sotto ogni aspetto: riecheggia password infinite. Ed è anche qui il fascino del dialogo fra i due: parlano di piante (il 99,7% del peso del pianeta, “se scomparissero, con loro scomparirebbe la vita”) e finiscono col dire del pericolo che corre l'umanità (“distruggere noi stessi”) se non ritrova subito comportamenti virtuosi, sia come individui che come collettività (“un nuovo patto tra l'uomo e la nostra Madre Terra”), tornando indietro dal tunnel dove ci siamo inoltrati, avendo smarrito, e non da oggi, un'”etica del creato” (“che tenga conto del nostro rapporto con tutte le creature”, Mancuso).

Mancuso (fra l'altro, dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale) e Petrini (fondatore di Arcigola e Slow Food) sono convincenti anche perché supportano coi dati ogni affermazione. Mettendo il dito nella piaga delle tante contraddizioni in cui ci siamo scriteriatamente immersi. Lo spreco di cibo, per esempio, è una delle più allucinanti: il 40% di quanto se ne produce è buttato. Un crimine odioso: ad altre latitudini il cibo è scarso e si “vive senza il diritto al pane quotidiano”. C'è chi ha “un'impellente necessità di mangiare” e chi è “schiavo delle diete”.

“L'uomo non deve più essere il centro della vita attorno al quale gli altri organismi viventi ruotano, ma soltanto uno dei componenti del sistema”, dice Mancuso e Petrini osserva che “non c'è più traccia di una visione olistica”.

“Riequilibrare il nostro rapporto con la natura”, ritrovare l'armonia “con tutte le altre realtà esistenti, nel grande ecosistema planetario”: ridisegnare la scala dei valori mettendo al primo posto la vita, relativizzando l'impulso di morte che ci possiede. Non è facile, ma non ci resta altra via che questa. 

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