di VITTORIO POLITO — Le origini del riso non sono certe, si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre quindicimila anni fa lungo le pendici dell’Himalaya. Pare che durante l’Impero Persiano il riso si propagò verso l’Asia occidentale e poi si estese in altre direzioni. Quel che sembra attendibile è che dalle specie primordiali di questa graminacea se ne siano differenziate una ventina. Solo due di queste hanno tutt’oggi una certa rilevanza a scopo alimentare: ‘Oryza sativa’, di origine asiatica, e ‘Oryza glaberrima’, di origine africana.
Le più antiche ciotole in argilla contenenti riso, ‘Oryza sativa’, rinvenute in Indocina, risalgono a oltre 5000 anni a.C. e il termine tamil “Arisi”, da cui pare derivi il nome latino, compare poco più tardi in India, ma i preziosi chicchi giungono in Occidente solo in epoca cristiana, nella Roma imperiale. A coltivare per primi il riso, secondo gli storici, furono gli Arabi in Sicilia, e poi gli Aragonesi: sta di fatto che a metà del XIV secolo il riso si diffonde in Italia grazie ai dominatori spagnoli. La prima notizia certa sulla coltura del riso riconduce a quella che ancora oggi è la patria risicola d’Italia, la Lomellina. È, infatti, nel feudo di Robbio Lomellina che Ludovico il Moro, Duca di Milano, avvia una coltivazione con la semente ricevuta dal cugino Gonzaga.
Di lì a pochi anni il Ducato di Milano si specchierà in migliaia di ettari d’acqua in cui germoglieranno piantine di riso. Anche Gian Galeazzo Sforza, secondo gli storici, contribuì alla diffusione della pianticella, mandando qualche sacco ai Duchi di Ferrara che disponevano di acquitrini. Oggi siamo i maggiori produttori d’Europa.
Perché il riso è coltivato in nord Italia? La ricchezza di acqua delle regioni Piemonte e Lombardia, in particolare Vercelli, Novara e Milano, fa vantare il primato di produzione tra i paesi dell’Unione Europea, non solo, si coltiva anche un riso di primissima qualità e varietà per cui il suo utilizzo è sempre più moderno e attuale.
In riferimento poi alle tradizioni il riso è diventato anche motivo di culto. Dalla Thailandia a Giava, dalla Corea al Giappone, senza dimenticare la Cina, l’oriente è ricco di miti, storie e racconti, ricchi di fascino che rivelano il rispetto e la gratitudine verso questa pianta. Vi sono credenze che ritengono il riso una pianta che possiede un’anima, per cui si organizzano feste e riti propiziatori per rendere benevolo il destino e ottenere raccolti abbondanti.
In Italia, invece, diventato molto più tardi di uso comune, ha lasciato tracce importanti nel costume. Non a caso si usa lanciarlo nei matrimoni per augurare prosperità e ricchezza agli sposi nonché giorni felici di fecondità e di buona salute. Il riso ha inciso anche sulle abitudini di vita di molte generazioni, dando vita a figure popolari, come quelle delle mondine, che nel corso dei mesi di coltivazione, dalla primavera ai mesi invernali, si recavano nelle zone di raccolta affrontando grandi difficoltà e sacrifici. Ovviamente ci riferiamo al periodo in cui il riso era coltivato manualmente ed il lavoro delle mondine consisteva nello strappare erbacce.
Per le caratteristiche organolettiche e la sua versatilità il riso è usato moltissimo in campo alimentare. In Giappone, ad esempio, è possibile anche bere vino di riso, si chiama Sakè e rappresenta una bevanda tradizionale che in precedenza veniva usata come bevanda propiziatoria nelle cerimonie religiose.
Forse il miglior uso del riso lo fanno gli italiani. Probabilmente perché considerato un piatto povero ma ricco sul piano nutrizionale. Oggi non è più povero e gli innumerevoli risotti che abbiamo il piacere di assaporare non si contano. È appena il caso di ricordare, per i baresi, il risotto ai frutti di mare o la celebre ‘tiella’ di “riso, patate e cozze”, che non temono confronti e concorrenza con nessun’altro piatto. La celebre ‘tiella’, infatti, vinse nel 2001 l’Oscar al Salone Internazionale del pesce di Bologna, classificandosi tra i primi 15 piatti regionali del mare. Vi pare poco?
Ed ora qualche curiosità.
Per i musulmani il riso è una goccia di sudore di Maometto caduta dal cielo, per cui è considerato cibo divino simbolo di vita, fertilità, abbondanza. Da qui l’abitudine di lanciare sugli sposi una pioggia di riso come simbolo beneaugurante.
Una mania simile viene seguita in India nelle cerimonie nunziali. Il riso viene messo a piccole manciate nel palmo delle mani della sposa mentre gira intorno all’altare, poi lo si versa sul capo degli sposi. Sempre in India, quando nasce un bimbo, si introduce nella sua bocca un pizzico di polvere di riso. L’estremo saluto ai defunti invece è rappresentato da una manciata di chicchi.
In Cina per molto tempo il riso è stato utilizzato come moneta di scambio.
Dal riso si ricavano numerose bevande. In Giappone, ad esempio, oltre al sakè, si ottengono anche altre bevande. Il termine “Toyota”, divenuto marchio di un noto colosso dell’auto, significa “Generoso campo di riso”. “Honda”, nome di un’altra affermata casa automobilistica giapponese, tradotto vuol dire “risaia principale”.
L'acqua in cui si è bollito il riso è un ottimo “inamidante”, usato per secoli per camicie e colletti: non inquina, non macchia e non costa nulla.
Ora parliamo del risotto, che non è un piatto, ma un tipo di cottura, che secondo un manoscritto conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano, sarebbe nato nel 1574, e pare ebbe origine per scherzo, in occasione delle nozze della figlia di Mastro Valerio di Fiandra, pittore fiammingo. Il pittore aveva un assistente di nome Zafferano, il quale aveva l’abitudine di mescolare l’omonima spezia ai suoi colori poiché li ravvivava. L’assistente, forse per gioco, si accordò con il cuoco per aggiungere un po’ di zafferano nel risotto ed il risultato fu sorprendente, sapore squisito e colore dell’oro, simbolo di ricchezza e prosperità. Da quel giorno il “risotto alla milanese” divenne uno dei piatti più alla moda non solo di quel momento, ma ancora oggi.
E non manca neanche la poesia di autore ignoto sul riso.
Le più antiche ciotole in argilla contenenti riso, ‘Oryza sativa’, rinvenute in Indocina, risalgono a oltre 5000 anni a.C. e il termine tamil “Arisi”, da cui pare derivi il nome latino, compare poco più tardi in India, ma i preziosi chicchi giungono in Occidente solo in epoca cristiana, nella Roma imperiale. A coltivare per primi il riso, secondo gli storici, furono gli Arabi in Sicilia, e poi gli Aragonesi: sta di fatto che a metà del XIV secolo il riso si diffonde in Italia grazie ai dominatori spagnoli. La prima notizia certa sulla coltura del riso riconduce a quella che ancora oggi è la patria risicola d’Italia, la Lomellina. È, infatti, nel feudo di Robbio Lomellina che Ludovico il Moro, Duca di Milano, avvia una coltivazione con la semente ricevuta dal cugino Gonzaga.
Di lì a pochi anni il Ducato di Milano si specchierà in migliaia di ettari d’acqua in cui germoglieranno piantine di riso. Anche Gian Galeazzo Sforza, secondo gli storici, contribuì alla diffusione della pianticella, mandando qualche sacco ai Duchi di Ferrara che disponevano di acquitrini. Oggi siamo i maggiori produttori d’Europa.
Perché il riso è coltivato in nord Italia? La ricchezza di acqua delle regioni Piemonte e Lombardia, in particolare Vercelli, Novara e Milano, fa vantare il primato di produzione tra i paesi dell’Unione Europea, non solo, si coltiva anche un riso di primissima qualità e varietà per cui il suo utilizzo è sempre più moderno e attuale.
In riferimento poi alle tradizioni il riso è diventato anche motivo di culto. Dalla Thailandia a Giava, dalla Corea al Giappone, senza dimenticare la Cina, l’oriente è ricco di miti, storie e racconti, ricchi di fascino che rivelano il rispetto e la gratitudine verso questa pianta. Vi sono credenze che ritengono il riso una pianta che possiede un’anima, per cui si organizzano feste e riti propiziatori per rendere benevolo il destino e ottenere raccolti abbondanti.
In Italia, invece, diventato molto più tardi di uso comune, ha lasciato tracce importanti nel costume. Non a caso si usa lanciarlo nei matrimoni per augurare prosperità e ricchezza agli sposi nonché giorni felici di fecondità e di buona salute. Il riso ha inciso anche sulle abitudini di vita di molte generazioni, dando vita a figure popolari, come quelle delle mondine, che nel corso dei mesi di coltivazione, dalla primavera ai mesi invernali, si recavano nelle zone di raccolta affrontando grandi difficoltà e sacrifici. Ovviamente ci riferiamo al periodo in cui il riso era coltivato manualmente ed il lavoro delle mondine consisteva nello strappare erbacce.
Per le caratteristiche organolettiche e la sua versatilità il riso è usato moltissimo in campo alimentare. In Giappone, ad esempio, è possibile anche bere vino di riso, si chiama Sakè e rappresenta una bevanda tradizionale che in precedenza veniva usata come bevanda propiziatoria nelle cerimonie religiose.
Forse il miglior uso del riso lo fanno gli italiani. Probabilmente perché considerato un piatto povero ma ricco sul piano nutrizionale. Oggi non è più povero e gli innumerevoli risotti che abbiamo il piacere di assaporare non si contano. È appena il caso di ricordare, per i baresi, il risotto ai frutti di mare o la celebre ‘tiella’ di “riso, patate e cozze”, che non temono confronti e concorrenza con nessun’altro piatto. La celebre ‘tiella’, infatti, vinse nel 2001 l’Oscar al Salone Internazionale del pesce di Bologna, classificandosi tra i primi 15 piatti regionali del mare. Vi pare poco?
Ed ora qualche curiosità.
Per i musulmani il riso è una goccia di sudore di Maometto caduta dal cielo, per cui è considerato cibo divino simbolo di vita, fertilità, abbondanza. Da qui l’abitudine di lanciare sugli sposi una pioggia di riso come simbolo beneaugurante.
Una mania simile viene seguita in India nelle cerimonie nunziali. Il riso viene messo a piccole manciate nel palmo delle mani della sposa mentre gira intorno all’altare, poi lo si versa sul capo degli sposi. Sempre in India, quando nasce un bimbo, si introduce nella sua bocca un pizzico di polvere di riso. L’estremo saluto ai defunti invece è rappresentato da una manciata di chicchi.
In Cina per molto tempo il riso è stato utilizzato come moneta di scambio.
Dal riso si ricavano numerose bevande. In Giappone, ad esempio, oltre al sakè, si ottengono anche altre bevande. Il termine “Toyota”, divenuto marchio di un noto colosso dell’auto, significa “Generoso campo di riso”. “Honda”, nome di un’altra affermata casa automobilistica giapponese, tradotto vuol dire “risaia principale”.
L'acqua in cui si è bollito il riso è un ottimo “inamidante”, usato per secoli per camicie e colletti: non inquina, non macchia e non costa nulla.
Ora parliamo del risotto, che non è un piatto, ma un tipo di cottura, che secondo un manoscritto conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano, sarebbe nato nel 1574, e pare ebbe origine per scherzo, in occasione delle nozze della figlia di Mastro Valerio di Fiandra, pittore fiammingo. Il pittore aveva un assistente di nome Zafferano, il quale aveva l’abitudine di mescolare l’omonima spezia ai suoi colori poiché li ravvivava. L’assistente, forse per gioco, si accordò con il cuoco per aggiungere un po’ di zafferano nel risotto ed il risultato fu sorprendente, sapore squisito e colore dell’oro, simbolo di ricchezza e prosperità. Da quel giorno il “risotto alla milanese” divenne uno dei piatti più alla moda non solo di quel momento, ma ancora oggi.
E non manca neanche la poesia di autore ignoto sul riso.
Il riso in versi
Del riso a
noi c’importa poco e niente.
Sappiamo che
proviene dall’Oriente,
ma il
risotto, che tutto il mondo ammalia,
è nato qui
da noi, proprio in Italia.
Cucinalo per
bene, il tuo risotto.
Giralo, che
se no si attacca sotto,
Abbi cura
che sia compatto e sodo,
altrimenti – che orrore! – è riso in brodo.
Controlla.
La forchetta non sta in piedi?
Allora
non è denso quanto credi!
Carnaroli,
Vialone, Arboreo, Baldo
ti daranno un risotto bello
saldo
Assaggia:
non è crudo, ti par cotto?
Se
c’avevi un problema, è già risotto!
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Attualità