BARI – Anche in Puglia cresce senza sosta l’utilizzo dei buoni lavoro. Nel primo trimestre di quest’anno sono stati venduti circa un milione e mezzo di voucher (1.437.244, per la precisione). È quanto rileva il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Inps.
Rispetto al primo trimestre dell’anno scorso si registra un’impennata del 53,1 per cento; al 31 marzo 2015 ne erano stati distribuiti 938.932, che già raddoppiavano il numero di voucher del primo trimestre del 2014 (450.282).
Sono sempre di più, dunque, i lavoratori remunerati attraverso i buoni lavoro. Basti pensare che nel 2008, in Puglia, ne furono «staccati» 2.443, l’anno successivo 24.573, nel 2010 furono 196.432, l’anno dopo 271.620, nel 2012 furono distribuiti 606.052 voucher, l’anno successivo 1.344.215, l’anno dopo ancora 3.014.286 e nel 2015 ben 5.428.142. In costante crescita anche il numero dei lavoratori interessati.
I buoni lavoro (o voucher) del valore di 10 euro (7,50 euro vanno in tasca al lavoratore mentre la differenza di 2,50 euro, invece, viene in parte versata all’INPS come contributo per il lavoratore e in parte all’INAIL come assicurazione contro gli infortuni) rappresentano un sistema di pagamento che i datori di lavoro (committenti) possono utilizzare per pagare le prestazioni di lavoro accessorio, cioè quelle prestazioni di lavoro svolte al di fuori di un normale contratto di lavoro, in modo discontinuo e saltuario. Il vantaggio principale per il lavoratore è che il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. È, inoltre, cumulabile con i trattamenti pensionistici.
Il committente, da parte sua, può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa Inail, in caso di eventuali incidenti sul lavoro, e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.
«La continua crescita del lavoro accessorio – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – è un fenomeno che occorre valutare con attenzione.
Di sicuro, un rapporto di lavoro legale è preferibile rispetto al lavoro nero ed è proprio per questo che nascono i voucher: per consentire l’emersione di nicchie di lavoro discontinuo e saltuario, come tale molto esposto al rischio di sommerso.
Eppure – continua Sgherza – questi numeri in costante e rapido incremento sono sintomo di un mercato incapace di proporre occupazione stabile, con le imprese che, specie in alcuni settori, fanno ancora molta difficoltà a programmare le proprie attività su periodi medio-lunghi.
La strada per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi è lunga ma c’è solo una via: occorre mettere le imprese, specie quelle piccole e più dinamiche, nelle condizioni di pagare meno tasse, di effettuare maggiori investimenti, di contare su un mercato interno che tira e su un sistema creditizio che le supporti anche per piani di lungo periodo.
Gli incentivi e le norme possono dare una mano, ma solo sostenendo le imprese saremo in grado di creare nuova occupazione stabile e di qualità».
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