Tumori, il 30% dei casi è provocato da una dieta scorretta
MILANO – Il 30% dei casi di cancro è originato da un’alimentazione squilibrata. La prevenzione oncologica deve passare anche dall’insegnamento di una dieta corretta. A partire dalla scuola dell’obbligo, dove andrebbero istituiti corsi di educazione specifici. E’ quanto emerge dal convegno nazionale Spazio e nutrizione che si chiude oggi a Milano e che ha visto la partecipazione di oltre 300 esperti provenienti da tutta Italia.
“Anche i troppi grassi e la poca frutta e verdura nuocciono gravemente alla salute e aumentano il rischio di tumore proprio come le sigarette - afferma il prof. Michele Carruba Direttore del Centro Studi e Ricerche sull'Obesità dell'Università di Milano e co-presidente del convegno -. Le neoplasie più influenzate da quello che mangiamo e dai chili di troppo sono al colon retto, mammella, pancreas, fegato, ovaio, rene, esofago, cervice e utero. Il nostro Paese è una delle patrie della dieta mediterranea eppure abbiamo il primato europeo di sovrappeso infantile. Il 12% dei bambini italiani è addirittura obeso. Se vogliamo invertire questa tendenza dobbiamo promuovere maggiormente la cultura della giusta alimentazione tra tutta la popolazione”.
All’evento di Milano una sessione è dedicata al tema della dieta per il paziente oncologico. “La malnutrizione interessa l’80% dei malati - aggiunge il prof. Francesco Cognetti presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro e relatore al convegno organizzato nella città meneghina -. Il cancro indebolisce tutto il nostro organismo, provoca un calo dell’appetito e quindi anche della qualità e quantità dell’alimentazione. Esistono poi gli effetti collaterali delle cure che spesso interessano proprio l’apparato gastro-intestinale. La dieta durante la patologia neoplastica deve perciò essere adatta alla situazione clinica”.
“Nei nostri ospedali c’è bisogno di una sempre più forte alleanza e collaborazione tra oncologo e nutrizionista - sottolineano i proff Carruba e Cognetti -. Insieme questi due specialisti devono aiutare il malato a scegliere i cibi più appropriati e risolvere così i molti problemi legati all’alimentazione durante e dopo le cure anti-tumorali. In questo modo possiamo non solo migliorare la qualità di vita generale del paziente ma anche la risposta positiva dell’organismo alla neoplasia”.
“Anche i troppi grassi e la poca frutta e verdura nuocciono gravemente alla salute e aumentano il rischio di tumore proprio come le sigarette - afferma il prof. Michele Carruba Direttore del Centro Studi e Ricerche sull'Obesità dell'Università di Milano e co-presidente del convegno -. Le neoplasie più influenzate da quello che mangiamo e dai chili di troppo sono al colon retto, mammella, pancreas, fegato, ovaio, rene, esofago, cervice e utero. Il nostro Paese è una delle patrie della dieta mediterranea eppure abbiamo il primato europeo di sovrappeso infantile. Il 12% dei bambini italiani è addirittura obeso. Se vogliamo invertire questa tendenza dobbiamo promuovere maggiormente la cultura della giusta alimentazione tra tutta la popolazione”.
All’evento di Milano una sessione è dedicata al tema della dieta per il paziente oncologico. “La malnutrizione interessa l’80% dei malati - aggiunge il prof. Francesco Cognetti presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro e relatore al convegno organizzato nella città meneghina -. Il cancro indebolisce tutto il nostro organismo, provoca un calo dell’appetito e quindi anche della qualità e quantità dell’alimentazione. Esistono poi gli effetti collaterali delle cure che spesso interessano proprio l’apparato gastro-intestinale. La dieta durante la patologia neoplastica deve perciò essere adatta alla situazione clinica”.
“Nei nostri ospedali c’è bisogno di una sempre più forte alleanza e collaborazione tra oncologo e nutrizionista - sottolineano i proff Carruba e Cognetti -. Insieme questi due specialisti devono aiutare il malato a scegliere i cibi più appropriati e risolvere così i molti problemi legati all’alimentazione durante e dopo le cure anti-tumorali. In questo modo possiamo non solo migliorare la qualità di vita generale del paziente ma anche la risposta positiva dell’organismo alla neoplasia”.