Un americano a Camelot sfida il Mago Merlino

di FRANCESCO GRECO — Che cosa ci fa uno yankee duro e puro, il fabbricante di armi Hank Morgan, a Camelot, alla corte di Re Artù e della regina Ginevra? Elementare: è sbarcato dalla macchina del tempo per destrutturare il Seicento dei Cavalieri, le dame, l'arme, i duelli e l'amore. Con la password dell'ironia, il sarcasmo, ovvio, il codice intimo di tutta l'opera di Mark Twain, che in “Un americano alla corte di re Artù” (Baldini e Castoldi, Milano 2016, pp. 432, euro 20, collana Romanzi e racconti), traduzione di Fabio Viola, è come sempre, sottile e corrosiva.

L'espediente di partenza vola alto, fra il filosofico e l'alchemico. Entra in conflitto con la razionalità dell'anima americana, quasi ne tradisce l'ontologia. Dice infatti di “trasmigrazione delle anime”, di “trasposizione delle epoche e dei corpi”. Poi Hank, grazie a “un malinteso condotto a colpi di spranga”, si ritrova scaraventato nell'Inghilterra del 513.

E mentre incontra Lancillotto del Lago e ser Key e conosce le interfacce del codice cavalleresco, lo yankee si porta la sua cultura positivista, illuminista, pragmatica con cui approccia e decodifica quell'universo strano, dagli aspetti curiosi e stravaganti: l'afflato religioso lo permea nell'intimo, ma prevale anche la superstizione: il Mago Merlino spadroneggia grazie ai suoi trucchi che a un self-made-man come l'americano appaiono ridicole, se non grottesche.

Non è difficile intravedere in Morgan l'alter ego dello scrittore, il più americano di tutti, né intuire che Twain innerva la sua storia, e di riflesso la prosa, di quel sottile astio che tutti gli americani nutrono per i sudditi di Sua Maestà, sentimento che nel fumetto è stato sublimato dal personaggio di Blek Macigno contro le Giubbe Rosse (“Goddam!”). Ciò svela quanto quel sentimento sia radicato nella “cultura”, nel dna yankee.

Ovvio, l'americano si sente superiore, il Medioevo non lo ha mai vissuto e gli riesce facile sorridere di Camelot (“Sarà il nome del manicomio”), le capanne di fango, i bambini scalzi, gli eserciti di topi che sbriciolano formaggio persino sul Re. E accade quel che ci si aspetta: Morgan capisce che a tenere unito quel microcosmo scambiato per un manicomio è la superstizione e prende di mira il Mago Merlino e la sua “magia farlocca” (“è morto e resuscitato già tredici volte”) con l'intento di portare un po' di “lumi” in quell'Inghilterra rurale e d'animo ingenuo.

Scatta così la competizione (archetipo dell'anima americana, dilatato sino all'ossessione) e sapendo il futuro, Hank diventa il secondo uomo più potente del regno prevedendo un'eclissi di sole proprio quando l'han trascinato in ceppi accanto alla pira e un monaco vuole fargli dire l'ultima preghiera per consegnare la sua anima a Dio.

Alla natura descritta con accenti lirici fa da contraltare la condizione miserabile del volgo: bambine bellissime vestite di abiti rozzi. I nobili poi passano la vita attorno alla grande Tavola Rotonda, a vantarsi di avventure mirabolanti, ascoltate con candida complicità. Come nei sogni, e nelle favole.

Seduce il graffio del maestro, il paganesimo irridente, la fiducia nell'uomo libero, schiavizzato da chiese (“In due o tre miseri secoli essa era riuscita a convertire una nazione di uomini in una nazione di vermi”), re e nobili, che sbeffeggia alla grande. Per buttare vetriolo sui cavalieri che vanno alle Crociate, arriva addirittura a coniare due neologismi: santograallare (“c'era in ballo un po di reputazione, ma di soldi neanche l'ombra”) e “graallare”, mettendo sempre in contrasto quella cultura bigotta e cupa con la sua, l'America rivoluzionaria, pragmatica, energica, col mito della frontiera nel dna.

Sublime poi quando entra nelle dinamiche del consenso e si inventa un giornale, il bollettino di corte: ovvio, servile col re. L'idea di entrare nella macchina del tempo, arretrare di 13 secoli, sapere quindi molte scoperte scientifiche e tecnologiche, e in possesso di esse muoversi nel regno di Camelot, alla Tavola Rotonda, solo a Mark Twain poteva venire. Un grande della letteratura d'ogni tempo, un immortale che ci dona un romanzo godibilissimo, che dovete assolutamente procurarvi. Farete pace col mondo e i libri. Oggi che molta editoria è così grigia da stillare infido cloroformio nei nostri cuori.