di LUIGI LAGUARAGNELLA — L’Inter di proprietà cinese non è più soltanto il bersaglio di battute e dell’ironia sul web, ma è realtà. Suning, il colosso cinese dell’e-commerce e dell’elettronica, intende espandersi in Europa e lo fa partendo dall’acquisizione con il 68% della squadra milanese. Entrando, quindi dalla porta del calcio. Una realtà cinese diventa proprietà di una squadra italiana, una tra le più gloriose dello stivale e del mondo, rompendo definitivamente la gestione Moratti che deteneva le briciole della gestione Thoihr. L’indonesiano avrà il 30% e rimarrà comunque il presidente e sarà lui adesso a fare le veci del presidente che ha dato ai nerazzurri 16 trofei. Proprietà al cinese Jindong, presidenza a Thohir, Moratti, senza dubbio, ad essere il primo tifoso.
Il passaggio della società milanese ad una multinazionale asiatica è comunque un atto di coraggio oltre, che obbligatorio. Obbligatorio perché dovrebbe garantire all’Inter ulteriori finanze per rimanere competitiva (o tornare ad esserlo); di coraggio perché è un rischio in quanto si affida a dirigenti culturalmente lontani, appartenenti ad un continente dove il calcio si sta affacciando da pochi anni. La tradizione di una storia ultracentenaria, insomma, è messa nelle mani (e nelle tasche) di persone che, conti, merchandising e fatturato a parte, dovrebbero imparare ad amare la maglia, i colori, i tifosi.
Questo atto di coraggio è un altro esempio da “pazza Inter”: senza troppi indugi, come invece sta accadendo con non poche ripercussioni per la Milano rossonera, con una trattativa, si può ben dire, rapida l’Inter prova a cambiare nuovamente la sua storia, è apripista del mondo calcistico in Asia. Lo ha fatto già con Thohir: probabilmente la presenza dell’indonesiano da tre anni, nonostante le difficoltà e l’opera di ridimensionamento dei bilanci, anziché degli investimenti, rappresenta una sorta di garanzia per la cessione ai cinesi. Senza dubbio Thohir, proprio per vicinanza culturale conosce quella multinazionale e saprà ben indirizzare i cinesi nella cultura calcistica e nel mondo Inter, fatto di vittorie, sconfitte, da storici campioni, da una passione particolare dei suoi tifosi e di chi rappresenta quella maglia ondeggiando tra uno spirito legato alla tradizione e uno di rottura, di novità, sapendo andare sempre controcorrente.
Si pensa che lentamente Thohir lasci definitivamente al magnate Jindong. Non avrà vinto trofei, non avrà ottenuto risultati di livello, eppure ha gestito sempre razionalmente l’Inter senza mai prendere in giro i tifosi. Ora occorre scoprire se le operazioni della nuova proprietà, tenendo conto i nodi che tengono stretti l’Inter al fair play finanziario, garantiranno soldi nuovi per poter portare a San Siro qualche giocatore di livello medio-alto, se saprà essere allo stesso tempo oculata, mantenendo figure che ben conoscono il calcio che sappiano guardare alla qualità alla prospettiva con un occhio al prezzo, se saprà motivare adeguatamente le pedine che oggi sono l’Inter Handanovic su tutti. Incominciano già a farsi i nomi soprattutto di campioni legati a Mancini, come Touré; intanto dietro queste grandi operazioni di passaggi di proprietà, di qualunque società si parli, sbuca Leonardo…
L’interista, abituato a sognare sempre in grande, con istinto, almeno per questa estate, dovrebbe sognare con occhi aperti e puntati sulle decisioni societarie prima che sui nomi del mercato. E dovrebbe sentirsi piacevolmente sorpreso dall’ingresso, come l’arrivo di un grande campione, della società cinese...
Il passaggio della società milanese ad una multinazionale asiatica è comunque un atto di coraggio oltre, che obbligatorio. Obbligatorio perché dovrebbe garantire all’Inter ulteriori finanze per rimanere competitiva (o tornare ad esserlo); di coraggio perché è un rischio in quanto si affida a dirigenti culturalmente lontani, appartenenti ad un continente dove il calcio si sta affacciando da pochi anni. La tradizione di una storia ultracentenaria, insomma, è messa nelle mani (e nelle tasche) di persone che, conti, merchandising e fatturato a parte, dovrebbero imparare ad amare la maglia, i colori, i tifosi.
Questo atto di coraggio è un altro esempio da “pazza Inter”: senza troppi indugi, come invece sta accadendo con non poche ripercussioni per la Milano rossonera, con una trattativa, si può ben dire, rapida l’Inter prova a cambiare nuovamente la sua storia, è apripista del mondo calcistico in Asia. Lo ha fatto già con Thohir: probabilmente la presenza dell’indonesiano da tre anni, nonostante le difficoltà e l’opera di ridimensionamento dei bilanci, anziché degli investimenti, rappresenta una sorta di garanzia per la cessione ai cinesi. Senza dubbio Thohir, proprio per vicinanza culturale conosce quella multinazionale e saprà ben indirizzare i cinesi nella cultura calcistica e nel mondo Inter, fatto di vittorie, sconfitte, da storici campioni, da una passione particolare dei suoi tifosi e di chi rappresenta quella maglia ondeggiando tra uno spirito legato alla tradizione e uno di rottura, di novità, sapendo andare sempre controcorrente.
Si pensa che lentamente Thohir lasci definitivamente al magnate Jindong. Non avrà vinto trofei, non avrà ottenuto risultati di livello, eppure ha gestito sempre razionalmente l’Inter senza mai prendere in giro i tifosi. Ora occorre scoprire se le operazioni della nuova proprietà, tenendo conto i nodi che tengono stretti l’Inter al fair play finanziario, garantiranno soldi nuovi per poter portare a San Siro qualche giocatore di livello medio-alto, se saprà essere allo stesso tempo oculata, mantenendo figure che ben conoscono il calcio che sappiano guardare alla qualità alla prospettiva con un occhio al prezzo, se saprà motivare adeguatamente le pedine che oggi sono l’Inter Handanovic su tutti. Incominciano già a farsi i nomi soprattutto di campioni legati a Mancini, come Touré; intanto dietro queste grandi operazioni di passaggi di proprietà, di qualunque società si parli, sbuca Leonardo…
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