“Marcio su Roma”, e su little Italy


di FRANCESCO GRECO — “Mele marce” o “Er Sistema”? Mafia o ragazzi della via Paal scambiati - benché dotati di bei pedigrèe – per criminali dall'alito mefitico che condiziona ruvidamente le istituzioni, grazie anche all'aura di epos evocato dai media? Compagnucci della parrocchietta o cancrena? Quale il mainstream della narrazione? E c'è un confine fra il mondo di sotto, di mezzo e di sopra, o è tutto ontologicamente fuso in un solo, osceno blob? Roma caput mundi.

Incombono i processi di Mafia Capitale, “spiccioli” rispetto alla Metro C: infatti già ci si porta avanti col lavoro e all'orizzonte si profila il “pasticciaccio brutto”, orgia da 2000 aziende, 5mila fra appalti e subappalti, ben 45 varianti “del tutto illegittime”, costi lievitati fino a 6 miliardi (un km. 300 milioni, 120 la media europea), percorso dimezzato, mangiatoia indecorosa in ossequio alla “legge-obiettivo” Berlusconi-Lunardi (2001, odissea nello strazio), opera di “importanza strategica” nella Roma sbancata, “sbranata”, senza anticorpi (“la politica ha totalmente abdicato”), la polis dove il 5 giugno i partiti hanno giocato a perdere, “nobilato e clientela”, rendita fondiaria. Core de sta città.
In controluce, l'allegoria del paese al declino, stremato, stordito dalla propaganda, da dove si sogna di evadere, caste, partiti, lobby fameliche. Urbi et orbi.

“Marcio su Roma” (Criminalità, corruzione e fallimento della politica nella Capitale), di Andrea Colombo, Cairo Editore, Milano 2016, pp. 188, euro 15 (collana “Storie”), è abrasivo, a tratti impietoso, documentato: svela la morte di una città, una nazione, cui si oppongono solo i magistrati, a mani nude, perché la politica si incarica di tarpare loro le ali con lacci e lacciuoli, pinzellacchere, balle spaziali. Habemus pappam!

Le intercettazioni, dicono, sono sociologia, rubbish. Vanno bizantinamente divise: sfera pubblica e privata, come fosse facile separarle, la semantica non fosse intrecciata. Al contrario, mostrano che dal centro alla periferia (Mose, Venezia, Expo 2015, Milano), dal “particulare” all'universale, la corruzione ha lo stesso algoritmo, l'identica grammatica: il cemento dell'Italia unita, Bixio sarà contento. Patologia che ruba welfare ai cittadini, svuota diritti, formatta il futuro fino a farci servi della gleba. Come nella telenovela, anche le 44 farmacie comunali piangono miseria. Solo qui affittano un loft in centro a 5 euro (trattabili).

Arrivederci Roma! Intercettazioni all'ombra di Marco Aurelio, dove, al tempo di youporn, un soprassalto di pudore celò le statue al presidente dell'Iran, ma il burqa andrebbe calato sulle facce di chi ha ucciso Roma, il commensalismo sinergico “destra, centro cattolico e sinistra, cooperative rosse e bianche”. Roma capoccia der monno infame.

“La mucca deve mangiare per essere munta”, “ci mangiamo Roma” (Salvatore Buzzi, quello dei migranti business più cool della droga, “già condannato per omicidio doloso, ex detenuto, sovrano delle cooperative rosse nella Capitale”). “Mò o' famo strillà come n'aquila sgozzata”, fa eco Massimo Carminati, “Er Cecato”, “fascista, vicino ai Nar, vicino alla Banda della Magliana, assolto per l'omicidio Pecorelli...”. II repubblica style: “Io gli rompo il culo. Lo voglio in consiglio alle tre, perché sennò lo piglio a calci. Ci vado con quattro persone, lo dico con molta tranquillità e gli spacco il femore. A me servono i soldi per fare la campagna elettorale e per essere messo nelle stesse condizioni in cui sono messi gli altri, che fanno manifesti a iosa, non so con quali soldi, fanno cene, incontri e io non posso fare un cazzo... si comprano voti e io non li posso comprare” (Patrizio “Mangiafuco” Bianconi, consigliere Pdl). Roma, oh cara!

Lessico fasciocriminale, il mood è tutto, il “sacco” esponenziale: dal “Modello Roma” (Goffredo Bettini, “grande burattinaio”, rottamato “di lusso”, il suo manifesto: “Per cambiare le cose bisognava sporcarsi le mani”) a “Mafia Capitale”. I “re di Roma”, i “notabili”, sempre quelli, “ingordigia mai sazia”, da “Ladri di biciclette” al 3D. Forza lupi!

Incuba con Veltroni che inventa la “moneta urbanistica” e teorizza un'osmosi fra periferie (“territori”) e centro pagata da palazzinari e rentiers (gli stessi): favola da Peter Pan. Infatti le periferie sono ancor più pasoliniane, metafisiche: ancora aspettano, e sperano. “Oggi abbiamo scritto una pagina di storia di Roma”; “Il suo Prg è il peggiore nella storia di Roma” (Renato Nicolini). Ma lui è come Nerone/Petrolini: applausi a prescindere. Vacanze Romane.

Esplode con Alemanno nel 2008, “sudditanza ai signori del cemento” (in 2 anni all'Atac 852 “chiamate dirette”, all'Ama 1513: un primato). Il “marziano” Marino “senza partito e senza popolo”, ci prova ad affamare il Leviatano, spargere Rondup sulla gramigna, dare anticorpi all'istituzione. Dolce vita che te ne vai...

Soccombe col fuoco amico, surreal-demenzial-pulp: non in consiglio, dal notaio (idea di Renzi, l'avesse fatto B. mille corsivi suonati dal vento). Eredita un “sistema preesistente” e paga “la sberla del Papa” (registro delle unioni civili), il fallimento su rifiuti (ma chiude Malagrotta, vecchia greppia), trasporti (Fori Imperiali), emergenza-casa (30mila famiglie all'addiaccio), ma a dannarlo è l'opposizione ai poteri forti, “predatori” con cui, dice Colombo, il premier invece vuole stringere “una proficua alleanza”, “sedercisi al tavolo” (Marino) e gli serve un decreto salva-Roma come corda all'impiccato (“sabotaggio”), polpetta avvelenata: Renzi style, fàtece largo che passamo noi...
Ma sciogliere il Comune-vetrina per mafia (estate 2015, la conclusione del prefetto Gabrielli) perché “le mani mafiose vanno a occupare le leve economiche della città...” sarebbe devastante per il premier (vuol governare sino al 2024, con l'opzione, direbbe Totò). Meglio perdere la città. E' il partito “leggero”, il “franchising”, bellezza! Le leadership al buio, tre scimmiette sul comò, solo Craxi sapeva tutto (“non mette bocca sulle malefatte del territorio... denuncia le mele marce solo dopo l'intervento della magistratura”, Walter Tocci dixit). Roma città aperta.

Mondo di sopra, di mezzo, di sotto: per i politici anomalia, come i “mariuoli” craxiani (“uno squadrone”). Garantismi-gargarismi pro domo loro, all'italiana. “Finanziamento illecito” alla politica “personalizzata e individualizzata”? “Vuoti di governo riempiti dalla melma del malaffare” (Tocci)? E quando mai? Assoluzione do-it-yourself. I giudici rilanciano: 416 bis. Colombo dice che è “Er Sistema”, nessuno può dirsi assolto: dentro tutti: Alfano, Castiglione, Lupi, Odevaine vs Veltroni). Nevicava a Roma...

Un saggio asciutto, didascalico, di un romano (1954, è al “Manifesto”) offeso nell'animo, dettato da passione civile, furore etico, rabbiosa impotenza, “il caso romano... fa scuola”, “commistione tra politica e malavita”, “E' stata la politica, non la criminalità organizzata, a mettere in ginocchio Roma”, ai piedi di “Er Cecato”, il re nero“, “arbitro di vita e di morte” e a Buzzi, “cooperante rosso” e il loro “underworld”.

Il 19 giugno ci sarà il nuovo sindaco, quasi certamente una ragazza. Sò finiti i tempi cupi... God save Rome (e little Italy).