di GRAZIA STELLA ELIA — Ho finalmente tra le mani, dopo tanta attesa, il libro “In una casa un’altra casa trovo”, autobiografia di un poeta due terre di Joseph Tusiani, pubblicato nella collana “I grandi tascabili Bompiani”.
Conosciamo Joseph Tusiani poeta, scrittore, romanziere, saggista, latinista, traduttore straordinario e lo troviamo ora autore di una autobiografia scritta con l’anima e con il cuore.
È l’autobiografia un genere letterario in cui molti scrittori si sono cimentati, facendo leva sull’esperienza della propria vita. Questa di Tusiani è davvero un’autobiografia particolare per le sue peculiarità: scrittura fluida, forte affabulazione, stile chiaro e poetico, accattivante. Ne consegue una lettura piacevole, arricchente e persino accessibile a tutti.
Si avverte, sin dalle prime pagine, che si tratta di una narrazione fiorita nel cuore, con i contorni di un paese del sud Italia ricco di povertà e di valori essenziali, messo in relazione, per necessità di lavoro, con il mondo americano del Bronx, dove tanti poveri italiani si sono trasferiti.
La lettura si bagna spesso di lacrime, perché il racconto commuove, coinvolge, rendendo il lettore partecipe dei fatti, degli eventi vissuti dall’allora Giuseppe Tusiani, frastornato emigrante di fine anni ’40 dello scorso secolo, che mette a nudo se stesso con sofferta memoria, districandosi tra meandri di povertà, intrecci amorosi, sacrifici, rinunce e… salite sociali ed economiche.
A 24 anni Tusiani è un uomo, è un professionista, ma come un bambino egli è legato alla mamma. Quella donna di 45 anni incinta e prossima a partorire lo imbarazza, mentre lo terrorizza l’idea di un parto difficile, che lei vuole avvenga in casa. Arriverà Michael Dante; nascerà come autentico americano e segnerà, nel divario generazionale, tappe di discussioni e dissenso.
Non di rado si passa dalla seriosità alla piacevole ilarità, come quando, nel capitolo 32, l’Autore descrive la preparazione della mamma Maria all’esame a cui si dovrà sottoporre per ottenere la cittadinanza americana. È in queste pagine che Tusiani pare egli stesso divertirsi nel raccontare con comicità le espressioni materne così saporitamente popolari tra il dialetto d’origine, l’italiano e uno “storpiato” inglese. Lo stesso giudice che la esaminerà non riuscirà a contenere le risate.
È la ‘vis comica’ ereditata dal padre che emerge di tanto in tanto, come nella descrizione dei due sammarchesi nuovi vicini di casa che, a colpi di complimenti reciproci, si chiamano vicendevolmente (marito e moglie) “ciuccio” e “ciuccia”.
Le pagine descrittive di ambienti e persone evidenziano sempre una sorprendente dovizia di particolari, come ad esempio quelle relative ai giardini con le “incantevoli aiuole” del College of Mount Saint Vincent. Sono passi memorabili, in cui la penna dell’Autore prende il volo e colora tutto di poesia. Emblematici quelli riguardanti il viaggio di ritorno, dopo tre anni, al suo Gargano col pensiero sempre rivolto alla Montagna Madre. È in treno verso Foggia, quando gli sembra “di essere un frammento che rappresenti mille altri frammenti: gli emigranti d’America e d’Australia datisi convegno a quell’ora per assistere al trionfo d’un nuovo giorno nella loro terra natia, quando la luce del mattino sveglia una per una tutte le colline garganiche. Ed io, ancora lontano, ma per diritto d’amore e dolore già nel cuore dei miei boschi, sentivo ch’era segno d’aurora quel brusio tra le cime, quell’alito caldo di rosa che era luce e suono sopra la vetta più alta e su tutte le altre cuspidi verdi. Come lo conoscevo bene quel fremito di cerri, quell’arpeggio solenne e intimo! Avevo tanto sognato, e ora il mio ultimo sogno sembrava finire in colore, e il colore mutarsi in cuore umano”.
Si fa storia il racconto quando la memoria delle violenze subite dagli italiani trasferitisi in America due decenni prima è come un’ondata di insurrezione, un dolore misto a orgoglio da vendicare.
Gli incontri con gli italiani colti e sapienti nel Bronx segnano le prime tappe dell’affermazione di Tusiani quale letterato e critico letterario; ma il vero incontro letterario e provvidenziale sarà quello con Francesca Vinciguerra, già divenuta Francis Winwar, scrittrice e biografa, donna bella, intelligente e dinamica. Sarà lei ad aprirgli le porte degli intellettuali d’America, a rendere concreta la sua “americanizzazione”.
Accade così che gli scalini di ascesa sono tanti: il poeta passa da un riconoscimento all’altro e il 24 marzo del 1957 il ‘New York Times’ annuncia che ha vinto il prestigiosissimo Premio Greenwood della Poetry Society of England per il poemetto di 200 versi The Return. È il primo americano a vincere il più importante premio londinese.
Le gratificazioni continueranno ad arrivare a lui, cittadino di una nuova patria, di cui ha assimilato perfettamente la lingua. L’America è, sì, il mondo nuovo che gli offre linfa per successi e soddisfazioni, ma rimane, inalterato e costante, il dilemma intimo, umano, esistenziale:
Due lingue, due paesi: anche due anime?
[…]
Sono un uomo, o d’un uomo due metà?
Prosa poetica, dunque o, se si vuole, poesia nella prosa.
È opportuno dire, intanto, che questa autobiografia, già pubblicata in tre volumi con l’Editrice Schena di Fasano tra il 1988 e il 1992, in forma più vasta ed estesa, è stata condensata e in gran parte riscritta per volontà dell’Autore, con l’attenta, intelligente, eccellente ed encomiabile collaborazione dello scrittore, critico e biografo Cosma Siani, che da sempre, con minuziosa pignoleria, registra eventi e pubblicazioni riguardanti Joseph Tusiani.
Ottima, importante ed utile la Postfazione di Siani. Le sue “note asciutte”, come egli definisce il suo saggio, valgono infatti a rendere più chiaro al lettore l’iter intellettivo ed umano di un autore dalla vasta, poliedrica, complessa produzione letteraria come il geniale pugliese - americano, cui va attribuita un’importanza cosmica.
A lettura completata rimane impresso e vivo un concetto: l’emigrazione resta, sempre e comunque, un fatto traumatico, che non si supera mai in toto.
Penso all’incontenibile commozione della famiglia Tusiani quando, dovendo anticipare il ritorno da San Marco in America, a causa dei problemi di salute di Michail bambino, affronta i tristi momenti del saluto amaro e doloroso ai morti, alla nonna novantenne, ai parenti e, in conclusione, l’addio al paese, forse per sempre.
Libri come questo è giusto che si propongano a tutti, e soprattutto ai giovani, perché comprendano meglio il sacrificio dell’emigrare per ragioni di lavoro e di povertà ed affrontino con coraggio il presente, senza mai perdere la speranza di un futuro migliore, da raggiungere con impegno, responsabilità e senso del dovere.
Detto ciò consentitemi - in virtù di una notevole esperienza di vita e d’età una licenza poetica... per restare in argomento - di salutare Tusiani con le parole di Seneca: “Affrettati a vivere bene e pensa che ogni giorno è una nuova vita”, in questo modo capirà che noi, coloro che gli vogliono bene, abbiamo inteso che distruggere un ricordo richiede forza e dolore, ma lui sa che, oltre Raffaele Cera e Cosma Siani, vi sono tanti Amici anonimi disposti a farlo sentire sempre uno di noi, uno di… CASA, in qualsiasi casa si trovi o frequenti.
Conosciamo Joseph Tusiani poeta, scrittore, romanziere, saggista, latinista, traduttore straordinario e lo troviamo ora autore di una autobiografia scritta con l’anima e con il cuore.
È l’autobiografia un genere letterario in cui molti scrittori si sono cimentati, facendo leva sull’esperienza della propria vita. Questa di Tusiani è davvero un’autobiografia particolare per le sue peculiarità: scrittura fluida, forte affabulazione, stile chiaro e poetico, accattivante. Ne consegue una lettura piacevole, arricchente e persino accessibile a tutti.
Si avverte, sin dalle prime pagine, che si tratta di una narrazione fiorita nel cuore, con i contorni di un paese del sud Italia ricco di povertà e di valori essenziali, messo in relazione, per necessità di lavoro, con il mondo americano del Bronx, dove tanti poveri italiani si sono trasferiti.
La lettura si bagna spesso di lacrime, perché il racconto commuove, coinvolge, rendendo il lettore partecipe dei fatti, degli eventi vissuti dall’allora Giuseppe Tusiani, frastornato emigrante di fine anni ’40 dello scorso secolo, che mette a nudo se stesso con sofferta memoria, districandosi tra meandri di povertà, intrecci amorosi, sacrifici, rinunce e… salite sociali ed economiche.
A 24 anni Tusiani è un uomo, è un professionista, ma come un bambino egli è legato alla mamma. Quella donna di 45 anni incinta e prossima a partorire lo imbarazza, mentre lo terrorizza l’idea di un parto difficile, che lei vuole avvenga in casa. Arriverà Michael Dante; nascerà come autentico americano e segnerà, nel divario generazionale, tappe di discussioni e dissenso.
Non di rado si passa dalla seriosità alla piacevole ilarità, come quando, nel capitolo 32, l’Autore descrive la preparazione della mamma Maria all’esame a cui si dovrà sottoporre per ottenere la cittadinanza americana. È in queste pagine che Tusiani pare egli stesso divertirsi nel raccontare con comicità le espressioni materne così saporitamente popolari tra il dialetto d’origine, l’italiano e uno “storpiato” inglese. Lo stesso giudice che la esaminerà non riuscirà a contenere le risate.
È la ‘vis comica’ ereditata dal padre che emerge di tanto in tanto, come nella descrizione dei due sammarchesi nuovi vicini di casa che, a colpi di complimenti reciproci, si chiamano vicendevolmente (marito e moglie) “ciuccio” e “ciuccia”.
Le pagine descrittive di ambienti e persone evidenziano sempre una sorprendente dovizia di particolari, come ad esempio quelle relative ai giardini con le “incantevoli aiuole” del College of Mount Saint Vincent. Sono passi memorabili, in cui la penna dell’Autore prende il volo e colora tutto di poesia. Emblematici quelli riguardanti il viaggio di ritorno, dopo tre anni, al suo Gargano col pensiero sempre rivolto alla Montagna Madre. È in treno verso Foggia, quando gli sembra “di essere un frammento che rappresenti mille altri frammenti: gli emigranti d’America e d’Australia datisi convegno a quell’ora per assistere al trionfo d’un nuovo giorno nella loro terra natia, quando la luce del mattino sveglia una per una tutte le colline garganiche. Ed io, ancora lontano, ma per diritto d’amore e dolore già nel cuore dei miei boschi, sentivo ch’era segno d’aurora quel brusio tra le cime, quell’alito caldo di rosa che era luce e suono sopra la vetta più alta e su tutte le altre cuspidi verdi. Come lo conoscevo bene quel fremito di cerri, quell’arpeggio solenne e intimo! Avevo tanto sognato, e ora il mio ultimo sogno sembrava finire in colore, e il colore mutarsi in cuore umano”.
Si fa storia il racconto quando la memoria delle violenze subite dagli italiani trasferitisi in America due decenni prima è come un’ondata di insurrezione, un dolore misto a orgoglio da vendicare.
Gli incontri con gli italiani colti e sapienti nel Bronx segnano le prime tappe dell’affermazione di Tusiani quale letterato e critico letterario; ma il vero incontro letterario e provvidenziale sarà quello con Francesca Vinciguerra, già divenuta Francis Winwar, scrittrice e biografa, donna bella, intelligente e dinamica. Sarà lei ad aprirgli le porte degli intellettuali d’America, a rendere concreta la sua “americanizzazione”.
Accade così che gli scalini di ascesa sono tanti: il poeta passa da un riconoscimento all’altro e il 24 marzo del 1957 il ‘New York Times’ annuncia che ha vinto il prestigiosissimo Premio Greenwood della Poetry Society of England per il poemetto di 200 versi The Return. È il primo americano a vincere il più importante premio londinese.
Le gratificazioni continueranno ad arrivare a lui, cittadino di una nuova patria, di cui ha assimilato perfettamente la lingua. L’America è, sì, il mondo nuovo che gli offre linfa per successi e soddisfazioni, ma rimane, inalterato e costante, il dilemma intimo, umano, esistenziale:
Due lingue, due paesi: anche due anime?
[…]
Sono un uomo, o d’un uomo due metà?
Prosa poetica, dunque o, se si vuole, poesia nella prosa.
È opportuno dire, intanto, che questa autobiografia, già pubblicata in tre volumi con l’Editrice Schena di Fasano tra il 1988 e il 1992, in forma più vasta ed estesa, è stata condensata e in gran parte riscritta per volontà dell’Autore, con l’attenta, intelligente, eccellente ed encomiabile collaborazione dello scrittore, critico e biografo Cosma Siani, che da sempre, con minuziosa pignoleria, registra eventi e pubblicazioni riguardanti Joseph Tusiani.
Ottima, importante ed utile la Postfazione di Siani. Le sue “note asciutte”, come egli definisce il suo saggio, valgono infatti a rendere più chiaro al lettore l’iter intellettivo ed umano di un autore dalla vasta, poliedrica, complessa produzione letteraria come il geniale pugliese - americano, cui va attribuita un’importanza cosmica.
A lettura completata rimane impresso e vivo un concetto: l’emigrazione resta, sempre e comunque, un fatto traumatico, che non si supera mai in toto.
Penso all’incontenibile commozione della famiglia Tusiani quando, dovendo anticipare il ritorno da San Marco in America, a causa dei problemi di salute di Michail bambino, affronta i tristi momenti del saluto amaro e doloroso ai morti, alla nonna novantenne, ai parenti e, in conclusione, l’addio al paese, forse per sempre.
Libri come questo è giusto che si propongano a tutti, e soprattutto ai giovani, perché comprendano meglio il sacrificio dell’emigrare per ragioni di lavoro e di povertà ed affrontino con coraggio il presente, senza mai perdere la speranza di un futuro migliore, da raggiungere con impegno, responsabilità e senso del dovere.
Detto ciò consentitemi - in virtù di una notevole esperienza di vita e d’età una licenza poetica... per restare in argomento - di salutare Tusiani con le parole di Seneca: “Affrettati a vivere bene e pensa che ogni giorno è una nuova vita”, in questo modo capirà che noi, coloro che gli vogliono bene, abbiamo inteso che distruggere un ricordo richiede forza e dolore, ma lui sa che, oltre Raffaele Cera e Cosma Siani, vi sono tanti Amici anonimi disposti a farlo sentire sempre uno di noi, uno di… CASA, in qualsiasi casa si trovi o frequenti.