di NICOLA ZUCCARO - Bari, giovedì 8 agosto 1991. Nel corso di una calda mattinata, una montagna galleggiante, paragonabile ad un formicaio umano, dalle grande dimensioni, cattura l'attenzione dei bagnanti del Lido San Francesco e del Litorale di San Cataldo ; è il Vlora. Di lì a poco -sono le 10.30 circa- verso mezzogiorno, attraccherà al Molo Foraneo del Porto barese. In questo preciso punto dello scalo portuale si concludeva così l'odissea del Mercantile inizialmente diretto a Brindisi ma poi, repentinamente dirottato su Bari, a seguito del colloquio telefonico intercorso fra l'allora vice prefetto brindisino, Bruno Pezzuto, e l'allora Capo di Gabinetto della Prefettura barese, Antonio Nunziante. Questo dirottamento fu " motivato" e " giustificato " dal fatto che, non trattandosi di una migrazione composta da poche centinaia di profughi ma di 20.000 albanesi in fuga e avendo già Brindisi, nel marzo 1991, fatto fronte ad un precedente e consistente sbarco, la rotta verso Bari, divenne a quel punto, inevitabile.
Se per il Comandante del Mercantile, Hadim Milaqi, costretto a salpare per l'Italia, terminò un calvario ( su misura per un testo di Epica), per la città di Bari, iniziarono dei giorni difficilissimi, relativamente alla gestione dell'emergenza. Alle difficoltà provocate dalla suddivisione degli interventi di Protezione Civile e legati sia alla sicurezza che all'ordine pubblico ( numerosi furono gli albanesi, alcuni dei quali impauriti, che vagavano per la città , fuggendo dal Molo Foraneo, dopo essersi tuffati dalla Nave) presso i due luoghi di quella drammatica vigilia ferragostana quali il Porto e lo Stadio della Vittoria. Quest'ultimo, chiuso da un anno al Calcio, si trasformò da quel catino infuocato dal tifo per il Bari, in quel luogo infernale dove la rabbia e la disperazione si mescolarono, tanto da mobilitare l'Esercito italiano e successivamente le Forze speciali della Polizia di Stato ; intervenute sotto il diretto controllo del rispettivo Capo, il Prefetto Vincenzo Parisi.
Su Bari, anche per la presenza di alcuni rivoltosi e disertori dell'Esercito albanese (inizialmente trasportati dal Porto allo Stadio a bordo dei Bus dell'Azienda del Trasporto Urbano e poi, alcuni di essi, ricondotti in Albania, nell'ambito di un ininterrotto ponte aereo) si accesero i riflettori dell'informazione nazionale ed internazionale e si concentrò anche l'attenzione delle istituzioni italiane. Di esse la Presidenza della Repubblica che per voce dell'allora Capo dello Stato Francesco Cossiga, chiese le dimissioni, avocandogli, per le funzioni spettanti alla suo ruolo, la rimozione del Sindaco dell'epoca ; il compianto Prof. Enrico Dalfino.
Quale fu la motivazione? L'irresponsabilità nella gestione di un'emergenza, le cui colpe, oggettivamente, dovevano essere attribuite a quella macchina governativa che non riuscì, forse e probabilmente, a prevedere e a frenare per tempo un esodo che mise alla prova la straordinaria solidarietà dei baresi, testimoniata dalla donazione di indumenti e scarpe ( la gran parte dei profughi sbarcò scalza al Porto di Bari) e dalla messa a disposizione di alloggi da parte delle Parrocchie vicine allo scalo portuale e allo Stadio della Vittoria.
L'arrivo del Vlora mutò il tessuto sociale di una Bari che dall'agosto 1991, si trasformò in larga parte albanese, per l'inserimento dei componenti della relativa nazionalità , nel contesto lavorativo e universitario, e promuovendo, nello stesso tempo, il capoluogo pugliese quale città italiana, per eccellenza ( così la ricordò in una successiva intervista rilasciata dal sindaco Dalfino all'emittente televisiva Tele Bari, nei mesi successivi a quell'evento dal sindaco Dalfino all'emittente televisiva Tele Bari ) sul piano dell'accoglienza e dell'integrazione etnico-culturale.