di VITTORIO POLITO — Il costume è il complesso di usanze caratteristiche di un popolo in un determinato periodo storico di un paese o di una località , mentre il costume tipico è rappresentato da abiti storici che si indossano in determinate occasioni.
Il riferimento è a quello di Scanno, in Abruzzo, “un paese adagiato su un colle circondato da monti più alti, che una fantasiosa tradizione lo paragona ad uno sgabello, ovvero, scanno”, in cui il 14 agosto di ogni anno, si svolge il “corteo nuziale”, che altro non è che la rievocazione dell’antico corteo chiamato in dialetto scannese “Ju Catenacce” (il catenaccio), perché guardato dall’alto, il corteo nuziale, seguito da parenti e amici, sembra una catena.
La sfilata si svolge in un clima festoso e in un atmosfera gioiosa, soprattutto per i colori dei vestiti che variano a seconda degli eventi, ove si possono notare ampie gonne a balze coperte da grembiuli sfavillanti dal sapore orientale, da colletti bianchissimi in tombolo (pizzo fatto a mano che viene realizzato in molte località italiane). Con il termine tombolo si indicano sia il merletto in sé che lo strumento usato per realizzarlo). Il copricapo è decorato con “trecce” di spessi cordoni di seta e intrecciati attorno al capo.
Il colore delle “trecce” variava a seconda dell’occasione: nere per il lutto, chiare (ma non bianche) per le nozze, bianche per la festa di Sant’Antonio, rosse per la festa di Sant’Eustachio (patrono di Scanno), azzurre per la festività dell’Assunta, azzurri nella festa della Madonna delle Grazie, marroni in quella del Carmine, e bianco immacolato per la sposina che aprirà il “catenaccio”.
Alcuni studiosi di storia locale attribuiscono al costume l’origine orientale, tesi avvalorata da alcune abitudini delle donne di Scanno mentre altri attribuiscono l’origine longobarda.
I popoli, che nel corso dei secoli hanno invaso la regione lasciando segni, anche nelle tradizioni, della loro presenza, come in tante altre regioni italiane, sono stati tanti, rimane difficile quindi stabilire con certezza l’origine.
Alcuni corredi dotali dei secoli XVI e XVIII, nonché un importante piatto di ceramica antica, che raffigura un uomo e una donna in costume, prodotto della Real Fabbrica di Capodimonte nel secolo XVIII, forniscono informazioni sull’abbigliamento delle donne. Diverse sono le modificazioni che, nel corso degli anni, il tradizionale costume femminile scannese ha subito, sino ad assumere, nella forma e nei colori, la foggia attuale più sobria ma comunque singolare rispetto ad altri costumi abruzzesi. Una evoluzione che si ferma agli inizi degli anni Cinquanta e che tuttavia non ha sminuito, nel tempo, la fastosità e la carica emblematica del costume femminile, soprattutto nella versione festiva.
Quali i componenti del costume? È presto detto: “Ju cummudene” (il corpetto), “la buttunera” (la bottoniera) a triangolo rovesciato, “Ju cappellitte”, un piccolo cappello. Con l’adozione del “cappellitte” e della “ngappatura” (cappellino dei giorni feriali), la “rezzola”, a rete in maglie di seta, intessuta di fili d’oro e d’argento che raccoglieva, proteggendoli dal vento, i capelli delle donne di Scanno, i “lacci”, variopinti e preziosi cordoncini di seta che, avvolti a spirale nei capelli legati a trecce, coronano il viso in un alone di colori, sorreggendo elegantemente il citato “cappellitte”. I “lacci”, acquisiranno un loro linguaggio e saranno di vari colori, come detto, a seconda degli eventi. Il tutto arricchito da gioielli antichi come collane, ciondoli, orecchini, spille, anelli, ecc., indossati con orgoglio.
L’abito femminile tradizionale di Scanno è il costume più rappresentativo della regione, uno dei più originali, dei più belli e carico ancora di mistero; conferisce alla donna che lo indossa un portamento solenne, quasi regale. Attualmente sono le anziane donne del paese che continuano a portarlo quotidianamente.
Il riferimento è a quello di Scanno, in Abruzzo, “un paese adagiato su un colle circondato da monti più alti, che una fantasiosa tradizione lo paragona ad uno sgabello, ovvero, scanno”, in cui il 14 agosto di ogni anno, si svolge il “corteo nuziale”, che altro non è che la rievocazione dell’antico corteo chiamato in dialetto scannese “Ju Catenacce” (il catenaccio), perché guardato dall’alto, il corteo nuziale, seguito da parenti e amici, sembra una catena.
La sfilata si svolge in un clima festoso e in un atmosfera gioiosa, soprattutto per i colori dei vestiti che variano a seconda degli eventi, ove si possono notare ampie gonne a balze coperte da grembiuli sfavillanti dal sapore orientale, da colletti bianchissimi in tombolo (pizzo fatto a mano che viene realizzato in molte località italiane). Con il termine tombolo si indicano sia il merletto in sé che lo strumento usato per realizzarlo). Il copricapo è decorato con “trecce” di spessi cordoni di seta e intrecciati attorno al capo.
Il colore delle “trecce” variava a seconda dell’occasione: nere per il lutto, chiare (ma non bianche) per le nozze, bianche per la festa di Sant’Antonio, rosse per la festa di Sant’Eustachio (patrono di Scanno), azzurre per la festività dell’Assunta, azzurri nella festa della Madonna delle Grazie, marroni in quella del Carmine, e bianco immacolato per la sposina che aprirà il “catenaccio”.
Alcuni studiosi di storia locale attribuiscono al costume l’origine orientale, tesi avvalorata da alcune abitudini delle donne di Scanno mentre altri attribuiscono l’origine longobarda.
I popoli, che nel corso dei secoli hanno invaso la regione lasciando segni, anche nelle tradizioni, della loro presenza, come in tante altre regioni italiane, sono stati tanti, rimane difficile quindi stabilire con certezza l’origine.
Alcuni corredi dotali dei secoli XVI e XVIII, nonché un importante piatto di ceramica antica, che raffigura un uomo e una donna in costume, prodotto della Real Fabbrica di Capodimonte nel secolo XVIII, forniscono informazioni sull’abbigliamento delle donne. Diverse sono le modificazioni che, nel corso degli anni, il tradizionale costume femminile scannese ha subito, sino ad assumere, nella forma e nei colori, la foggia attuale più sobria ma comunque singolare rispetto ad altri costumi abruzzesi. Una evoluzione che si ferma agli inizi degli anni Cinquanta e che tuttavia non ha sminuito, nel tempo, la fastosità e la carica emblematica del costume femminile, soprattutto nella versione festiva.
Quali i componenti del costume? È presto detto: “Ju cummudene” (il corpetto), “la buttunera” (la bottoniera) a triangolo rovesciato, “Ju cappellitte”, un piccolo cappello. Con l’adozione del “cappellitte” e della “ngappatura” (cappellino dei giorni feriali), la “rezzola”, a rete in maglie di seta, intessuta di fili d’oro e d’argento che raccoglieva, proteggendoli dal vento, i capelli delle donne di Scanno, i “lacci”, variopinti e preziosi cordoncini di seta che, avvolti a spirale nei capelli legati a trecce, coronano il viso in un alone di colori, sorreggendo elegantemente il citato “cappellitte”. I “lacci”, acquisiranno un loro linguaggio e saranno di vari colori, come detto, a seconda degli eventi. Il tutto arricchito da gioielli antichi come collane, ciondoli, orecchini, spille, anelli, ecc., indossati con orgoglio.
L’abito femminile tradizionale di Scanno è il costume più rappresentativo della regione, uno dei più originali, dei più belli e carico ancora di mistero; conferisce alla donna che lo indossa un portamento solenne, quasi regale. Attualmente sono le anziane donne del paese che continuano a portarlo quotidianamente.
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Cultura e Spettacoli