di FRANCESCO GRECO - Attenti: questo saggio bello, nitido, incalzante, potrà cambiare la vostra vita. Se siete ipersensibili, ipocondriaci, facili alla depressione, non leggetelo: avete tutto da perdere. Potreste reagire male, chiamarvi fuori dal villaggio globale del cyber spazio (il “sesto continente”), le fauci in cui ormai siamo tutti, volenti o nolenti, fagocitati, cui abbiamo ceduto il nostro libero arbitrio, e magari – dopo aver rottamato tablet, smartphone e Android - finire i vostri giorni in una grotta dinanzi al mare, da eremiti cenciosi, in compagnia di una capra per un un po' di latte, a meditare sugli uomini, le cose, Dio, la felicità, la verità, la libertà, la democrazia, gli altri mondi possibili.
Ma, ammoniva Oscar Wilde, a tutto possiamo resistere ma non alle tentazioni, so che lascerete un attimino l'ombrellone e correrete a procurarvi “Cyber Intelligence” (Tra libertà e democrazia), di Mario Caligiuri, Donzelli Editore, Roma 2016 (Collana “Interventi”), pp. 100, euro 16.
La succosa prefazione di Umberto Gori (che la materia l'ha disossata di suo) già fa venire, come si dice, l'acquolina in bocca quando parla di “Humint”, “deep weeb”, “exabyte”, “cigno nero”, “open sourse”, di società “defattualizzata”, di “Whertfreiheit”, e poi quando cita Ulrich Beck, per il quale la “politica non è più l'unico luogo, e nemmeno quello centrale, dove si decide il futuro della società”. Buona notizia. Fra poco i politici finiranno come quel deputato ucraino: nella monnezza.
Sta arrivando la rivoluzione, serve qualcosa da metterci addosso. Solo un assaggio delle parole e le locuzioni, i concetti e le linee-guida che troveremo più avanti, e con cui dobbiamo prendere confidenza, se non si vuole essere ricacciati ai margini, ridotti a un misero account, ben “profilati”, se è vero che fra qualche anno gli abitanti virtuali saranno più numerosi di quelli reali e che probabilmente avremo due governi: uno reale (oggi in ritardo nel trattare la complessa questione) e un altro metafisico, oscuro, inquietante, che decide l'agenda delle cose da fare in rete, nelle sue viscere oscure.
E non sappiamo quale dei due sarà più potente, minaccioso per la nostra libertà (quel che ne rimarrà), chi garantirà i livelli di democrazia maturati senza azzerarli, che, giova ricordarlo, non è stata una gentile concessione nel Principe o di tiranni illuminati, ma una conquista dei popoli costata milioni di vite umane.
Per dare forza al suo pensiero, il prof. Caligiuri (Università della Calabria) ha interagito con una bibliografia e a una sitografia sconfinata, e quindi, giunti all'ultima pagina, resta la curiosità di approfondire il magma di materiali.
Qui si confermano i nostri sospetti: tu telefoni, clicchi “like” o condividi la foto della morosa su Facebook e racconti al mondo il tuo pensiero politico, la tendenza sessuale, la fede praticata, le amicizie. I big data si incaricano di registrare e archiviare il tutto: la loro memoria è sconfinata e benché si vorrebbe dare una normativa (l'Ue ci ha provato con “end the end” a difendere la nostra privacy ma non ci è riuscita).
Così siamo esposti al capriccio (“conseguenze inedite”, “rischi incalcolabili”) di chi accumula i dati e potrebbe danneggiarci anche in termini preventivi.
Questo saggio vi aprirà un mondo e vi invoglierà a ripercorrere la vastissima bibliografia cui Caligiuri ha attinto, dall'iconoclasta Zygmunt Bauman a Bene (“l'abuso di informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla”). Divino Carmelo!
Ma, ammoniva Oscar Wilde, a tutto possiamo resistere ma non alle tentazioni, so che lascerete un attimino l'ombrellone e correrete a procurarvi “Cyber Intelligence” (Tra libertà e democrazia), di Mario Caligiuri, Donzelli Editore, Roma 2016 (Collana “Interventi”), pp. 100, euro 16.
La succosa prefazione di Umberto Gori (che la materia l'ha disossata di suo) già fa venire, come si dice, l'acquolina in bocca quando parla di “Humint”, “deep weeb”, “exabyte”, “cigno nero”, “open sourse”, di società “defattualizzata”, di “Whertfreiheit”, e poi quando cita Ulrich Beck, per il quale la “politica non è più l'unico luogo, e nemmeno quello centrale, dove si decide il futuro della società”. Buona notizia. Fra poco i politici finiranno come quel deputato ucraino: nella monnezza.
Sta arrivando la rivoluzione, serve qualcosa da metterci addosso. Solo un assaggio delle parole e le locuzioni, i concetti e le linee-guida che troveremo più avanti, e con cui dobbiamo prendere confidenza, se non si vuole essere ricacciati ai margini, ridotti a un misero account, ben “profilati”, se è vero che fra qualche anno gli abitanti virtuali saranno più numerosi di quelli reali e che probabilmente avremo due governi: uno reale (oggi in ritardo nel trattare la complessa questione) e un altro metafisico, oscuro, inquietante, che decide l'agenda delle cose da fare in rete, nelle sue viscere oscure.
E non sappiamo quale dei due sarà più potente, minaccioso per la nostra libertà (quel che ne rimarrà), chi garantirà i livelli di democrazia maturati senza azzerarli, che, giova ricordarlo, non è stata una gentile concessione nel Principe o di tiranni illuminati, ma una conquista dei popoli costata milioni di vite umane.
Per dare forza al suo pensiero, il prof. Caligiuri (Università della Calabria) ha interagito con una bibliografia e a una sitografia sconfinata, e quindi, giunti all'ultima pagina, resta la curiosità di approfondire il magma di materiali.
Qui si confermano i nostri sospetti: tu telefoni, clicchi “like” o condividi la foto della morosa su Facebook e racconti al mondo il tuo pensiero politico, la tendenza sessuale, la fede praticata, le amicizie. I big data si incaricano di registrare e archiviare il tutto: la loro memoria è sconfinata e benché si vorrebbe dare una normativa (l'Ue ci ha provato con “end the end” a difendere la nostra privacy ma non ci è riuscita).
Così siamo esposti al capriccio (“conseguenze inedite”, “rischi incalcolabili”) di chi accumula i dati e potrebbe danneggiarci anche in termini preventivi.
Questo saggio vi aprirà un mondo e vi invoglierà a ripercorrere la vastissima bibliografia cui Caligiuri ha attinto, dall'iconoclasta Zygmunt Bauman a Bene (“l'abuso di informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla”). Divino Carmelo!