di FREDERIC PASCAL - Un classico del cinema d’ogni tempo torna alla ribalta nell’originale rivisitazione diretta da Daniel Yates e sceneggiata da Craig Brewer e Adam Cozard.
Quest’ennesima pellicola sulla figura di Tarzan, il personaggio creato da Edgar Rice Burroughs, che riprende il titolo della serie televisiva andata in onda negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2003, prende avvio dal punto esatto in cui in genere si concludono le precedenti, ambientandosi in un contesto storico ben determinato: l’Africa coloniale belga di fine Ottocento.
John Clayton III è ormai ben insediato nella sua dimensione naturale di nobile d’Inghilterra e con la moglie, Jane Porter, amministra l’immensa tenuta di Greystoke. Questo fino a quando una delegazione inviata dal Primo Ministro viene a pregarlo di rappresentare il Regno Unito in una missione diplomatica, nel territorio del Congo, voluta dal capitano Léon Rom, l’emissario di Leopoldo II, il re del Belgio. Dopo un iniziale rifiuto Clayton accetta, anche grazie all’intercessione del Dottor George Whashington Williams, rappresentante del governo americano in missione per tutelare i diritti dell’uomo in territorio africano. Clayton fa così ritorno nei luoghi dove molti anni prima si era consumata la sua leggenda, quella di Tarzan, l’uomo scimmia.
Non sarà un ritorno facile.
“The Legend of Tarzan” è una pellicola che nelle sue premesse, i molti personaggi principali realmente esistiti e i ripetuti tentativi d’introspezione psicologica, promette molto. Tuttavia, vittima degli aspetti epici, la trama si trasforma ben presto in un fumettone carico di effetti speciali e trovate degne dei grandi fantasy hollywoodiani.
Così il Tarzan di Yates, interpretato con estrema fissità da Alexander Skarsgård, finisce per risplendere dei temi cari ai supereroi della Marvel Comics. A questa legge non sfuggono né i dialoghi e né l’ interpretazione del bravo Christoph Waltz, il cattivo “Léon Rom”. Non delude Margot Robbie, che tiene bene il confronto con le “Jane” del passato, e non passa inosservato, come d’abitudine, il carismatico Samuel L. Jackson nei panni del “Dottor Williams”.
Quest’ennesima pellicola sulla figura di Tarzan, il personaggio creato da Edgar Rice Burroughs, che riprende il titolo della serie televisiva andata in onda negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2003, prende avvio dal punto esatto in cui in genere si concludono le precedenti, ambientandosi in un contesto storico ben determinato: l’Africa coloniale belga di fine Ottocento.
John Clayton III è ormai ben insediato nella sua dimensione naturale di nobile d’Inghilterra e con la moglie, Jane Porter, amministra l’immensa tenuta di Greystoke. Questo fino a quando una delegazione inviata dal Primo Ministro viene a pregarlo di rappresentare il Regno Unito in una missione diplomatica, nel territorio del Congo, voluta dal capitano Léon Rom, l’emissario di Leopoldo II, il re del Belgio. Dopo un iniziale rifiuto Clayton accetta, anche grazie all’intercessione del Dottor George Whashington Williams, rappresentante del governo americano in missione per tutelare i diritti dell’uomo in territorio africano. Clayton fa così ritorno nei luoghi dove molti anni prima si era consumata la sua leggenda, quella di Tarzan, l’uomo scimmia.
Non sarà un ritorno facile.
“The Legend of Tarzan” è una pellicola che nelle sue premesse, i molti personaggi principali realmente esistiti e i ripetuti tentativi d’introspezione psicologica, promette molto. Tuttavia, vittima degli aspetti epici, la trama si trasforma ben presto in un fumettone carico di effetti speciali e trovate degne dei grandi fantasy hollywoodiani.
Così il Tarzan di Yates, interpretato con estrema fissità da Alexander Skarsgård, finisce per risplendere dei temi cari ai supereroi della Marvel Comics. A questa legge non sfuggono né i dialoghi e né l’ interpretazione del bravo Christoph Waltz, il cattivo “Léon Rom”. Non delude Margot Robbie, che tiene bene il confronto con le “Jane” del passato, e non passa inosservato, come d’abitudine, il carismatico Samuel L. Jackson nei panni del “Dottor Williams”.