di VITTORIO POLITO - A Casamassima recentemente si è ricordata la figura dello studioso monsignore Sante Montanaro, autore di ben 4 volumi dal titolo “Casamassima nella storia dei tempi” e la cosa mi ha fatto enorme piacere dal momento che ho conosciuto lo studioso presso la casa editrice Levante e mi ha invitato alla presentazione dei suoi ultimi volumi compreso “Vescovi, Badesse e Conti di Conversano a difesa del proprio potere”.
Chiaramente, mi sono occupato dei suoi libri sulle testate cui collaboravo, giornali oggi non più in attività, e nacque una bella amicizia. Il paziente ing. Leonardo Verna, che lo accompagnava con grande affetto e dedizione negli spostamenti, può confermare il tutto. Mi sono ricordato di aver recensito su “Barisera” un volume che mi fu segnalato dal suddetto monsignore dal titolo “Festa di San Rocco a Casamassima: manifesti dal 1946 al 1996” curato dal Maresciallo Onofrio Mancini: rintracciato subito il testo nella mia biblioteca mi sono riletto la dotta presentazione del prof. Montanaro al libro, di cui riporto una parte molto interessante.
«Il culto tributato da Casamassima a San Rocco e a San Sebastiano è antico di oltre 460 anni ed ha preso la forma ed accrescimento in corrispondenza delle grazie concesse da tali Santi, specialmente in occasione di alcune calamità pubbliche che ora ricorderemo. Era, per esempio, comparsa in Puglia, nel 1535, la peste: Bari, Fasano e le cittadine che si affacciano sul mare ne erano già afflitte. Presa da inquietudine, Casamassima si era chiusa nella sua cerchia muraria e si era raccomandata a San Rocco ed a San Sebastiano, promettendo, a grazia ricevuta, l’erezione di una cappella votiva in loro onore. Passato il pericolo, la popolazione diede sollecito adempimento al suo voto, per cui fece sorgere, fuori le mura, la cappella dei Santi Rocco e Sebastiano. “Chiesa del voto” fu denominata questa cappella, che esiste ancora oggi, costituendo la navata sinistra dell’odierna Chiesa del Rosario. Non si trattò certamente di un grande monumento; ma, per apprezzarla e rendersi conto che essa fu, a quei tempi, una costruzione molto meritoria, non va dimenticato che, allora, Casamassima era ancora una borgata di appena 190 famiglie con circa 1000 abitanti. Nel 1577, la primitiva Cappella dei Santi Rocco e Sebastiano divenne la Chiesa del Rosario. I Santi Rocco e Sebastiano furono ben lieti di cedere il posto di onore, nella loro Chiesa ampliata e divenuta più importante, alla Madre di Gesù, venerata sotto il titolo del Rosario. Ad altri pericoli la popolazione di Casamassima andò soggetta nel 1637. Anche in quell’anno, furono i Santi Rocco e Sebastiano, insieme alla Madonna di Costantinopoli, a proteggerla ed a procurarle aiuto e benedizioni celesti. Nel 1691, Casamassima fu di nuovo afflitta da più seri mali e da più preoccupanti spaventi. Era, infatti, ricomparsa, in provincia di Bari, la peste. Ancora una volta, la popolazione fece ricorso ai Santi Protettori Rocco e Sebastiano, e, questa volta, in forma solenne e ufficiale. Con atto notarie, il Sindaco Tommaso Maiellaro pose in bilancio comunale la somma di 14 ducati per il canto di una Messa mensile perpetua in onore dei Santi Rocco e Sebastiano, mentre l’Arciprete Sergio De Bellis si obbligava ad intervenire col Capitolo alla Messa cantata del 16 agosto, giorno nel quale l’immagine del Santo sarebbe stata portata processionalmente, dalla Chiesa matrice alla Chiesa del Rosario fuori le mura. Ebbe così inizio la festa popolare di San Rocco».
Mancini, divenuto Maresciallo Maggiore, nel 1969 viene trasferito a Ravenna dove vive tuttora, ma puntualmente ogni anno torna al suo paese nativo per la festa di San Rocco. I Pugliesi restano tali per tutta la vita e oltre, grazie anche ai libri come questo. Leggiamo nel libro che nel 1958 il Comitato Organizzatore per l’evento musicale chiamò l’orchestra di Nello Segurini, che ai più non dice niente, ma a quelli con più anni ricorda che era l’orchestra della Rai. Nel 1970 fu chiamato un cantante di nome Robertino, allora in auge, nel 1971 Tony Cucchiara e Nelly Fioramonti, nel 1972 Claudio Villa, che da ‘reuccio’ pretese un nome enorme sul manifesto, nel 1973 Marisa Sannia, nel 1975 Albano, nel 1976 Mino Reitano: la rassegna si ferma al 1996 per cui non sappiamo quello che è avvenuto negli ultimi venti anni. Nel libro che ho tra le mani ci sono delle foto molto belle a colori che testimoniano come i fuochi d’artificio fossero diventati sempre più spettacolari. Nominativi di cui oggi pochi si ricordano ci parlano da quei manifesti e ci rammentano che le cose stampate non puoi farle sparire con un colpo di spugna.
Mi è giunta voce, che il militare mio coetaneo, voglia mettere mano a tutto il materiale che ha raccolto dal 1996 ad oggi e sarebbe una cosa grandiosa, che spero vivamente vada in porto.
Da uomo fedele alle Istituzioni democratiche accolgo l’idea di Mancini con un saluto militare… nella speranza che sia ‘salutare’ per le future generazioni.