BARI - Sono oltre 158mila le case vecchie e in cattive condizioni in Puglia. Per la precisione, sono 158.297 quelle che versano in “mediocre o pessimo” stato di conservazione. Questo il dato che emerge da una ricerca del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Istat.
Nella provincia di Bari se ne contano 30.458, pari al 19,2 per cento di quelle che versano nel degrado in Puglia. Nella provincia di Barletta-Andria-Trani sono 12.397 gli immobili (pari al 7,8 per cento); in quella di Brindisi 20.230 (12,8 per cento); in quella di Foggia 26.055 (16,5 per cento); in quella di Lecce 44.750 (28,3 per cento); in quella di Taranto 24.407 (15,4 per cento).
Nell’elenco sono comprese case unifamiliari e a schiera, ville, villette, palazzine in complessi residenziali e condomini o palazzine con negozi o sedi di attività economiche in genere a piano strada.
In tutta la regione sono ben 32.252 gli edifici residenziali costruiti prima del 1918 che si trovano in stato di abbandono e degrado, pari ad un quinto del totale. Tra quelli realizzati dal 1919 al 1945 ne risultano altri 28.491 in cattivo stato, pari al 18 per cento; dal 1946 al 1960 ce ne sono altri 31.938, pari al 20 per cento; dal 1961 al 1970 altri 28.878; dal 1971 al 1980 altri 24.024; dal 1981 al 1990 altri 10.128; dal 1991 al 2000 altri 1.806; dal 2001 al 2005 altri 482; dal 2006 al 2011 altri 298.
«La ricerca elaborata dal nostro centro studi regionale ci consegna un dato davvero preoccupante: in Puglia sono moltissimi gli edifici residenziali malandati ed al di sotto di uno standard di manutenzione accettabile – così Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia.
Il tragico sisma che ha colpito il Centro Italia ha riportato l’attenzione del dibattito politico sull’enorme problema rappresentato dalla qualità costruttiva del nostro patrimonio immobiliare. Sono tantissimi gli italiani – ed i pugliesi – che vivono e lavorano in edifici a rischio, non in grado di sostenere le sollecitazioni di un terremoto di intensità medio-bassa.
Un immobile in cattive condizioni – continua il presidente – non solo mette a rischio l’incolumità dei suoi abitanti, ma presenta tutta una serie di risvolti negativi, a partire dalla questione dei consumi energetici. Un fabbricato degli anni Sessanta è quasi certamente privo di qualunque espediente tecnico in grado di ridurre la dispersione del calore da tetto, pareti ed infissi. Medesimo discorso vale per gli impianti ed i servizi: sistemi di riscaldamento, impianti idrici o elettrici obsoleti si rivelano molto dispendiosi, inefficienti e, soprattutto, pericolosi.
Secondo Sgherza «è necessario unire le forze ed articolare, tanto a livello nazionale quanto a livello locale un piano serio ed organico per mettere una volta per tutte in sicurezza il nostro territorio ed efficientare il nostro patrimonio immobiliare, a partire dal potenziamento degli incentivi fiscali per il miglioramento energetico e le ristrutturazioni.
Che si chiami “Casa Italia” o con qualsiasi altro nome, un’operazione di questo genere si tradurrebbe – peraltro – in una scossa formidabile per la nostra economia. Non solo verrebbe riattivato il comparto dell’edilizia ed il relativo indotto, che in Puglia sono stati letteralmente falcidiati dalla crisi, ma si innescherebbe un processo di crescita in grado di spingerci finalmente verso una convinta ripresa».
Nell’elenco sono comprese case unifamiliari e a schiera, ville, villette, palazzine in complessi residenziali e condomini o palazzine con negozi o sedi di attività economiche in genere a piano strada.
In tutta la regione sono ben 32.252 gli edifici residenziali costruiti prima del 1918 che si trovano in stato di abbandono e degrado, pari ad un quinto del totale. Tra quelli realizzati dal 1919 al 1945 ne risultano altri 28.491 in cattivo stato, pari al 18 per cento; dal 1946 al 1960 ce ne sono altri 31.938, pari al 20 per cento; dal 1961 al 1970 altri 28.878; dal 1971 al 1980 altri 24.024; dal 1981 al 1990 altri 10.128; dal 1991 al 2000 altri 1.806; dal 2001 al 2005 altri 482; dal 2006 al 2011 altri 298.
«La ricerca elaborata dal nostro centro studi regionale ci consegna un dato davvero preoccupante: in Puglia sono moltissimi gli edifici residenziali malandati ed al di sotto di uno standard di manutenzione accettabile – così Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia.
Il tragico sisma che ha colpito il Centro Italia ha riportato l’attenzione del dibattito politico sull’enorme problema rappresentato dalla qualità costruttiva del nostro patrimonio immobiliare. Sono tantissimi gli italiani – ed i pugliesi – che vivono e lavorano in edifici a rischio, non in grado di sostenere le sollecitazioni di un terremoto di intensità medio-bassa.
Un immobile in cattive condizioni – continua il presidente – non solo mette a rischio l’incolumità dei suoi abitanti, ma presenta tutta una serie di risvolti negativi, a partire dalla questione dei consumi energetici. Un fabbricato degli anni Sessanta è quasi certamente privo di qualunque espediente tecnico in grado di ridurre la dispersione del calore da tetto, pareti ed infissi. Medesimo discorso vale per gli impianti ed i servizi: sistemi di riscaldamento, impianti idrici o elettrici obsoleti si rivelano molto dispendiosi, inefficienti e, soprattutto, pericolosi.
Secondo Sgherza «è necessario unire le forze ed articolare, tanto a livello nazionale quanto a livello locale un piano serio ed organico per mettere una volta per tutte in sicurezza il nostro territorio ed efficientare il nostro patrimonio immobiliare, a partire dal potenziamento degli incentivi fiscali per il miglioramento energetico e le ristrutturazioni.
Che si chiami “Casa Italia” o con qualsiasi altro nome, un’operazione di questo genere si tradurrebbe – peraltro – in una scossa formidabile per la nostra economia. Non solo verrebbe riattivato il comparto dell’edilizia ed il relativo indotto, che in Puglia sono stati letteralmente falcidiati dalla crisi, ma si innescherebbe un processo di crescita in grado di spingerci finalmente verso una convinta ripresa».