di VITTORIO POLITO - Sant’Antonio di Padova, primogenito di una nobile, potente e ricca famiglia del Portogallo, è nato a Lisbona tra il 1190 ed il 1195 e gli fu imposto il nome di Fernando, mentre il giorno esatto è ancora oggetto di discussione.
Nonostante i progetti ambiziosi che nutrivano i loro genitori per Fernando, questi a 15 anni è già novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, trasferendosi poi al monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo, dove studia scienze e teologia, studi finalizzati all’ordinazione sacerdotale che avverrà nel 1219.
Nel monastero di Coimbra l’atmosfera era molto pesante, dal momento che era notevole l’ingerenza della Casa Reale, ed il priore Giovanni, forte della regia protezione, sperperava i beni della comunità conducendo addirittura una vita mondana, causando una divisione faziosa dei canonici che si schierarono pro o contro il priore.
Nel 1220 lo scandalo si allargò a tal punto che si rese necessario addirittura l’intervento del Papa, ma Fernando seppe estraniarsi dalla triste lotta, anche se ci fu qualche tentativo di coinvolgerlo dall’una o dall’altra parte. A questo punto, in seguito all’uccisione in Marocco di cinque missionari francescani, Fernando, colpito dalla gioia e dalla fede di questi frati, prese la decisione di abbandonare il suo Ordine e di entrare fra i francescani, dopo aver conosciuto il loro stile di vita e la figura carismatica di San Francesco. Questa decisione fu anche rapportata alla mediocrità della propria vita e del clima di compromessi che regnava nell’Abbazia da lui frequentata.
I frati francescani furono ben lieti di questa decisione, anche in considerazione del fatto che Fernando era un uomo colto, ma il priore, che era di tutt’altro avviso, ebbe qualche esitazione prima di concedere il consenso necessario al passaggio alla comunità dei frati minori. Cosa che avvenne fra le vibranti proteste dei parenti, assumendo il nome di Antonio, lasciando la comunità di Santa Croce e trasferendosi a Olivais. Il buon Antonio raggiunge il Marocco ma viene colpito da una malattia che lo costringe a ritornare in patria.
Fallì in questo modo il suo generoso sogno di apostolato e di martirio. Ma nella traversata di ritorno il veliero che lo riportava in Italia fu costretto, per le avverse condizioni atmosferiche, a cambiare rotta e ad attraccare sulle coste della Sicilia. Fu ospitato dai frati di Messina e per il suo fisico provato dalla malattia la convalescenza fu un vero toccasana.
Ad Assisi intanto stava per aprirsi il Capitolo generale dei frati Minori, presieduto da San Francesco, al quale furono invitati tutti i frati e così anche Antonio si incamminò verso la città umbra, ove convennero oltre 3000 frati sistemati in accampamenti di fortuna tra capanne e stuoie.
L’occasione fu propizia per Antonio, dal momento che ebbe la possibilità di incontrarsi con San Francesco, il Poverello che influì positivamente sulla decisione di seguirlo. Accettò così l’offerta di raggiungere l’eremo di Montepaolo in Romagna, espletando umili lavori di pulizia, non facendo mai trapelare la sua profonda cultura teologica ed i confratelli lo ritenevano più pratico di stoviglie che di teologia.
Intorno al 1222 un evento fece scoprire finalmente il suo talento e il suo eccezionale temperamento di predicatore. Infatti, mentre si trovava a Forlì in occasione di una ordinazione sacerdotale, mancando il predicatore incaricato, il superiore lo pregò di sostituirlo, anche perché nessuno si sentiva di improvvisare l’omelia. Il discorso rivelò l’ardente spiritualità e la profonda cultura biblica di Antonio e gli fu così conferito l’incarico di predicatore.
Tra il 1223 ed il 1224, mentre il Santo si trovava a Bologna, a quel tempo era il secondo centro universitario della Cristianità dopo Parigi, ricevette da San Francesco, l’incarico di predicare al popolo, ed anche l’approvazione per l’apertura di una scuola di teologia: venne così inaugurato il primo Studium francescano e il Santo di Padova fu il primo docente di teologia dell’Ordine dei Minori. San Francesco nella lettera dell’incarico esprimeva anche il proprio rispetto verso il teologo Antonio che evidentemente era considerato quanto di meglio al momento disponeva l’Ordine.
Verso la fine del 1224 Antonio venne inviato nella Francia meridionale, forse su richiesta dello stesso Pontefice, per tentare di arginare una dilagante eresia albigese (dal nome dell’eretico Albigi). Si spostò poi ad Arles, ove si riunì il Capitolo provinciale di Provenza: qui mentre Antonio stava tenendo una predica, apparve San Francesco in atto di benedire i suoi frati. L’avvenimento fu considerato misterioso e impressionante dal momento che San Francesco si trovava in Italia, cingendo di un alone soprannaturale il missionario.
Di ritorno in Italia gli fu affidata nuovamente la provincia di Romagna comprensivo di un vasto territorio che lo costrinse a visitare periodicamente tutti i conventi della sua giurisdizione.
Le sue prediche e il suo insegnamento erano centrati sulla penitenza e sulla confessione. I vizi contro i quali Antonio si batteva e condannava con maggiore intensità erano il furto, l’usura, la superbia, la lussuria e l’avarizia.
Per pregare in solitudine si fece costruire una cella in un grande albero di noce nelle vicinanze del convento ed a sera rientrava nell’eremo.
Il 13 giugno 1231 – unica data certa della vita del Santo – Antonio fu colpito da un collasso; i frati che lo soccorsero si resero subito conto della gravità della situazione e poiché il Santo manifestò l’idea di essere riportato al convento di Santa Maria Mater Domini di Padova, i suoi fedeli frati, mentre lo accompagnavano, si resero conto che la situazione diventava sempre più grave. Allora decisero di fermarsi al monastero di Santa Maria de Cella (Arcella) e Antonio fu adagiato su un lettino in una cella ed i frati gli si strinsero intorno per accompagnare con la preghiera le sue ultime ore. Morì a 36 anni non ancora compiuti.
Solo nel 1263 il suo corpo fu traslato nella nuova chiesa; per l’occasione venne aperto il sarcofago, presente San Bonaventura, e fu notato che la lingua era intatta. San Bonaventura la mostrò alla folla esclamando: “O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora è a tutti noi noto quanto merito hai acquistato presso Dio”.
Nessuna immagine del Santo è disponibile dal vero. Le rappresentazioni popolari ce lo presentano come un giovane di grossa corporatura, vestito del saio religioso. Il libro che lo accompagna è il simbolo della sua solida conoscenza della Scrittura. Compare anche un giglio, simbolo di castità e spesso porta in braccio Gesù Bambino in ricordo di una apparizione, avvenuta in una delle sue frequenti estasi.
Pio XII nel 1946 lo proclamò “Dottore della Chiesa”.
Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita a Padova (12 settembre 1982), definì Sant’Antonio “uomo evangelico”, dichiarando che «Se noi lo onoriamo come tale, è perché noi crediamo che lo Spirito Santo ha abitato in lui in modo straordinario arricchendolo con i suoi meravigliosi doni».
Ed ora qualche curiosità. Al Santo è attribuito il potere di ritrovare gli oggetti smarriti, caratteristica che si addice anche ai portatori del nome Antonio, che non considerano mai una partita persa. A proposito dell’etimologia del nome, gli esperti propongono due versioni: dal greco anthos, “fiore”, e dal latino antonius, “inestimabile”. La diversità è forse solo apparente: per esprimere il concetto di migliore non si usa forse l’immagine del fiore? Più probabilmente il nome Antonio deriva dal patronimico romano Antonius, appartenuto al tribuno Marcantonio, che si arrese prima al fascino di Cleopatra e poi all’esercito di Giulio Cesare.
Sant’Antonio da Padova, Patrono del Portogallo, è anche protettore degli orfani, dei messaggeri, delle reclute, dei naufraghi, degli affamati, dei poveri e dei prigionieri.
In Puglia Sant’Antonio è tra i più festeggiati. Numerose sono le manifestazioni a lui dedicate. Bari, Martina Franca, Ceglie Messapica, Fragagnano, Salve, Ortanova, San Paolo Civitate, Cisternino, Mottola, Gioia del Colle, Alberobello, Alessano, Minervino di Lecce, Felline, Galatina e Ugento, che rappresentano solo una parte delle città che vedono la partecipazione di molti cittadini, particolarmente devoti al Santo di Padova, in occasione delle celebrazioni.
La Chiesa di Sant’Antonio da Padova di Bari è stata elevata recentemente (8 dicembre 2015), al rango di Santuario dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci.
Si festeggia, com’è noto, il 13 giugno, giorno della sua morte.
Nonostante i progetti ambiziosi che nutrivano i loro genitori per Fernando, questi a 15 anni è già novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, trasferendosi poi al monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo, dove studia scienze e teologia, studi finalizzati all’ordinazione sacerdotale che avverrà nel 1219.
Nel monastero di Coimbra l’atmosfera era molto pesante, dal momento che era notevole l’ingerenza della Casa Reale, ed il priore Giovanni, forte della regia protezione, sperperava i beni della comunità conducendo addirittura una vita mondana, causando una divisione faziosa dei canonici che si schierarono pro o contro il priore.
Nel 1220 lo scandalo si allargò a tal punto che si rese necessario addirittura l’intervento del Papa, ma Fernando seppe estraniarsi dalla triste lotta, anche se ci fu qualche tentativo di coinvolgerlo dall’una o dall’altra parte. A questo punto, in seguito all’uccisione in Marocco di cinque missionari francescani, Fernando, colpito dalla gioia e dalla fede di questi frati, prese la decisione di abbandonare il suo Ordine e di entrare fra i francescani, dopo aver conosciuto il loro stile di vita e la figura carismatica di San Francesco. Questa decisione fu anche rapportata alla mediocrità della propria vita e del clima di compromessi che regnava nell’Abbazia da lui frequentata.
I frati francescani furono ben lieti di questa decisione, anche in considerazione del fatto che Fernando era un uomo colto, ma il priore, che era di tutt’altro avviso, ebbe qualche esitazione prima di concedere il consenso necessario al passaggio alla comunità dei frati minori. Cosa che avvenne fra le vibranti proteste dei parenti, assumendo il nome di Antonio, lasciando la comunità di Santa Croce e trasferendosi a Olivais. Il buon Antonio raggiunge il Marocco ma viene colpito da una malattia che lo costringe a ritornare in patria.
Fallì in questo modo il suo generoso sogno di apostolato e di martirio. Ma nella traversata di ritorno il veliero che lo riportava in Italia fu costretto, per le avverse condizioni atmosferiche, a cambiare rotta e ad attraccare sulle coste della Sicilia. Fu ospitato dai frati di Messina e per il suo fisico provato dalla malattia la convalescenza fu un vero toccasana.
Ad Assisi intanto stava per aprirsi il Capitolo generale dei frati Minori, presieduto da San Francesco, al quale furono invitati tutti i frati e così anche Antonio si incamminò verso la città umbra, ove convennero oltre 3000 frati sistemati in accampamenti di fortuna tra capanne e stuoie.
L’occasione fu propizia per Antonio, dal momento che ebbe la possibilità di incontrarsi con San Francesco, il Poverello che influì positivamente sulla decisione di seguirlo. Accettò così l’offerta di raggiungere l’eremo di Montepaolo in Romagna, espletando umili lavori di pulizia, non facendo mai trapelare la sua profonda cultura teologica ed i confratelli lo ritenevano più pratico di stoviglie che di teologia.
Intorno al 1222 un evento fece scoprire finalmente il suo talento e il suo eccezionale temperamento di predicatore. Infatti, mentre si trovava a Forlì in occasione di una ordinazione sacerdotale, mancando il predicatore incaricato, il superiore lo pregò di sostituirlo, anche perché nessuno si sentiva di improvvisare l’omelia. Il discorso rivelò l’ardente spiritualità e la profonda cultura biblica di Antonio e gli fu così conferito l’incarico di predicatore.
Chiesa Sant'Antonio, Bari |
Verso la fine del 1224 Antonio venne inviato nella Francia meridionale, forse su richiesta dello stesso Pontefice, per tentare di arginare una dilagante eresia albigese (dal nome dell’eretico Albigi). Si spostò poi ad Arles, ove si riunì il Capitolo provinciale di Provenza: qui mentre Antonio stava tenendo una predica, apparve San Francesco in atto di benedire i suoi frati. L’avvenimento fu considerato misterioso e impressionante dal momento che San Francesco si trovava in Italia, cingendo di un alone soprannaturale il missionario.
Di ritorno in Italia gli fu affidata nuovamente la provincia di Romagna comprensivo di un vasto territorio che lo costrinse a visitare periodicamente tutti i conventi della sua giurisdizione.
Le sue prediche e il suo insegnamento erano centrati sulla penitenza e sulla confessione. I vizi contro i quali Antonio si batteva e condannava con maggiore intensità erano il furto, l’usura, la superbia, la lussuria e l’avarizia.
Per pregare in solitudine si fece costruire una cella in un grande albero di noce nelle vicinanze del convento ed a sera rientrava nell’eremo.
Il 13 giugno 1231 – unica data certa della vita del Santo – Antonio fu colpito da un collasso; i frati che lo soccorsero si resero subito conto della gravità della situazione e poiché il Santo manifestò l’idea di essere riportato al convento di Santa Maria Mater Domini di Padova, i suoi fedeli frati, mentre lo accompagnavano, si resero conto che la situazione diventava sempre più grave. Allora decisero di fermarsi al monastero di Santa Maria de Cella (Arcella) e Antonio fu adagiato su un lettino in una cella ed i frati gli si strinsero intorno per accompagnare con la preghiera le sue ultime ore. Morì a 36 anni non ancora compiuti.
Solo nel 1263 il suo corpo fu traslato nella nuova chiesa; per l’occasione venne aperto il sarcofago, presente San Bonaventura, e fu notato che la lingua era intatta. San Bonaventura la mostrò alla folla esclamando: “O lingua benedetta, che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora è a tutti noi noto quanto merito hai acquistato presso Dio”.
Nessuna immagine del Santo è disponibile dal vero. Le rappresentazioni popolari ce lo presentano come un giovane di grossa corporatura, vestito del saio religioso. Il libro che lo accompagna è il simbolo della sua solida conoscenza della Scrittura. Compare anche un giglio, simbolo di castità e spesso porta in braccio Gesù Bambino in ricordo di una apparizione, avvenuta in una delle sue frequenti estasi.
Pio XII nel 1946 lo proclamò “Dottore della Chiesa”.
Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita a Padova (12 settembre 1982), definì Sant’Antonio “uomo evangelico”, dichiarando che «Se noi lo onoriamo come tale, è perché noi crediamo che lo Spirito Santo ha abitato in lui in modo straordinario arricchendolo con i suoi meravigliosi doni».
Ed ora qualche curiosità. Al Santo è attribuito il potere di ritrovare gli oggetti smarriti, caratteristica che si addice anche ai portatori del nome Antonio, che non considerano mai una partita persa. A proposito dell’etimologia del nome, gli esperti propongono due versioni: dal greco anthos, “fiore”, e dal latino antonius, “inestimabile”. La diversità è forse solo apparente: per esprimere il concetto di migliore non si usa forse l’immagine del fiore? Più probabilmente il nome Antonio deriva dal patronimico romano Antonius, appartenuto al tribuno Marcantonio, che si arrese prima al fascino di Cleopatra e poi all’esercito di Giulio Cesare.
Sant’Antonio da Padova, Patrono del Portogallo, è anche protettore degli orfani, dei messaggeri, delle reclute, dei naufraghi, degli affamati, dei poveri e dei prigionieri.
In Puglia Sant’Antonio è tra i più festeggiati. Numerose sono le manifestazioni a lui dedicate. Bari, Martina Franca, Ceglie Messapica, Fragagnano, Salve, Ortanova, San Paolo Civitate, Cisternino, Mottola, Gioia del Colle, Alberobello, Alessano, Minervino di Lecce, Felline, Galatina e Ugento, che rappresentano solo una parte delle città che vedono la partecipazione di molti cittadini, particolarmente devoti al Santo di Padova, in occasione delle celebrazioni.
La Chiesa di Sant’Antonio da Padova di Bari è stata elevata recentemente (8 dicembre 2015), al rango di Santuario dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Monsignor Francesco Cacucci.
Si festeggia, com’è noto, il 13 giugno, giorno della sua morte.