ALESSANDRO NARDELLI - Il dibattito referendario in Italia, in vista del voto del 4 dicembre, giorno dopo giorno si sta infiammando sempre di più. Talk show quasi ogni giorno, dibattiti tra parti avverse, dichiarazioni quotidiane del politico nazionale di turno, il tutto culminato nello “scontro” televisivo tra un Eminente Costituzionalista come Gustavo Zagrebelsky e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il Giornale di Puglia ha intervistato il prof. Enrico Cuccodoro, Professore di Diritto Costituzionale dell’Università del Salento, nonché Coordinatore nazionale dell’Osservatorio Istituzionale per la libertà e la giustizia sociale “Sandro e Carla Pertini”. Ha ricevuto il premio speciale alla cultura 2016 “Montis Silvani”. E’ stato insignito della Cittadinanza Onoraria della Città di Santa Cesarea Terme. Queste le sue parole:
1) Professore, qual è il suo giudizio, da costituzionalista, sul dibattito referendario, in vista del voto del 4 dicembre?
1) Le tematiche indicate da questo dibattito referendario, sono davvero molto imbricate fra di loro, ma “Mi tocca, in coscienza”, come avrebbe detto e fatto senz'altro il mio compianto, grande amico e Collega, Memmo Floridia, con il quale abbiamo "condiviso" la fase pionieristica, avventurosa ed entusiasmante del "confronto" sulle innovazioni e i percorsi di riforma costituzionale in Italia, fin dal lontano 1979/1980 in poi, periodo in cui, tanti cultori e osservatori, rimasero sorpresi, spesso ammutoliti e silenti, se non proprio sdegnati.
Oggi, invece, in troppi parlano, e sorvolo qui sul come tanti lo fanno in pubblico, in privato o sui social network, e, soprattutto certi "Costituzionalisti", si lasciano prendere troppo la mano invece di marcare proprio l'autonomia scientifica e l’indipendenza morale della nostra dottrina più seria e alta. Bisognerebbe chiedersi il perché di tutto ciò, ma la spiegazione è facilmente intuibile…
2) A quali rischi potrebbero esporsi tanti suoi Colleghi, accentuando in maniera così blanda, la loro posizione in merito a questo dibattito così scottante?
2) La distorsione a cui sono andati inevitabilmente incontro, è un essersi posti "loro stessi" in dialettica personale con il "potere politico" e chi lo esprime. Un fatto, questo, assolutamente inedito e davvero preoccupante, in 70 anni di storia della nostra Repubblica, con un incisivo schieramento "ideologico o fideistico", come ci fosse, dunque, una "Scuola di curia del gubernaculum di Palazzo Chigi e immediati dintorni" e un sinedrio "eretico" di frammentati e rancorosi studiosi molti "laudoteres temporis acti". Tutti questi, dell'una e dell'altra compagine e compagnia di giro, distribuiti su opposte rive e frontiere.
3) Perché le ragioni di un così acceso protagonismo con posizioni tanto radicali e differenti?
3) Indubbiamente c'è l'esigenza di fare chiarezza e spiegare ai cittadini luci e ombre, vantaggi e svantaggi del testo di riforma. Non ci dovrebbe essere da parte di chi commenta la revisione, l’intento di visibilità che fa il paio con un’aspettativa di riconoscenza futura per rispettive carriere e prospettive di chiamata in campo con incarichi apicali o di marcato tornaconto.
Tutto ciò, porta a un forte declino dell'Università come Accademia delle più libere idee tanto di scienza, quanto di politica/antipolitica, moralità e corruzione, con un concetto di democrazia "veduta da qualcuno", uguale addirittura all'oligarchia. Per riprendere il saggio ammonimento lungimirante sul "futuro che avanza" di Aldo Moro, “sia forse quel segno, poco nobile e deprimente senz'altro, dei tempi che viviamo, e poi effetto di troppe crisi concentriche che, da varie dimensioni e prospettive, anche di imperante relativismo, ottenebrano menti, linguaggi e comportamenti?”
4) Che valore può avere, secondo lei, questa chiamata al voto, da parte dei cittadini?
4) Per me appare fondamentale, più che discettare sulla "formulazione" di tale tanto dibattuta riforma, evidenziare il valore e la responsabilità di tutti i cittadini elettori "referendari", posti davanti al decisivo, singolare "potere costituente". Allorquando il 4 dicembre, coscienziosamente, se intenderemo farlo, deporremo nell'urna la nostra scheda, daremo vita a una multiforme singolare "valenza" di indubbio indirizzo politico. Un importante aspetto strategico che un grandissimo Maestro del diritto pubblico, come Carlo Lavagna, spesso inascoltato per l'illuminato e saggio insegnamento, tuttavia sempre tanto realista, delle vicende umane, politiche e costituzionali del nostro articolato quadro nazionale, chiamava essere l'avvio, anche in queste ipotesi, tra favorevoli e contrari, del "processo politico" sostanziale.
1) Professore, qual è il suo giudizio, da costituzionalista, sul dibattito referendario, in vista del voto del 4 dicembre?
1) Le tematiche indicate da questo dibattito referendario, sono davvero molto imbricate fra di loro, ma “Mi tocca, in coscienza”, come avrebbe detto e fatto senz'altro il mio compianto, grande amico e Collega, Memmo Floridia, con il quale abbiamo "condiviso" la fase pionieristica, avventurosa ed entusiasmante del "confronto" sulle innovazioni e i percorsi di riforma costituzionale in Italia, fin dal lontano 1979/1980 in poi, periodo in cui, tanti cultori e osservatori, rimasero sorpresi, spesso ammutoliti e silenti, se non proprio sdegnati.
Oggi, invece, in troppi parlano, e sorvolo qui sul come tanti lo fanno in pubblico, in privato o sui social network, e, soprattutto certi "Costituzionalisti", si lasciano prendere troppo la mano invece di marcare proprio l'autonomia scientifica e l’indipendenza morale della nostra dottrina più seria e alta. Bisognerebbe chiedersi il perché di tutto ciò, ma la spiegazione è facilmente intuibile…
2) A quali rischi potrebbero esporsi tanti suoi Colleghi, accentuando in maniera così blanda, la loro posizione in merito a questo dibattito così scottante?
2) La distorsione a cui sono andati inevitabilmente incontro, è un essersi posti "loro stessi" in dialettica personale con il "potere politico" e chi lo esprime. Un fatto, questo, assolutamente inedito e davvero preoccupante, in 70 anni di storia della nostra Repubblica, con un incisivo schieramento "ideologico o fideistico", come ci fosse, dunque, una "Scuola di curia del gubernaculum di Palazzo Chigi e immediati dintorni" e un sinedrio "eretico" di frammentati e rancorosi studiosi molti "laudoteres temporis acti". Tutti questi, dell'una e dell'altra compagine e compagnia di giro, distribuiti su opposte rive e frontiere.
3) Perché le ragioni di un così acceso protagonismo con posizioni tanto radicali e differenti?
3) Indubbiamente c'è l'esigenza di fare chiarezza e spiegare ai cittadini luci e ombre, vantaggi e svantaggi del testo di riforma. Non ci dovrebbe essere da parte di chi commenta la revisione, l’intento di visibilità che fa il paio con un’aspettativa di riconoscenza futura per rispettive carriere e prospettive di chiamata in campo con incarichi apicali o di marcato tornaconto.
Tutto ciò, porta a un forte declino dell'Università come Accademia delle più libere idee tanto di scienza, quanto di politica/antipolitica, moralità e corruzione, con un concetto di democrazia "veduta da qualcuno", uguale addirittura all'oligarchia. Per riprendere il saggio ammonimento lungimirante sul "futuro che avanza" di Aldo Moro, “sia forse quel segno, poco nobile e deprimente senz'altro, dei tempi che viviamo, e poi effetto di troppe crisi concentriche che, da varie dimensioni e prospettive, anche di imperante relativismo, ottenebrano menti, linguaggi e comportamenti?”
4) Che valore può avere, secondo lei, questa chiamata al voto, da parte dei cittadini?
4) Per me appare fondamentale, più che discettare sulla "formulazione" di tale tanto dibattuta riforma, evidenziare il valore e la responsabilità di tutti i cittadini elettori "referendari", posti davanti al decisivo, singolare "potere costituente". Allorquando il 4 dicembre, coscienziosamente, se intenderemo farlo, deporremo nell'urna la nostra scheda, daremo vita a una multiforme singolare "valenza" di indubbio indirizzo politico. Un importante aspetto strategico che un grandissimo Maestro del diritto pubblico, come Carlo Lavagna, spesso inascoltato per l'illuminato e saggio insegnamento, tuttavia sempre tanto realista, delle vicende umane, politiche e costituzionali del nostro articolato quadro nazionale, chiamava essere l'avvio, anche in queste ipotesi, tra favorevoli e contrari, del "processo politico" sostanziale.
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