Libri, Anna Brucoli e Felice Coviello in poesia

di VITTORIO POLITO - I poeti sono dei solitari, generalmente; dei misantropi, degli egocentrici, chiusi nelle loro torri d’avorio difficilmente escono a condividere con i comuni mortali le vicende quotidiane e banali della vita e di una più o meno normale esistenza. Ma ci può essere qualche eccezione a volte: c’è sempre speranza per il futuro.

Ho tra le mani l’ultimo numero della collana di poesia “I Quaderni del ventaglio” dell’Editore Levante di Bari; sono due poeti che hanno deciso di mettersi insieme e di pubblicare le loro poesie in un unico volume. Si tratta di Anna Brucoli con la raccolta “Schegge di Es” e di Felice Coviello con la raccolta “Marta”.

Il volume ha due copertine, una per ciascuna raccolta, che incomincia da un lato e finisce a metà libro; dove finisce a sua volta, ma “rivoltata”, la raccolta dell’altro poeta che incomincia dall’altra parte del libro, con l’altra copertina.

Sembra uno scioglilingua, un rebus senza chiave e senza soluzione, ma in verità la cosa è molto più semplice di quanto non sembri: provare per credere, cioè vedere il libro per capire. È una operazione originale, anche se non proprio totalmente inedita.

I due poeti sono alla loro prima prova letteraria, alla loro prima pubblicazione e si può immaginare l’emozione che avranno nel cuore per questa creatura che ha appena visto la luce e che ora bisognerà accompagnare nel suo lungo navigare verso un possibile lettore.

Il libro si presenta bello ed elegante nella sua foggia esteriore, come di consueto per tutte le pubblicazioni di questa collana denominata “I QUADERNI DEL VENTAGLIO”; agile, facilmente maneggevole e piacevolmente leggibile. Ora vorrei parlarvi di questa stravagante, insolita e fuori dal comune collana, ma non vorrei che l’editore Livalca mi gratificasse del suo consueto: “prima di scrivere pondera e rileggi… vi è sempre da capire e correggere qualcosa”. Affermazione rispettabile, peccato che ‘cozzi’ con i miei 16 lustri vissuti. Procediamo.

Ad una prima lettura si avverte l’ingenuità di entrambi gli autori, ma si percepisce anche la carica di energia creativa e di possibilità espressive di cui sono dotati e che certamente non mancherà di venire fuori con il tempo e la cura necessari.

La strada è lunga, forse problematica, senz’altro difficile; il timone della nave non sarà facile da governare; ci vorrà tenacia, determinazione, ostinazione, passione e soprattutto talento - su questa talentuosa parola quanti sogni si sono infranti - per superare indenni onde e marosi che saranno sufficienti a creare crisi… esistenziali.

Ma questi due autori, l’ho capito leggendo i loro versi, hanno le caratteristiche giuste, le spalle sufficientemente larghe e il cuore ben saldo nel petto ed in più, avendo letto che entrambi lavorano presso Poste Italiane, ritengo sappiano cosa significa far soffrire ‘celermente’ la gente per “lettere in arrivo e partenza”.

Non sono un veggente ma mi sento autorizzato a profetizzare che sentiremo certamente ancora parlare di Anna Brucoli e di Felice Coviello; non dimentichiamo questi due nomi, teniamoli bene a mente, perché sicuramente ritorneranno, e magari la prossima volta veleggeranno da soli per l’oceano della poesia, con un volume singolo per ciascuno di loro.  Detto ciò, dal momento che le loro poesie sono ‘schegge’ brevi, vi regalo della Brucoli il testo dal titolo ‘Già vissuto’: ‘Non voglio guardar/oltre l’orizzonte:/lì ci sono già stata. Non voglio più salire/su quella montagna:/un tempo già volai/su quelle cime…

Coviello nella poesia titolata ‘Tu’ è sintetico: Amaro amore, / dolce capriccio/della vita mia.
Sarei tentato di chiedere un parere all’Amico Joseph Tusiani a New York, per inciso amico dell’editore Gianni Cavalli e per i ‘versi comunicanti’ anche mio, ma memore di come noi italiani abbiamo tradotto ‘Strangers in the night’ del mitico Sinatra in un ‘Solo più che mai’ mi affido a…’Doo be doo be doo, Doo doo doo de da’.

Ragazzi poeti qualora non l’abbiate capito è un grande augurio che vi faccio con le parole di Aristotele: “Esercitare liberamente il proprio genio: ecco la felicità”.