BARI - Trentotto anni senza una verità sulla morte di Moro o con troppe verità. Un patto omertoso tra brigatisti e pezzi dello Stato ha fatto calare una cortina di segreti, depistaggi, bugie. Oggi, grazie al lavoro di due commissioni parlamentari - una tuttora in attività – si comincia ad avere la sensazione di poter venire a capo di quanto è successo, dove, come e perché è stato compiuto.
Si comincia a vedere la luce nel buio di uno dei più grandi misteri della storia d'Italia: il direttore di Telenorba, Enzo Magistà, lo ha fatto presente aprendo nella sua veste di moderatore del convegno che la Presidenza del Consiglio regionale ha voluto organizzare a conclusione delle celebrazioni del centenario della nascita dello statista di Maglie, assassinato nel 1978. Un evento promosso con l'Associazione consiglieri regionali e la Federazione centri studi Moro, in un'Aula consiliare gremita di studenti, dello scientifico "Amaldi" di Bitetto e dei commerciali "Giordano" di Bitonto e " Salvemini" di Molfetta.
Dopo quasi quarant'anni tante domande restano senza risposta. "Abbiamo deciso di completare il ricordo di Moro – ha introdotto il presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo - parlando dei tanti misteri e reticenze che ancora circondano i fatti di via Fani e mettendo a confronto due personalità autorevoli che alla ricerca sulla tragedia e sulle trame oscure continuano a dedicare un impegno ammirevole e nello stesso tempo utile nel percorso verso la verità", il sen. Giovanni Pellegrino, già presidente della Commissione stragi e il deputato Gero Grassi, componente dell'attuale Commissione di inchiesta sul caso Moro.
Un'iniziativa "coraggiosa", quella del parlamento pugliese, ha sottolineato l'on. Grassi, perché "è importante discutere dell'uccisione di Moro in una sede istituzionale qual è il Consiglio regionale della Puglia. In una realtà distonica come quella italiana è una scelta forte parlare del mistero Moro, mentre si preferisce parlare solo del pensiero di Moro".
Il sen. Pellegrino ha ricostruito lo scenario in cui è maturata la vicenda è stato, rendendo pienamente la "tragicità della situazione italiana dell'epoca". Il Paese era una frontiera della Guerra Fredda, diviso politicamente a metà tra due grandi partiti: la DC, espressione del blocco occidentale e il PCI di quello sovietico. Il tentativo di farli collaborare non poteva passare: Moro per questo era visto come fumo negli occhi da entrambi gli schieramenti internazionali opposti, ha osservato il senatore. "Rischiava di far saltare gli equilibri precari su cui si reggeva la democrazia della prima Repubblica. Il "patto reciproco di indicibilità" che vigeva allora ha fatto il resto, occultando ogni verità. La sua sorte, secondo Pellegrino, "è stata segnata da un calcolo costi-benefici tra Moro libero e Moro ucciso, condotto da una parte e dall'altra della barricata".
Il lavoro della bicamerale stragi si è scontrato contro veti incrociati, quello della commissione di cui fa parte l'on. Grassi ha dalla sua però tecniche inedite d'investigazione scientifica e si avvale della desecretazione degli atti disposta dal Governo nazionale.
"La verità l'avremmo già avuta se tutti avessero fatto il loro dovere per intero", ha sostenuto Grassi. "Ora siamo all'80%, i lavori precedenti erano stati costretti a fermarsi al 20%, ma grazie all'impegno passato e presente del Parlamento (4 milioni e mezzo di pagine) Moro sta finalmente uscendo dalla Renault rossa in cui il potere ha voluto lasciarlo".
Ed oggi, ha concluso, "nel Consiglio regionale della sua Puglia, abbiamo raccontato un pezzo di storia non senza qualche pugno nello stomaco, in attesa di poterla raccontare tutta".
Si comincia a vedere la luce nel buio di uno dei più grandi misteri della storia d'Italia: il direttore di Telenorba, Enzo Magistà, lo ha fatto presente aprendo nella sua veste di moderatore del convegno che la Presidenza del Consiglio regionale ha voluto organizzare a conclusione delle celebrazioni del centenario della nascita dello statista di Maglie, assassinato nel 1978. Un evento promosso con l'Associazione consiglieri regionali e la Federazione centri studi Moro, in un'Aula consiliare gremita di studenti, dello scientifico "Amaldi" di Bitetto e dei commerciali "Giordano" di Bitonto e " Salvemini" di Molfetta.
Dopo quasi quarant'anni tante domande restano senza risposta. "Abbiamo deciso di completare il ricordo di Moro – ha introdotto il presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo - parlando dei tanti misteri e reticenze che ancora circondano i fatti di via Fani e mettendo a confronto due personalità autorevoli che alla ricerca sulla tragedia e sulle trame oscure continuano a dedicare un impegno ammirevole e nello stesso tempo utile nel percorso verso la verità", il sen. Giovanni Pellegrino, già presidente della Commissione stragi e il deputato Gero Grassi, componente dell'attuale Commissione di inchiesta sul caso Moro.
Un'iniziativa "coraggiosa", quella del parlamento pugliese, ha sottolineato l'on. Grassi, perché "è importante discutere dell'uccisione di Moro in una sede istituzionale qual è il Consiglio regionale della Puglia. In una realtà distonica come quella italiana è una scelta forte parlare del mistero Moro, mentre si preferisce parlare solo del pensiero di Moro".
Il sen. Pellegrino ha ricostruito lo scenario in cui è maturata la vicenda è stato, rendendo pienamente la "tragicità della situazione italiana dell'epoca". Il Paese era una frontiera della Guerra Fredda, diviso politicamente a metà tra due grandi partiti: la DC, espressione del blocco occidentale e il PCI di quello sovietico. Il tentativo di farli collaborare non poteva passare: Moro per questo era visto come fumo negli occhi da entrambi gli schieramenti internazionali opposti, ha osservato il senatore. "Rischiava di far saltare gli equilibri precari su cui si reggeva la democrazia della prima Repubblica. Il "patto reciproco di indicibilità" che vigeva allora ha fatto il resto, occultando ogni verità. La sua sorte, secondo Pellegrino, "è stata segnata da un calcolo costi-benefici tra Moro libero e Moro ucciso, condotto da una parte e dall'altra della barricata".
Il lavoro della bicamerale stragi si è scontrato contro veti incrociati, quello della commissione di cui fa parte l'on. Grassi ha dalla sua però tecniche inedite d'investigazione scientifica e si avvale della desecretazione degli atti disposta dal Governo nazionale.
"La verità l'avremmo già avuta se tutti avessero fatto il loro dovere per intero", ha sostenuto Grassi. "Ora siamo all'80%, i lavori precedenti erano stati costretti a fermarsi al 20%, ma grazie all'impegno passato e presente del Parlamento (4 milioni e mezzo di pagine) Moro sta finalmente uscendo dalla Renault rossa in cui il potere ha voluto lasciarlo".
Ed oggi, ha concluso, "nel Consiglio regionale della sua Puglia, abbiamo raccontato un pezzo di storia non senza qualche pugno nello stomaco, in attesa di poterla raccontare tutta".