di NICOLA ZUCCARO - "Comunque vada il Referendum vi chiedo una mano perchè il Sindaco è una parte dirigente di questo Paese". Nel presentare in anteprima i contenuti della Legge di Stabilità 2017 (in dirittura d'arrivo per sabato e che costringerà il Governo a lavorare anche di notte) e forte del suo precedente ruolo di primo cittadino di Firenze, all'indomani
dell'intervento di Sergio Mattarella dalla stessa tribuna congressuale, ha accolto l'invito del Capo dello Stato ad abbassare i toni, non scendendo nella dialettica refendaria che anima il dibattito politico di questi ultimi giorni e aprendo le porte ai suoi (ex) colleghi nel discutere sulla centralità da attribuire ai Comuni; sia essi piccoli, sia essi Città metropolitane.
Cosa si nasconde dietro quest'ultima esternazione del Premier? Due le ipotesi. La prima corrisponderebbe alla consapevolezza di una probabile o quasi certa sconfitta del Sì, in relazione alla quale Renzi, anche alla luce del ricorso presentato nei giorni scorsi dal Presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida al Tribunale Civile di Milano e motivato dalla poca chiarezza del quesito referendario, aprirebbe già le trattative con l'ANCI per un tavolo di confronto post-referendario.
La seconda ipotesi, supportata e motivata dal suo ascendente democristiano caratterizzato dall'accontentare questo o quello, sarebbe - come da lui stesso richiamato, citando quale esempio Graziano Del Rio - che colui che esce dalla Presidenza dell'ANCI divenga prima o poi Ministro di un esecutivo, possibilmente a guida renziana.
Un richiamo doppio, considerata la standing ovation nuovamente tributata nel pomeriggio del 13 ottobre a Piero Fassino e che come indizio condurrebbe all'esponente politico torinese, in virtù del ruolo di conoscitore della Sinistra italiana e di mediatore all'interno di un Partito Democratico (a tutt'oggi diviso e a rischio scissione per le divergenze referendarie) quale eventuale e prossimo Ministro delle Riforme Costituzionali al posto di Maria Elena Boschi, in un Renzi bis che potrebbe nascere in caso di vittoria del NO dal 5 dicembre e che si protrarrà nella sua durata, fino al 2018.
Cosa si nasconde dietro quest'ultima esternazione del Premier? Due le ipotesi. La prima corrisponderebbe alla consapevolezza di una probabile o quasi certa sconfitta del Sì, in relazione alla quale Renzi, anche alla luce del ricorso presentato nei giorni scorsi dal Presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida al Tribunale Civile di Milano e motivato dalla poca chiarezza del quesito referendario, aprirebbe già le trattative con l'ANCI per un tavolo di confronto post-referendario.
La seconda ipotesi, supportata e motivata dal suo ascendente democristiano caratterizzato dall'accontentare questo o quello, sarebbe - come da lui stesso richiamato, citando quale esempio Graziano Del Rio - che colui che esce dalla Presidenza dell'ANCI divenga prima o poi Ministro di un esecutivo, possibilmente a guida renziana.
Un richiamo doppio, considerata la standing ovation nuovamente tributata nel pomeriggio del 13 ottobre a Piero Fassino e che come indizio condurrebbe all'esponente politico torinese, in virtù del ruolo di conoscitore della Sinistra italiana e di mediatore all'interno di un Partito Democratico (a tutt'oggi diviso e a rischio scissione per le divergenze referendarie) quale eventuale e prossimo Ministro delle Riforme Costituzionali al posto di Maria Elena Boschi, in un Renzi bis che potrebbe nascere in caso di vittoria del NO dal 5 dicembre e che si protrarrà nella sua durata, fino al 2018.