L’investimento e tutti i rischi del risparmiatore
MILANO - Ogni investitore che dopo un periodo di studio e d’analisi si ritrova ad aver adottato la decisione di “puntare” i propri risparmi, affidandosi a strumenti finanziari online, deve anche essere ben consapevole dei rischi e delle variabili a cui va incontro. Una delle variabili più incerte e “ballerine” è senza dubbio il prezzo dello strumento, che varia a seconda della sua natura in maniera più o meno accentuata.
Bisogna innanzitutto distnguere, come spiega la Consob - Commissione Nazionale per le Società e per la Borsa - tra i titoli di capitale, come possono essere le classiche azioni, e i titoli di debito, come le obbligazioni e i certificati di deposito. Nel primo caso, si diventa automaticamente soci di chi emette le azioni, condividendo con la stessa aziende emittente l’intero rischio economico ma anche ottenendo annualmente il dividendo sugli utili conseguiti. Tale percentuale potrebbe però anche non essere assegnata ai soci qualora l’assemblea dei soci decida in tal senso. In caso di acquisizione di titoli di debito, il risparmiatore diventa finanziatore della società o degli enti emittenti, e di conseguenza può accedere agli interessi previsti e ad eventuali rimborso dei capitali.
Bisogna innanzitutto distnguere, come spiega la Consob - Commissione Nazionale per le Società e per la Borsa - tra i titoli di capitale, come possono essere le classiche azioni, e i titoli di debito, come le obbligazioni e i certificati di deposito. Nel primo caso, si diventa automaticamente soci di chi emette le azioni, condividendo con la stessa aziende emittente l’intero rischio economico ma anche ottenendo annualmente il dividendo sugli utili conseguiti. Tale percentuale potrebbe però anche non essere assegnata ai soci qualora l’assemblea dei soci decida in tal senso. In caso di acquisizione di titoli di debito, il risparmiatore diventa finanziatore della società o degli enti emittenti, e di conseguenza può accedere agli interessi previsti e ad eventuali rimborso dei capitali.
A parità
di condizioni, volendo fare una scala di rischi, i pericoli maggiori si
riscontrano in caso di titoli di capitale, perché la remunerazione è fortemente
legata all’andamento economico, mentre chi possiede titoli di debito si espone
a rischi solo in caso di crac finanziario della società emittente. Nel caso il
risparmiatore si trovi coinvolto in un fallimento, chi possiede titoli di
debito può partecipare alla suddivisione dei proventi, mentre chi ha acquistato
titoli di capitale non può ottenere un rimborso. Per entrambe le tipologie di risparmiatori, i rischi possono
essere idealmente suddivisi in due categorie: il titolo specifico e quello
generico.
La prima categoria dipende dalle caratteristiche della società
emittente, e può essere ridotto suddividendo gli investimenti legati a diversi
emittenti. In ogni caso, i titoli di capitale sono direttamente legati alle
aspettative sulle prospettive di guadagno, e i tassi di interesse devono sempre
essere valutati sulla base del rendimento proposto dai titoli di stato. Il
rischio generico, conosciuto anche con l’aggettivo di sistematico, nasce dalle
variazioni generiche del mercato e dai movimenti dell’indice. Per quel che
riguarda i titoli di debito, molto dipende dalle fluttuazioni dei tassi di
interesse, che si ripercuotono sui prezzi con una valenza direttamente
proporzionale alla lunghezza della “vita residua” del titolo. Tale misura è
dunque costantemente adeguata alle condizioni di mercato, ma i rendimenti
diventano effettivi se il titolo resta nelle mani dell’imprenditore fino alla
sua naturale scadenza: un’eventuale mobilizzazione comporterebbe infatti
un’eventuale declassamento economico del rendimento. È per questo che un’altra
variabile importante da non sottovalutare da parte del risparmiatore è il
tempo, che regolamenta in maniera importante i flussi di interesse e
l’adeguatezza degli investimenti.
Non è da sottovalutare anche il rischio di credito, ossia
quel valore che misura la possibilità che l’emittente non paghi le cedole e di
conseguenza non riesca a rimborsare il capitale. Tale rischio è misurabile
attraverso due varianti: la probabilità di default aziendale e la valutazione
delle agenzie di rating. Il rischio di mercato è invece quel valore numerico
che identifica le perdite causate dalle variazioni dei prezzi e dall’andamento
generale del mercato, ed ha come unità di misura la volatilità o Valore a
Rischio (Var). Con il rischio di liquidità si indica invece quel valore
relativo alle difficoltà di disinvestire il titolo perdendo ingenti somme. Il
rischio di liquidità si può misurare tenendo conto del turn-over realizzati sul
titolo, ossia del numero e della frequenza degli scambi. Altri “pericoli” che
corre l’investitore sono legati proprio alla diversificazione, che anche in presenza
di fondi comuni aperti potrebbero provocare una confusione dovuta soprattutto
al livello d’esperienza del player.
“Diversificazione,
costi e rischi devono essere quindi concetti chiari a tutti gli investitori”,
sottolinea
il roboadvisor Moneyfarm. Diversificare gli investimenti in asset diversi
permette di ridurre l’esposizione al rischio. Ridurre al mino i costi di
gestione selezionando prodotti efficienti ed evitando di pagare costi inutili è
una buona pratica da adottare. Infine, come sottolineato in precedenza, anche
la diversificazione presenta i suoi pericoli, ma se i rischi vengono gestiti in
maniera adeguata, diventano un’opportunità.