di VITTORIO POLITO - Il presepe, com’è noto, è la rappresentazione della nascita di Gesù che si fa nelle chiese e nelle case durante le feste natalizie e che riproduce scenicamente la Natività e l’Adorazione dei Magi. La diffusione del presepio è dovuta ai Francescani, ai Domenicani ed in seguito ai Gesuiti, da un’idea di San Francesco dalla quale ebbe origine il famoso presepio di Greccio.
In base a quanto riferisce l’evangelista Luca, Gesù nacque in una stalla, o comunque in un luogo destinato al ricovero degli animali. Infatti la parola ‘Presepio’ deriva etimologicamente dal verbo latino ‘praesepire’ per cui assume il significato odierno di mangiatoia, greppia.
Il termine pare comparso per la prima volta a proposito della basilica Mariana dell’Esquilino, Santa Maria Maggiore, chiamata sin dal VII secolo “Sancta Maria ad praesepe”, in quanto in tale epoca, secondo la tradizione, vi furono traslate le reliquie della Sacra Culla.
Dalla voce del basso latino “cripia” traducibile egualmente come mangiatoia, derivano i termini “crechè”, “crib”, “krippe”, “krubba”, che indicano il Presepio rispettivamente nelle lingue francese, inglese, tedesco e svedese. Allo stesso modo, in Polonia si parla di “szopka” e in Russia di “wertep”, termini aventi sempre il significato di greppia.
Dal 1289, anno in cui Arnolfo di Cambio, scultore e architetto, scolpì le sue statue per la Basilica di Santa Maria Maggiore, quella che è considerata la sede della prima rappresentazione del Presepio, bisognerà attendere quasi tre secoli per aver notizie certe, fondate su documenti probanti, circa l’esistenza di Presepi a Roma, e precisamente il 1581, quando il francescano spagnolo Juan Francisco Nuno, che aveva avuto l'incarico di condurre una ricerca sui conventi romani, riferisce come il Presepio venisse regolarmente allestito nei monasteri e nelle chiese e, come soprattutto quello dell’Aracœli, richiamasse una gran folla di fedeli, con la statua del Santo Bambino intagliata, secondo la tradizione, da un anonimo frate francescano in un tronco di ulivo del Getsemani.
Da allora, come avvenne a Napoli, a Genova e in Sicilia, il Presepio dalle chiese si diffuse alle case patrizie, con costruzioni artificiose e spettacolari il cui fine, in obbedienza ai canoni estetici barocchi, era quello di meravigliare, più che di edificare, e alla cui realizzazione parteciparono artisti eminenti (Bernini ne allestì uno per il principe Barberini).
Al ’700 appartengono il Presepio delle Clarisse di San Lorenzo, costituito da cinque grandi statue, quelli di Santa Maria in Trastevere e delle Benedettine del Monastero di Santa Cecilia.
Più ricca è la documentazione pervenutaci sull’Ottocento, quando l’uso di allestire il Presepio si allarga a tutti i ceti sociali, con la produzione di statuine in terracotta a basso costo, modellate da scultori mediocri, e ricavate con stampi dai “bucalettari” di Trastevere. È una curiosità che lo stesso Bartolomeo Pinelli, “er pittor de Trastevere”, da ragazzo lavorò nella bottega del padre, figurinaio, plasmando in terracotta pupazzi da presepio.
Alcuni presepi vengono innalzati su portici di basiliche, su terrazze e loggette, con una scenografia naturale e il cielo come sfondo. Fra questi, il Presepio più visitato era quello che l’industriale Forti allestiva ogni anno in Trastevere, con figure realizzate con una tecnica particolare: il tronco di legno, testa ed arti di cartapesta, abiti di tela indurita con colla e poi colorata.
Come si evince, il Presepio romano è, nell’insieme, meno sfarzoso e più severo rispetto al modello partenopeo: la Sacra Famiglia ritorna al centro della composizione, le figure sono meno sontuose, la scenografia più sobria e contenuta. Peraltro, molto curato è il fondale, che riproduce di solito il paesaggio della campagna romana.
A Napoli, verso la metà del Cinquecento, con l’abbandono del simbolismo medioevale, nasce il Presepio moderno. La tradizione ne attribuisce il merito a San Gaetano da Thiene che, esaltato dal mistero della Natività, allestì nel 1534, nell’oratorio di Santa Maria della Stalletta, presso l’Ospedale degli Incurabili, un grande Presepio con figure lignee fisse, abbigliate secondo la foggia del tempo. Su questa scia, nel corso del Cinquecento numerosi furono i Presepi costruiti a Napoli in chiese e monasteri, ma bisognerà attendere il secolo successivo per l’affermarsi del Presepio mobile a figure articolabili, il cui primo esempio fu quello allestito dai padri Scolopi nel Natale del 1627.
Da ricordare anche il Presepio della chiesa di Santa Maria in Portico, commissionato dalla duchessa Orsini, e l’allestimento realizzato dalla bottega del Ceraso per la chiesa di San Gregorio Armeno. Ma il secolo d’oro dell’arte presepiale a Napoli sarà il ’700. Con Carlo III di Borbone infatti, la città, ridivenuta capitale di un regno autonomo dopo essere stata, per oltre due secoli, una provincia spagnola, va ad annoverarsi tra le più brillanti capitali europee, conoscendo, grazie soprattutto al mecenatismo del suo sovrano, una meravigliosa fioritura culturale ed artistica, della quale il presepio costituirà una delle espressioni più splendide.
Infine, dal momento che la cartapesta, fin dalle sue origini, rappresenta un’arte tipicamente leccese, molto diffusa perché i motivi e la lavorazione erano e rimangono essenzialmente popolari e soprattutto di basso costo, parliamo del Presepio leccese. La cartapesta è composta da carta ricavata da stracci o da carta di giornale, perché non contiene cellulosa, pestata fino ad essere ridotta in poltiglia, mescolata con colla di farina, e quindi bollita con acqua avvelenata, per impedire la tarlatura. Il composto così ottenuto viene poi disposto a strati, il cui spessore varia a seconda delle dimensioni della figura.
Le prime opere in cartapesta vengono datate intorno al sedicesimo secolo, ma solo nell’Ottocento si hanno dati certi che indicano caposcuola Pietro Sorgente (1742-1827), detto “Maestro Pietro dei Cristi”, soprannome attribuitogli perché era solito modellare immagini sacre.
Alla fine del secolo erano essenzialmente i barbieri, a corto di clienti, che lavoravano la cartapesta, per incrementare i loro scarsi guadagni, per cui ogni “salone” diventava anche laboratorio di “figurinaio”. Le statuine così realizzate venivano poi vendute alla Fiera dei Pupi e dei Pastori, che ancora oggi si svolge a Lecce nel giorno di Santa Lucia.
Per concludere una curiosità. Esiste in Italia sull’autostrada Milano-Venezia il Museo del Presepio, nato dalla volontà di don Giacomo Piazzoli 1920-1988), un prete straordinario, seriamente impegnato nel sociale, che ancora oggi, a quasi trent’anni dalla scomparsa è ricordato con affetto da tutti i suoi parrocchiani e soprattutto dagli “Amici del Presepio”, un’associazione di volontari dotati di grande cultura storico-artistica e religiosa che hanno continuato a svolgere il lavoro iniziato dal fondatore portando questo museo ai massimi livelli internazionali. Sulla sua tomba, per sua volontà, è riportato il seguente epitaffio “primo parroco di Brembo e PRESEPISTA” a ricordo del suo amore e di una vita dedicata al presepio. Il museo, sorto nel 1974, conta oltre 900 presepi differenti per epoca, provenienza, dimensione e materiale. Le opere più antiche, risalenti al Settecento, Ottocento e primo Novecento, testimoniano la varietà di stili e di materiali delle differenti Scuole Italiane ed è inoltre dotato di archivio, di biblioteca, di fototeca e di nastroteca che documentano la storia, le tradizioni, i costumi, la musica, il folklore, le immagini sacre, i francobolli e le cartoline riguardanti il Natale ed il Presepio.
In base a quanto riferisce l’evangelista Luca, Gesù nacque in una stalla, o comunque in un luogo destinato al ricovero degli animali. Infatti la parola ‘Presepio’ deriva etimologicamente dal verbo latino ‘praesepire’ per cui assume il significato odierno di mangiatoia, greppia.
Il termine pare comparso per la prima volta a proposito della basilica Mariana dell’Esquilino, Santa Maria Maggiore, chiamata sin dal VII secolo “Sancta Maria ad praesepe”, in quanto in tale epoca, secondo la tradizione, vi furono traslate le reliquie della Sacra Culla.
Dalla voce del basso latino “cripia” traducibile egualmente come mangiatoia, derivano i termini “crechè”, “crib”, “krippe”, “krubba”, che indicano il Presepio rispettivamente nelle lingue francese, inglese, tedesco e svedese. Allo stesso modo, in Polonia si parla di “szopka” e in Russia di “wertep”, termini aventi sempre il significato di greppia.
Dal 1289, anno in cui Arnolfo di Cambio, scultore e architetto, scolpì le sue statue per la Basilica di Santa Maria Maggiore, quella che è considerata la sede della prima rappresentazione del Presepio, bisognerà attendere quasi tre secoli per aver notizie certe, fondate su documenti probanti, circa l’esistenza di Presepi a Roma, e precisamente il 1581, quando il francescano spagnolo Juan Francisco Nuno, che aveva avuto l'incarico di condurre una ricerca sui conventi romani, riferisce come il Presepio venisse regolarmente allestito nei monasteri e nelle chiese e, come soprattutto quello dell’Aracœli, richiamasse una gran folla di fedeli, con la statua del Santo Bambino intagliata, secondo la tradizione, da un anonimo frate francescano in un tronco di ulivo del Getsemani.
Da allora, come avvenne a Napoli, a Genova e in Sicilia, il Presepio dalle chiese si diffuse alle case patrizie, con costruzioni artificiose e spettacolari il cui fine, in obbedienza ai canoni estetici barocchi, era quello di meravigliare, più che di edificare, e alla cui realizzazione parteciparono artisti eminenti (Bernini ne allestì uno per il principe Barberini).
Al ’700 appartengono il Presepio delle Clarisse di San Lorenzo, costituito da cinque grandi statue, quelli di Santa Maria in Trastevere e delle Benedettine del Monastero di Santa Cecilia.
Più ricca è la documentazione pervenutaci sull’Ottocento, quando l’uso di allestire il Presepio si allarga a tutti i ceti sociali, con la produzione di statuine in terracotta a basso costo, modellate da scultori mediocri, e ricavate con stampi dai “bucalettari” di Trastevere. È una curiosità che lo stesso Bartolomeo Pinelli, “er pittor de Trastevere”, da ragazzo lavorò nella bottega del padre, figurinaio, plasmando in terracotta pupazzi da presepio.
Alcuni presepi vengono innalzati su portici di basiliche, su terrazze e loggette, con una scenografia naturale e il cielo come sfondo. Fra questi, il Presepio più visitato era quello che l’industriale Forti allestiva ogni anno in Trastevere, con figure realizzate con una tecnica particolare: il tronco di legno, testa ed arti di cartapesta, abiti di tela indurita con colla e poi colorata.
Come si evince, il Presepio romano è, nell’insieme, meno sfarzoso e più severo rispetto al modello partenopeo: la Sacra Famiglia ritorna al centro della composizione, le figure sono meno sontuose, la scenografia più sobria e contenuta. Peraltro, molto curato è il fondale, che riproduce di solito il paesaggio della campagna romana.
A Napoli, verso la metà del Cinquecento, con l’abbandono del simbolismo medioevale, nasce il Presepio moderno. La tradizione ne attribuisce il merito a San Gaetano da Thiene che, esaltato dal mistero della Natività, allestì nel 1534, nell’oratorio di Santa Maria della Stalletta, presso l’Ospedale degli Incurabili, un grande Presepio con figure lignee fisse, abbigliate secondo la foggia del tempo. Su questa scia, nel corso del Cinquecento numerosi furono i Presepi costruiti a Napoli in chiese e monasteri, ma bisognerà attendere il secolo successivo per l’affermarsi del Presepio mobile a figure articolabili, il cui primo esempio fu quello allestito dai padri Scolopi nel Natale del 1627.
Da ricordare anche il Presepio della chiesa di Santa Maria in Portico, commissionato dalla duchessa Orsini, e l’allestimento realizzato dalla bottega del Ceraso per la chiesa di San Gregorio Armeno. Ma il secolo d’oro dell’arte presepiale a Napoli sarà il ’700. Con Carlo III di Borbone infatti, la città, ridivenuta capitale di un regno autonomo dopo essere stata, per oltre due secoli, una provincia spagnola, va ad annoverarsi tra le più brillanti capitali europee, conoscendo, grazie soprattutto al mecenatismo del suo sovrano, una meravigliosa fioritura culturale ed artistica, della quale il presepio costituirà una delle espressioni più splendide.
Infine, dal momento che la cartapesta, fin dalle sue origini, rappresenta un’arte tipicamente leccese, molto diffusa perché i motivi e la lavorazione erano e rimangono essenzialmente popolari e soprattutto di basso costo, parliamo del Presepio leccese. La cartapesta è composta da carta ricavata da stracci o da carta di giornale, perché non contiene cellulosa, pestata fino ad essere ridotta in poltiglia, mescolata con colla di farina, e quindi bollita con acqua avvelenata, per impedire la tarlatura. Il composto così ottenuto viene poi disposto a strati, il cui spessore varia a seconda delle dimensioni della figura.
Le prime opere in cartapesta vengono datate intorno al sedicesimo secolo, ma solo nell’Ottocento si hanno dati certi che indicano caposcuola Pietro Sorgente (1742-1827), detto “Maestro Pietro dei Cristi”, soprannome attribuitogli perché era solito modellare immagini sacre.
Alla fine del secolo erano essenzialmente i barbieri, a corto di clienti, che lavoravano la cartapesta, per incrementare i loro scarsi guadagni, per cui ogni “salone” diventava anche laboratorio di “figurinaio”. Le statuine così realizzate venivano poi vendute alla Fiera dei Pupi e dei Pastori, che ancora oggi si svolge a Lecce nel giorno di Santa Lucia.
Per concludere una curiosità. Esiste in Italia sull’autostrada Milano-Venezia il Museo del Presepio, nato dalla volontà di don Giacomo Piazzoli 1920-1988), un prete straordinario, seriamente impegnato nel sociale, che ancora oggi, a quasi trent’anni dalla scomparsa è ricordato con affetto da tutti i suoi parrocchiani e soprattutto dagli “Amici del Presepio”, un’associazione di volontari dotati di grande cultura storico-artistica e religiosa che hanno continuato a svolgere il lavoro iniziato dal fondatore portando questo museo ai massimi livelli internazionali. Sulla sua tomba, per sua volontà, è riportato il seguente epitaffio “primo parroco di Brembo e PRESEPISTA” a ricordo del suo amore e di una vita dedicata al presepio. Il museo, sorto nel 1974, conta oltre 900 presepi differenti per epoca, provenienza, dimensione e materiale. Le opere più antiche, risalenti al Settecento, Ottocento e primo Novecento, testimoniano la varietà di stili e di materiali delle differenti Scuole Italiane ed è inoltre dotato di archivio, di biblioteca, di fototeca e di nastroteca che documentano la storia, le tradizioni, i costumi, la musica, il folklore, le immagini sacre, i francobolli e le cartoline riguardanti il Natale ed il Presepio.
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Cultura e Spettacoli