di FRANCESCO GRECO - Dio li fa e poi li accoppia. O li accoppa: fate voi. Un dicembre da libro di Storia ci accompagna alla fine di un anno bisestile che più ostile non avrebbe potuto essere. Ci hanno lasciato i grandi: da Umberto Eco a Dario Fo, poi Marco Pannella, David Bowie, Bud Spencer, Prince, Ettore Scola, Silvana Pampanini. Donald Trump è presidente degli USA nonostante oroscopi, fattucchiere, sondaggisti e media contrari. Al mercato nero i nostri account mail sono stati venduti a 10 cent, Aleppo è una città fantasma. Agli europei in semifinale con la Germania ci siamo fatti male da soli con la pantomima un sacco provinciale dei rigori di Pellè e co.
Fine d'anno col botto, tipo bomba Maradona anni fa. Ci stanno lasciando anche i presunti grandi, spacciati per tali dalla loro claque.
E' una svolta epocale, l'Apocalisse, la fine di una civiltà, politica e finanziaria. Come l'Impero Romano, i barbari sono riapparsi all'orizzonte. Non ci saranno rimpianti, semmai brindisi di festa: domani è un altro giorno, si vedrà: Franza o Spagna purché se magna. La scolorina per sbianchettare i curricula è pronta.
Il 60% di “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha travolto un governo che, fra l'altro, ha riempito l'Italia di balle. E di consulenti: il 6 dicembre, a risultato già acquisito, Renzi ne ha assunti 350, che oziano al bar della Galleria Sordi a lumare le squinzie. Occorre una “manovra” per pagarli fino al 2018.
Un meridionale su 2 è povero, il welfare è distrutto (meno male per la famiglia), 11 milioni di italiani non possono curarsi, non hanno i soldi per il ticket. Condannati a morire. Il governo del “noi le tasse le abbassiamo” ha regalato 55 miliardi di imposte, decentrate. Il debito pubblico è aumentato di 105 miliardi (Bankitalia).
Il “No” ha travolto e seppellito il prestigiatore che faceva vedere la luna nel pozzo. Che sta rimestando nel torbido per tornare premier. Da segretario lo farà fuori il suo stesso partito. La mission ricevuta dai poteri forti, distruggere la sinistra, è fallita.
Renzi a Palazzo Chigi non entrerà più, non ci saranno congiunzioni astrali favorevoli. Potrà accadere solo con un golpe. Lo attende l'azienda di famiglia. Il naufrago di Rignano delira di rivincite e tira giù il sopravvissuto di Arcore (pronti da tempo i coccodrilli). L'altro sodale del “Nazareno” è sotto attacco dei raider francesi di Vivendi. Che oggi sono sprezzati ma tutti tacquero quando scalarono Telecom, risero quando De Benedetti tentò di sbarcare in Belgio e applaudirono quando la Fiat portò il brain-group extra moenia. Non fu B. a spingere Alitalia fra le braccia di Klm per sottrarla ai francesi, dopo che lo Stato la ricapitalizzò?
E poi, che senso ha fare la guardia al bidone e urlare al “capitalismo cannibalesco” (Marina Berlusconi) se di italiano ormai c'è poco e niente? La grande distribuzione, loghi storici dell'eno-gastronomia, le griffe della moda e del made in Italy più prestigiose, non sono tutte in mani straniere? Come le banche. E i cinesi non si sono comprata l'Africa e un pò di USA? Oltre all'Inter e quasi il Milan?
Ma accade anche il contrario: Fiat ha preso la Chrisler senza che gli USA facessero baccano, Luxottica fa shopping in tutto il mondo (anche se produce in Asia e Portogallo). La globalizzazione obbliga alla concentrazione: fra un po' pochi gruppi avranno tutto.
Grandeur francese? Campagna d'Italia napoleonica che però dura da anni? Sarà, ma Parigi ha capito che può fare scorribande perché qui la politica è morta (han visto i ministri e le ministre del governo Gentiloni in gramaglie?), è una farsa, che le istituzioni sono insudiciate e piegate a interessi piccini, di parte. Dove sta un Cesare che respinge e doma i Galli?
Vincent Bollorè (in costume d'epoca da Carlo V) oggi ha il 20% di Mediaset: basterebbe per opporsi in caso – improbabile - il Biscione volesse fare operazioni di grande respiro strategico, investimenti (ormai Gerry Scotti ha rotto), ma punta al 30%, perché l'appetito vien mangiando. Parigi nega, ma dietro c'è la politica (Le Pen?): nulla accade per caso, a pensar male...
Ora Berlusconi (che ha qualche quinta colonna in famiglia), per contrasto dovrà mettere mano ai gioielli di famiglia o finirà a fare le fotocopie o a leggere le previsioni del tempo a Ret4. Le eventuali (B. non gode di buona fama nei tribunali zeppi di toghe rosse e senza potere politico anche i cancellieri vanno al bar) inchieste (aggiotaggio, manipolazione del mercato) saranno bolle di sapone: il liberismo è selvaggio per sua stessa etimologia, come la globalizzazione: un giorno ti dice bene, l'altro meno. Non ci sono buoni o cattivi, sono tutti cattivi: è la legge della foresta. Il bon-ton è un optional. D'altronde a primavera 2016 l'ex Cavaliere vestito da magliaro di provincia (“Chi si lamenta è provinciale”, l'Avvocato) o padrone delle ferriere, non tentò di ammollare a Bollorè la bollita Mediaset Premium che vende abbonamenti in aree scoperte dal segnale con conti che qualcuno definì “taroccati”? E quando 30 anni fa portò la tv delle mortadelle in Spagna e Francia qualcuno menò scandalo?
E' il contrappasso dantesco, dolcezza. C'est la vie!
Tappeti rossi dunque a Vivendi (che siede nel board di Mediobanca tramite le Generali), siamo orgogliosi che le nostre aziende con così poco glamour per gli investitori stranieri, una volta tanto abbiano appeal e porteranno sviluppo e occupazione. La tragedia del nostro capitalismo famigliare è il nanismo: non ha reti commerciali planetarie, il marcato indigeno è ristretto, asfissiato, e pensa più alla proprietà (“la roba” diceva Bossi di noi del Sud, e la loro?) tipo dinasty che alla crescita e al progresso.
Anche per questo si è clamorosamente “convertito” al proporzionale. Capito che non guiderà più i cosiddetti moderati e che la partita è persa (si andrà allo scontro Grillo-Pd), vuole un partito, Fi, al 10% per condizionare, contare ancora, che nel suo lessico vuol dire difendere i propri interessi. Sta per avverarsi la profezia di D'Alema anni '90: “Voglio vederlo chiedere l'elemosina nelle vie del centro di Roma”. Poi, lunatico, cambiò idea e Mediaset divenne “patrimonio del Paese” (come dice oggi il governo: corsi e ricorsi): la crostata del consociativismo acconciata da Maddalena Letta cuoceva indorandosi nel microonde.
Gli dèi dunque crollano. E' come la celebre poesia di Costantinos Kavafis: “Il dio abbandona Antonio”. Fino a due settimane fa era tutto immobile, impensabile, fantapolitica. Assistevamo annoiati ai siparietti di Renzi: w Ancona, w l'Italia. I poteri forti erano schierati col “Si”, il terrore sparso a ogni angolo del Belpaese, Renzi si è spalmato in ogni interstizio mediatico: un morbo pestilenziale, più micidiale del Rondup.
Il solo potere forte della Storia però è il popolo. Che si prepara a replicare col referendum sul Jobs Act, che maldestramente vorrebbero scippargli votando a Capodanno: ma il popolo dei voucher è già in subbuglio.
Nazareno kaputt, gli déi franano fragorosamente nella polvere. Berlusconi & Renzi uniti nel crepuscolo diretti all'Ade: hanno la monetina fra i denti. Conoscendo gli italiani e il loro opportunismo genetico (Longanesi, Flaiano, Montanelli li hanno scorticati a sangue), scommettiamo che fra poco non si troverà più un berlusconiano o un renziano? In cartoleria la scolorina va a ruba: passeremo Natale a ritoccarci i cv. Renzi, chi? Berlusconi? Not remember...
Fine d'anno col botto, tipo bomba Maradona anni fa. Ci stanno lasciando anche i presunti grandi, spacciati per tali dalla loro claque.
E' una svolta epocale, l'Apocalisse, la fine di una civiltà, politica e finanziaria. Come l'Impero Romano, i barbari sono riapparsi all'orizzonte. Non ci saranno rimpianti, semmai brindisi di festa: domani è un altro giorno, si vedrà: Franza o Spagna purché se magna. La scolorina per sbianchettare i curricula è pronta.
Il 60% di “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha travolto un governo che, fra l'altro, ha riempito l'Italia di balle. E di consulenti: il 6 dicembre, a risultato già acquisito, Renzi ne ha assunti 350, che oziano al bar della Galleria Sordi a lumare le squinzie. Occorre una “manovra” per pagarli fino al 2018.
Un meridionale su 2 è povero, il welfare è distrutto (meno male per la famiglia), 11 milioni di italiani non possono curarsi, non hanno i soldi per il ticket. Condannati a morire. Il governo del “noi le tasse le abbassiamo” ha regalato 55 miliardi di imposte, decentrate. Il debito pubblico è aumentato di 105 miliardi (Bankitalia).
Il “No” ha travolto e seppellito il prestigiatore che faceva vedere la luna nel pozzo. Che sta rimestando nel torbido per tornare premier. Da segretario lo farà fuori il suo stesso partito. La mission ricevuta dai poteri forti, distruggere la sinistra, è fallita.
Renzi a Palazzo Chigi non entrerà più, non ci saranno congiunzioni astrali favorevoli. Potrà accadere solo con un golpe. Lo attende l'azienda di famiglia. Il naufrago di Rignano delira di rivincite e tira giù il sopravvissuto di Arcore (pronti da tempo i coccodrilli). L'altro sodale del “Nazareno” è sotto attacco dei raider francesi di Vivendi. Che oggi sono sprezzati ma tutti tacquero quando scalarono Telecom, risero quando De Benedetti tentò di sbarcare in Belgio e applaudirono quando la Fiat portò il brain-group extra moenia. Non fu B. a spingere Alitalia fra le braccia di Klm per sottrarla ai francesi, dopo che lo Stato la ricapitalizzò?
E poi, che senso ha fare la guardia al bidone e urlare al “capitalismo cannibalesco” (Marina Berlusconi) se di italiano ormai c'è poco e niente? La grande distribuzione, loghi storici dell'eno-gastronomia, le griffe della moda e del made in Italy più prestigiose, non sono tutte in mani straniere? Come le banche. E i cinesi non si sono comprata l'Africa e un pò di USA? Oltre all'Inter e quasi il Milan?
Ma accade anche il contrario: Fiat ha preso la Chrisler senza che gli USA facessero baccano, Luxottica fa shopping in tutto il mondo (anche se produce in Asia e Portogallo). La globalizzazione obbliga alla concentrazione: fra un po' pochi gruppi avranno tutto.
Grandeur francese? Campagna d'Italia napoleonica che però dura da anni? Sarà, ma Parigi ha capito che può fare scorribande perché qui la politica è morta (han visto i ministri e le ministre del governo Gentiloni in gramaglie?), è una farsa, che le istituzioni sono insudiciate e piegate a interessi piccini, di parte. Dove sta un Cesare che respinge e doma i Galli?
Vincent Bollorè (in costume d'epoca da Carlo V) oggi ha il 20% di Mediaset: basterebbe per opporsi in caso – improbabile - il Biscione volesse fare operazioni di grande respiro strategico, investimenti (ormai Gerry Scotti ha rotto), ma punta al 30%, perché l'appetito vien mangiando. Parigi nega, ma dietro c'è la politica (Le Pen?): nulla accade per caso, a pensar male...
Ora Berlusconi (che ha qualche quinta colonna in famiglia), per contrasto dovrà mettere mano ai gioielli di famiglia o finirà a fare le fotocopie o a leggere le previsioni del tempo a Ret4. Le eventuali (B. non gode di buona fama nei tribunali zeppi di toghe rosse e senza potere politico anche i cancellieri vanno al bar) inchieste (aggiotaggio, manipolazione del mercato) saranno bolle di sapone: il liberismo è selvaggio per sua stessa etimologia, come la globalizzazione: un giorno ti dice bene, l'altro meno. Non ci sono buoni o cattivi, sono tutti cattivi: è la legge della foresta. Il bon-ton è un optional. D'altronde a primavera 2016 l'ex Cavaliere vestito da magliaro di provincia (“Chi si lamenta è provinciale”, l'Avvocato) o padrone delle ferriere, non tentò di ammollare a Bollorè la bollita Mediaset Premium che vende abbonamenti in aree scoperte dal segnale con conti che qualcuno definì “taroccati”? E quando 30 anni fa portò la tv delle mortadelle in Spagna e Francia qualcuno menò scandalo?
E' il contrappasso dantesco, dolcezza. C'est la vie!
Tappeti rossi dunque a Vivendi (che siede nel board di Mediobanca tramite le Generali), siamo orgogliosi che le nostre aziende con così poco glamour per gli investitori stranieri, una volta tanto abbiano appeal e porteranno sviluppo e occupazione. La tragedia del nostro capitalismo famigliare è il nanismo: non ha reti commerciali planetarie, il marcato indigeno è ristretto, asfissiato, e pensa più alla proprietà (“la roba” diceva Bossi di noi del Sud, e la loro?) tipo dinasty che alla crescita e al progresso.
Anche per questo si è clamorosamente “convertito” al proporzionale. Capito che non guiderà più i cosiddetti moderati e che la partita è persa (si andrà allo scontro Grillo-Pd), vuole un partito, Fi, al 10% per condizionare, contare ancora, che nel suo lessico vuol dire difendere i propri interessi. Sta per avverarsi la profezia di D'Alema anni '90: “Voglio vederlo chiedere l'elemosina nelle vie del centro di Roma”. Poi, lunatico, cambiò idea e Mediaset divenne “patrimonio del Paese” (come dice oggi il governo: corsi e ricorsi): la crostata del consociativismo acconciata da Maddalena Letta cuoceva indorandosi nel microonde.
Gli dèi dunque crollano. E' come la celebre poesia di Costantinos Kavafis: “Il dio abbandona Antonio”. Fino a due settimane fa era tutto immobile, impensabile, fantapolitica. Assistevamo annoiati ai siparietti di Renzi: w Ancona, w l'Italia. I poteri forti erano schierati col “Si”, il terrore sparso a ogni angolo del Belpaese, Renzi si è spalmato in ogni interstizio mediatico: un morbo pestilenziale, più micidiale del Rondup.
Il solo potere forte della Storia però è il popolo. Che si prepara a replicare col referendum sul Jobs Act, che maldestramente vorrebbero scippargli votando a Capodanno: ma il popolo dei voucher è già in subbuglio.
Nazareno kaputt, gli déi franano fragorosamente nella polvere. Berlusconi & Renzi uniti nel crepuscolo diretti all'Ade: hanno la monetina fra i denti. Conoscendo gli italiani e il loro opportunismo genetico (Longanesi, Flaiano, Montanelli li hanno scorticati a sangue), scommettiamo che fra poco non si troverà più un berlusconiano o un renziano? In cartoleria la scolorina va a ruba: passeremo Natale a ritoccarci i cv. Renzi, chi? Berlusconi? Not remember...