di NICOLA ZUCCARO - "Se si vota prima del referendum, il problema non si pone. Ed è questo, con un Governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile". Quanto affermato nelle scorse ore da Giuliano Poletti indica a chiare lettere che, dopo la lunga campagna referendaria culminata con il voto del 4 dicembre sulla conferma dell'attuale impianto costituzionale, si prevede che il 2017 (politicamente alle porte per la sentenza che la Corte Costituzionale emetterà il prossimo 24 gennaio sulle modifiche che il Parlamento dovrà apportare all'Italicum) sarà un anno elettoralmente intenso se - da come velatamente indicato dal Ministro del Lavoro - si dovesse votare già a giugno per il rinnovo delle Camere e successivamente per i 3 quesiti proposti dalla Cgil su licenziamenti, appalti e voucher.
In attesa di conoscere le date da segnare sull'agenda per i prossimi impegni, sia elettorali, sia referendari, gli italiani - come documentato dal 68% dello scorso 4 dicembre - faranno la coda, davanti ai seggi? La risposta sarà affidata ai "politici" che, con accesi confronti televisivi, hanno avvelenato negli ultimi anni la vigilia del voto.
In attesa di conoscere le date da segnare sull'agenda per i prossimi impegni, sia elettorali, sia referendari, gli italiani - come documentato dal 68% dello scorso 4 dicembre - faranno la coda, davanti ai seggi? La risposta sarà affidata ai "politici" che, con accesi confronti televisivi, hanno avvelenato negli ultimi anni la vigilia del voto.