Ilva, Cigs per 4984. Secco 'no' dei sindacati
TARANTO - Secco no dei sindacati alla proposta di Cigs per quasi 5mila dipendenti Ilva. Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto "ritengono inaccettabile aprire un confronto sulla Cassa integrazione straordinaria", e "hanno rispedito al mittente" la proposta dell'azienda per 4.984 dipendenti dello stabilimento ionico, in quanto "peggiorativo in termini di tenuta rispetto al passato.
In particolare - scrivono in un comunicato congiunto - il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria rischia di aprire fronti incerti rispetto alle tutele occupazionali in una fase delicatissima con alle porte la cessione degli asset produttivi, oltre a produrre ripercussioni pesanti sul reddito dei lavoratori già fortemente penalizzati".
I sindacati, si apprende ancora, hanno "rispedito al mittente la proposta aziendale odierna di adozione della Cigs per Amministrazione straordinaria nella consapevolezza che il tavolo di discussione, a questo punto, deve essere trasferito presso il competente Ministero al fine di ricercare una concreta risoluzione che tuteli l'occupazione e il reddito dei lavoratori".
"I 5.000 esuberi temporanei che Ilva ha comunicato ai sindacati rischiano di innescare un vero e proprio dramma sociale che si andrebbe a sommare ad una crisi occupazionale già in corso. Al governo chiedo non solo di mantenere alta la guardia ma, insieme alla Regione Puglia, di mettere definitivamente sul tavolo il destino della fabbrica". A dirlo è il senatore Dario Stefàno (Misto), Presidente de La Puglia in Più, che annuncia un suo intervento in Aula, nella giornata odierna, per chiedere al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di aggiornare il Parlamento sulla volontà o meno di dar seguito alla richiesta dei sindacati di istituzionalizzare il confronto tra le parti.
"Dalla 'solidarietà' - continua Stefàno - si prevede il passaggio alla 'cassa integrazione straordinaria' con una possibile decurtazione sugli stipendi - già ridotti - di circa 130/150 euro. Oltre alla crisi delle aziende dell'indotto Ilva, ora ci saranno migliaia di dipendenti e, con loro, migliaia di famiglie, in seria difficoltà. Si rischia un ulteriore impoverimento".
"Il governo, già da ora, ha due possibilità concrete: predisporre una deroga al contratto di solidarietà oppure intervenire sul decreto per il Sud con un emendamento ad hoc che possa contribuire a recuperare questo trattamento economico. Sono - conclude Stefàno - iniziative a portata di mano".
In particolare - scrivono in un comunicato congiunto - il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria rischia di aprire fronti incerti rispetto alle tutele occupazionali in una fase delicatissima con alle porte la cessione degli asset produttivi, oltre a produrre ripercussioni pesanti sul reddito dei lavoratori già fortemente penalizzati".
I sindacati, si apprende ancora, hanno "rispedito al mittente la proposta aziendale odierna di adozione della Cigs per Amministrazione straordinaria nella consapevolezza che il tavolo di discussione, a questo punto, deve essere trasferito presso il competente Ministero al fine di ricercare una concreta risoluzione che tuteli l'occupazione e il reddito dei lavoratori".
"I 5.000 esuberi temporanei che Ilva ha comunicato ai sindacati rischiano di innescare un vero e proprio dramma sociale che si andrebbe a sommare ad una crisi occupazionale già in corso. Al governo chiedo non solo di mantenere alta la guardia ma, insieme alla Regione Puglia, di mettere definitivamente sul tavolo il destino della fabbrica". A dirlo è il senatore Dario Stefàno (Misto), Presidente de La Puglia in Più, che annuncia un suo intervento in Aula, nella giornata odierna, per chiedere al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di aggiornare il Parlamento sulla volontà o meno di dar seguito alla richiesta dei sindacati di istituzionalizzare il confronto tra le parti.
"Dalla 'solidarietà' - continua Stefàno - si prevede il passaggio alla 'cassa integrazione straordinaria' con una possibile decurtazione sugli stipendi - già ridotti - di circa 130/150 euro. Oltre alla crisi delle aziende dell'indotto Ilva, ora ci saranno migliaia di dipendenti e, con loro, migliaia di famiglie, in seria difficoltà. Si rischia un ulteriore impoverimento".
"Il governo, già da ora, ha due possibilità concrete: predisporre una deroga al contratto di solidarietà oppure intervenire sul decreto per il Sud con un emendamento ad hoc che possa contribuire a recuperare questo trattamento economico. Sono - conclude Stefàno - iniziative a portata di mano".