ADDII. Ciao Predrag, che il Mediterraneo sia il tuo periplo
(credits: F.Bevilacqua) |
Matvejevic (Mostar, 1932) è morto solo, all’ospedale dei poveri di Zagabria, tra una ventina di altri “desaparecidos”. Da Mozart a Varlam Salomov: succede ai grandi.
Lo avevo incontrato a Cursi, nel Leccese, una sera d’estate (24 luglio 2011) alla presentazione di “Pane nostro” (sempre da Garzanti, 2010), nel delizioso giardino della trattoria “Alogne”. Prima era stato a Maglie. I ragazzi che la gestivano avevano lo sguardo adorante, come noialtri: era un mito.
Era un evento, accorremmo ansiosi. Aveva una giacca celeste chiaro. Gesticolava molto con le mani, il vento caldo muoveva il candido ciuffo ribelle che gli cadeva da un lato della bella testa che richiamava l’arte classica.
Un pubblico attento lo ascoltò in religioso silenzio. Parlò del pane che mancava sulla mensa dei poveri, e in futuro sarebbe stato ancora peggio: effetti della globalizzazione, pensammo noi. Parlò della storia del pane, dei popoli più poveri. Rispose alle nostre domande: “Le previsioni sono terribili. Fra 25 anni saremo 8 miliardi sul pianeta, di cui 2 miliardi mancheranno il pane”.
Alla fine cenò sotto il pergolato, cose povere della cucina antica, del territorio, che gli piacquero molto, compreso il nostro “Negroamaro”. Chiacchierò con noi fino a notte alta. Per noi mediterranei il tempo ha una scansione lenta, sensuale. Mi lasciò il suo bigliettino da visita, me lo diede senza esitare: tanti scrittori nostrani se la tirano. Lo intervistai via mail. Chiarì meglio il suo pensiero sul pane e sui popoli.
Nel 2012 lessi un suo racconto sublime sul “Sole 24 Ore”. Glielo scrissi, mi rispose: “Il testo è scritto alcuni anni fa”. Scoprii che aveva scritto una prefazione alla raccolta di versi “Adespota” (di Antonio De Luca e Andrea Simi), edito da Vallecchi di Firenze, “Navigano l’uno accanto all’altro sul mare, soprattutto il Mediterraneo. (…). Il Mediterraneo rimane sempre l’epicentro del periplo”.
Sapevamo che il suo nuovo romanzo era in uscita: io e Antonio Biasco lo invitammo a presentarlo a Santa Maria di Leuca (Predrag amava i porti, quando li descriveva ti faceva annusare la salsedine, i traffici, l’olezzo del catrame ). “Purtroppo la salute non mi permette ancora di fare viaggi. Mi dispiace tanto” (23 agosto 2013).
Chiesi due righe per il nostro libro sulla SS 275 a quattro corsie Maglie –Leuca. A volte era Mirjana a dirmi che non stava bene e che doveva riposare. “Sta un po’ meglio… In questo periodo non può scrivere”, (22 giugno 2012).
Da anni ormai era un candidato naturale al Premio Nobel per la Letteratura. Se n’è andato senza averlo. Il fatto che la sua mail ultimamente non fosse più attiva mi aveva fatto venire una tristezza infinita. C’erano stati appelli firmati da scrittori e artisti di tutto il pianeta per aiutarlo. Era anche cittadino italiano: per molti anni aveva insegnato Slavistica alla “Sapienza”, ma in un paese dominato dal gossip politico e della tv spazzatura, nessuno ha ascoltato quelle voci di dentro.
Sapere che adesso non c’è più, che la “geopoetica del Mediterraneo” finisce con lui, ci provoca un dolore infinito. Magari avrà trovato rifugio in uno dei suoi amati porti e darsene, e ora sta osservando il gioco lezioso delle onde mentre il vento gli spettina il ciuffo…
Dalle montagne colme di neve dei Balcani aveva intuito che il cuore antico del mondo era il Mediterraneo e doveva essere letto con i topoi della modernità, che era un crogiolo ricchissimo, che i popoli che vi si affacciavano, in nome del comune passato e delle contaminazioni infinite, dovevano trovare un modus vivendi per convivere, crescere, arricchirsi reciprocamente.
Parole al vento, caro Pedrag. Ma sono il tuo testamento morale, che guiderà i nostri passi, nella nostra odissea. Ti aspettiamo a Leuca, piccola capitale del nostro Mediterraneo.