BARI - Sono sei le persone arrestate ad Andria dalla polizia, in collaborazione con le Fiamme Gialle, che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. I sei sono accusati, a vario titolo, di reati riconducibili al fenomeno del 'capolarato'. A dare il via alle indagini la Procura di Trani, all'indomani del decesso della bracciante agricola Paola Clemente, avvenuto nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015.
L'OPERAZIONE - L'operazione - secondo gli inquirenti - presenta un duplice profilo di novità: un salto di qualità nelle modalità investigative, che ha permesso di superare il vincolo di omertà che normalmente copre il fenomeno, e l'emergere di una nuova, più moderna e, per certi versi, sorprendente forma di caporalato. Paola Clemente, 49 anni, di San Giorgio Jonico (Taranto), morì il 3 luglio del 2015 mentre era al lavoro nei campi, ad Andria: ad ucciderla fu la sua cardiopatia.
L'autopsia e gli esami tossicologici sul corpo, eseguiti rispettivamente dal medico legale Alessandro Dell'Erba e dal tossicologo Roberto Gagliano Candela, svelarono che la donna era affetta da una "Sindrome coronarica acuta in paziente affetta da riferita ipertensione (in trattamento) e da riferita familiarità per cardiopatia".
L'OPERAZIONE - L'operazione - secondo gli inquirenti - presenta un duplice profilo di novità: un salto di qualità nelle modalità investigative, che ha permesso di superare il vincolo di omertà che normalmente copre il fenomeno, e l'emergere di una nuova, più moderna e, per certi versi, sorprendente forma di caporalato. Paola Clemente, 49 anni, di San Giorgio Jonico (Taranto), morì il 3 luglio del 2015 mentre era al lavoro nei campi, ad Andria: ad ucciderla fu la sua cardiopatia.
L'autopsia e gli esami tossicologici sul corpo, eseguiti rispettivamente dal medico legale Alessandro Dell'Erba e dal tossicologo Roberto Gagliano Candela, svelarono che la donna era affetta da una "Sindrome coronarica acuta in paziente affetta da riferita ipertensione (in trattamento) e da riferita familiarità per cardiopatia".
L'indagine sulla morte della donna, tuttora in corso, partì un mese dopo il suo decesso, ad agosto 2015, dopo la denuncia dei familiari. Il marito di Paola Clemente riferì, anche pubblicamente e ai giornalisti, delle dure condizioni di lavoro delle braccianti, assunte da agenzie interinali per conto delle aziende, del misero guadagno, pochi euro l'ora, per molte ore di lavoro al giorno. In particolare, Paola Clemente partiva ogni giorno a bordo di un furgone di braccianti dal Tarantino per raggiungere le campagne del Nord Barese.
Il pm inquirente di Trani, Alessandro Pesce, iscrisse nel registro degli indagati, per omicidio colposo e omesso controllo, sette persone. Le indagini avrebbero accertato che la donna fu colta da malore due ore dopo aver cominciato il lavoro, sotto un tendone rovente, di acinellatura dell'uva. Un'operazione che consiste nella rimozione dei chicchi malconci per rendere il grappolo appetibile ai futuri acquirenti. La donna, inoltre, già un paio di giorni prima del decesso, avvertì dolori al collo a cui non aveva però dato molta importanza perché ne soffriva da alcuni anni.
PISICCHIO: "FINALMENTE GIUSTIZIA PER PAOLA CLEMENTE" - “Finalmente è stata fatta giustizia per Paola Clemente, la donna bracciante agricola morta di fatica nel 2015 nelle campagne andriesi”.
Lo dichiara il consigliere de La Puglia con Emiliano e presidente della VI Commissione Lavoro, Formazione Professionale e Immigrazione, Alfonso Pisicchio.
“Lei Paola, il simbolo della nuova schiavitù, oggi ha avuto giustizia con l’arresto dei sei responsabili ad opera della polizia e della finanza. Arresti che vanno ben oltre il caso specifico, ma che appaiono un raggio di speranza oltre l’omertà e il silenzio diffusissimi tra i lavoratori del settore. Due elementi che ormai da troppo tempo, nella nostra Puglia, trovano terreno fertile con la complicità della crisi economica che le nostre famiglie stanno vivendo. Non si può scegliere di mettere a serio rischio la propria vita accettando condizioni di lavoro disumane per portare a casa una manciata di euro. La nostra lotta al caporalato e a tutte le forme di sfruttamento sono un cardine del nostro lavoro nei palazzi della Regione”
“Il progresso e la civiltà – conclude Piscchio - non possono essere scissi dai diritti e dalla dignità dei lavoratori ed in modo particolare delle lavoratrici, anello sempre più debole della nostra società. Il lavoro è un diritto e i diritti non devono mai lasciare nessuno indietro”.
Lo dichiara il consigliere de La Puglia con Emiliano e presidente della VI Commissione Lavoro, Formazione Professionale e Immigrazione, Alfonso Pisicchio.
“Lei Paola, il simbolo della nuova schiavitù, oggi ha avuto giustizia con l’arresto dei sei responsabili ad opera della polizia e della finanza. Arresti che vanno ben oltre il caso specifico, ma che appaiono un raggio di speranza oltre l’omertà e il silenzio diffusissimi tra i lavoratori del settore. Due elementi che ormai da troppo tempo, nella nostra Puglia, trovano terreno fertile con la complicità della crisi economica che le nostre famiglie stanno vivendo. Non si può scegliere di mettere a serio rischio la propria vita accettando condizioni di lavoro disumane per portare a casa una manciata di euro. La nostra lotta al caporalato e a tutte le forme di sfruttamento sono un cardine del nostro lavoro nei palazzi della Regione”
“Il progresso e la civiltà – conclude Piscchio - non possono essere scissi dai diritti e dalla dignità dei lavoratori ed in modo particolare delle lavoratrici, anello sempre più debole della nostra società. Il lavoro è un diritto e i diritti non devono mai lasciare nessuno indietro”.