di FRANCESCO GRECO - Scacciato dall’Eden, privato della bellezza, l’armonia dell’Universo, appiattito su pseudo-valori, con i mezzi diventati fini, alienato, imbevuto del feticismo più insulso, l’uomo-consumatore di emozioni seriali non può che estinguersi, svaporare, autodistruggersi nella prossima glaciazione, fra cattiva politica e “cattiva maestra" (tv).
Fondatore della moderna etologia, Nobel per la Medicina e la Fisiologia (1973), Konrad Lorenz teorizzò tutto questo quasi un quarto di secolo fa (1983). Chissà cosa aggiungerebbe oggi, che tutto è ancora più percepibile, degradato, atomizzato, a cominciare dalla sua anima. Forse il suo sguardo si ombrerebbe di una cataratta per non vedere che le sue previsioni si sono verificate in termini esponenziali: senza identità né memoria, non sappiamo chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, che fare: siamo ectoplasmi senza una mission centrifugati come pulviscolo nello spazio siderale.
“Il declino dell’uomo”, Piano B Edizioni, Prato 2017, pp. 232, euro 16 (collana La mala parte) è uno di quei libri che andrebbero adottati nelle scuole, suscitare dibattiti seri, non annacquati e taroccati. In prima serata, non alle 3 di notte. Dovremmo arrampicarci sulle spalle del gigante tedesco per capire se siamo ancora in tempo per fermare l’Apocalisse, la “malattia che affligge l’umanità, i possibili rimedi”, per recuperare quel patrimonio di valori relativizzati, la bellezza, la sintonia con la natura, l’istinto di conservazione, poiché “è la nostra stessa natura di uomini a essere in pericolo”.
Konrad (1903-1989) ci fa capire di essere stati traditi dalla modernità e dai suoi format relativizzati, la “cultura tecnocratica” e lo “scientismo” su tutti. Detto da uno scienziato non può lasciarci indifferenti, anzi, ci sgomenta. Spersonalizzati e irresponsabili, alla deriva del tempo e della Storia, incapaci di percepire la bellezza, se non prendiamo coscienza del tutto, come facciamo a reagire?
Questo saggio è un primo passo per ritrovare “L’eterna forza attiva che crea benefica” (Goethe), per responsabilizzarci e provare a riprendere in mano le fila confuse dei nostri deliranti destini.
Fondatore della moderna etologia, Nobel per la Medicina e la Fisiologia (1973), Konrad Lorenz teorizzò tutto questo quasi un quarto di secolo fa (1983). Chissà cosa aggiungerebbe oggi, che tutto è ancora più percepibile, degradato, atomizzato, a cominciare dalla sua anima. Forse il suo sguardo si ombrerebbe di una cataratta per non vedere che le sue previsioni si sono verificate in termini esponenziali: senza identità né memoria, non sappiamo chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, che fare: siamo ectoplasmi senza una mission centrifugati come pulviscolo nello spazio siderale.
“Il declino dell’uomo”, Piano B Edizioni, Prato 2017, pp. 232, euro 16 (collana La mala parte) è uno di quei libri che andrebbero adottati nelle scuole, suscitare dibattiti seri, non annacquati e taroccati. In prima serata, non alle 3 di notte. Dovremmo arrampicarci sulle spalle del gigante tedesco per capire se siamo ancora in tempo per fermare l’Apocalisse, la “malattia che affligge l’umanità, i possibili rimedi”, per recuperare quel patrimonio di valori relativizzati, la bellezza, la sintonia con la natura, l’istinto di conservazione, poiché “è la nostra stessa natura di uomini a essere in pericolo”.
Konrad (1903-1989) ci fa capire di essere stati traditi dalla modernità e dai suoi format relativizzati, la “cultura tecnocratica” e lo “scientismo” su tutti. Detto da uno scienziato non può lasciarci indifferenti, anzi, ci sgomenta. Spersonalizzati e irresponsabili, alla deriva del tempo e della Storia, incapaci di percepire la bellezza, se non prendiamo coscienza del tutto, come facciamo a reagire?
Questo saggio è un primo passo per ritrovare “L’eterna forza attiva che crea benefica” (Goethe), per responsabilizzarci e provare a riprendere in mano le fila confuse dei nostri deliranti destini.