OPINIONI. Sanremo tutto l’anno

(ANSA)
di FRANCESCO GRECO - Mi giunge un sms virale: boicotta il Festival di Sanremo. Al suo presentatore Carlo Conti danno 650mila euro: è una vergogna, condivido (dice che li darà ai terremotati, campa cavallo…). Ma nessuno ormai si scandalizza più di nulla, come direbbe Neruda “si sono rotte le cateratte del cielo”.
 
Tuttavia, non è solo colpa sua, ma anche di chi gli staccherà l’assegno chiedendo a noi 2 euro per ricostruire le scuole di Amatrice e dintorni (tanti si chiedono perché i denari sono fermi). E non siamo neanche così scemi da credere alla favola che la signora Maria De Filippi la dia gratis alla Rai per una settimana.

Conti-De Filippi: un acconto delle larghe intese che ci aspettano: da noi sono peripatetiche, la gente l’ha capito e perciò porterà Grillo al potere.

Ma in un paese come il nostro, dove impera il darwinismo sociale, il basso impero da dove ormai tutti scappano, ogni ascensore sociale è rotto e prevale il darwinismo più turpe, dove ci sono pensioni d’oro da 600mila euro l’anno e poi quelle di invalidità all’80% di 280 euro mensili, e dove i pensionati sociali – dopo una vita di lavoro - frugano nella spazzatura dei mercatini rionali per mettersi qualcosa nella pancia, abbiamo metabolizzato da tempo il senso dello scandalo.
 
E comunque, per quel che mi riguarda, è dai tempi de “La prima cosa bella” di Nicola Di Bari e di Sandro Ciotti alla radio che bypasso Sanremo. E sfido chiunque a ricordare chi ha vinto l’edizione del 2015 e a canticchiare il refrain sotto la doccia.
 
Il serraglio ha aperto le sue gabbie, gli animali sono in cattività. Ma il Festival di Sanremo non è più da tempo la vetrina della canzone italiana e se Luigi Tenco e Dalida l’avessero saputo non si sarebbero suicidati, mezzo secolo fa lui, un po’ dopo lei, e neanche il passionale Claudio Villa si sarebbe fatto sangue acido accusando il patron Ravera per averlo squalifica. Non ne valeva la pena. L’apertura con Tiziano Ferro che imita Tenco è stata il massimo dell’ipocrisia italica: lo ha celebrato il sistema che lo uccise.
 
Così Sanremo s’è trasfigurato in altro da sé: l’icona di un paese culturalmente agonizzante, clinicamente morto, sovrastruttura del nulla. Così è percepito extra moenia. Gli altri hanno avuto Woodstock e l’Isola di Wright, noi Arisa e Clementino. Miseria (retroattiva) del presente. O tempora, o mores!
 
E’ una parata di volgarità, le canzoni, brutte, sono solo un punto di partenza per perdere tempo e spettegolare una settimana. Infatti per farsi guardare e fare audience chiamano le star straniere e quest’anno Maurizio Crozza con le sue imitazioni.
 
Visto come siamo ridotti, con la tv ormai preda del gossip e del rubbish, del feticismo e del finto giornalismo, proponiamo di fare Sanremo tutto l’anno, posto che, a nostra insaputa, la classe politica non lo mandi già in scena tutti i giorni. Renzi premier non sfilava quotidianamente come sul palco dell’Ariston, fra la claque presa da Cinecittà?

Ecco la nostra modesta proposta: dopo Sanremo vintage con le cover, pensiamo a gennaio anteprima Sanremo, febbraio aspettando Sanremo, marzo gli esordienti di Sanremo, aprile le vecchie glorie di Sanremo, maggio Sanremo a piacere (ognun canta quel che gli pare: da “Finché la barca va” a “Semo gente de borgata”), giugno le star straniere, luglio le hit, agosto i cantautori, settembre le band, ottobre i vip, novembre charity a Sanremo, dicembre i presentatori storici e le vallette, da Nunzio Filogamo a Chiambretti e la Marini.

Caro Conti, ti piace l’idea? Anche se sei in uscita (arriverà Bonolis?)te la diamo aggratis, per la causa…