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Tuttavia, non è solo colpa sua, ma anche di chi gli staccherà l’assegno chiedendo a noi 2 euro per ricostruire le scuole di Amatrice e dintorni (tanti si chiedono perché i denari sono fermi). E non siamo neanche così scemi da credere alla favola che la signora Maria De Filippi la dia gratis alla Rai per una settimana.
Conti-De Filippi: un acconto delle larghe intese che ci aspettano: da noi sono peripatetiche, la gente l’ha capito e perciò porterà Grillo al potere.
Ma in un paese come il nostro, dove impera il darwinismo sociale, il basso impero da dove ormai tutti scappano, ogni ascensore sociale è rotto e prevale il darwinismo più turpe, dove ci sono pensioni d’oro da 600mila euro l’anno e poi quelle di invalidità all’80% di 280 euro mensili, e dove i pensionati sociali – dopo una vita di lavoro - frugano nella spazzatura dei mercatini rionali per mettersi qualcosa nella pancia, abbiamo metabolizzato da tempo il senso dello scandalo.
E comunque, per quel che mi riguarda, è dai tempi de “La prima cosa bella” di Nicola Di Bari e di Sandro Ciotti alla radio che bypasso Sanremo. E sfido chiunque a ricordare chi ha vinto l’edizione del 2015 e a canticchiare il refrain sotto la doccia.
Il serraglio ha aperto le sue gabbie, gli animali sono in cattività. Ma il Festival di Sanremo non è più da tempo la vetrina della canzone italiana e se Luigi Tenco e Dalida l’avessero saputo non si sarebbero suicidati, mezzo secolo fa lui, un po’ dopo lei, e neanche il passionale Claudio Villa si sarebbe fatto sangue acido accusando il patron Ravera per averlo squalifica. Non ne valeva la pena. L’apertura con Tiziano Ferro che imita Tenco è stata il massimo dell’ipocrisia italica: lo ha celebrato il sistema che lo uccise.
Così Sanremo s’è trasfigurato in altro da sé: l’icona di un paese culturalmente agonizzante, clinicamente morto, sovrastruttura del nulla. Così è percepito extra moenia. Gli altri hanno avuto Woodstock e l’Isola di Wright, noi Arisa e Clementino. Miseria (retroattiva) del presente. O tempora, o mores!
E’ una parata di volgarità, le canzoni, brutte, sono solo un punto di partenza per perdere tempo e spettegolare una settimana. Infatti per farsi guardare e fare audience chiamano le star straniere e quest’anno Maurizio Crozza con le sue imitazioni.
Visto come siamo ridotti, con la tv ormai preda del gossip e del rubbish, del feticismo e del finto giornalismo, proponiamo di fare Sanremo tutto l’anno, posto che, a nostra insaputa, la classe politica non lo mandi già in scena tutti i giorni. Renzi premier non sfilava quotidianamente come sul palco dell’Ariston, fra la claque presa da Cinecittà?
Ecco la nostra modesta proposta: dopo Sanremo vintage con le cover, pensiamo a gennaio anteprima Sanremo, febbraio aspettando Sanremo, marzo gli esordienti di Sanremo, aprile le vecchie glorie di Sanremo, maggio Sanremo a piacere (ognun canta quel che gli pare: da “Finché la barca va” a “Semo gente de borgata”), giugno le star straniere, luglio le hit, agosto i cantautori, settembre le band, ottobre i vip, novembre charity a Sanremo, dicembre i presentatori storici e le vallette, da Nunzio Filogamo a Chiambretti e la Marini.
Caro Conti, ti piace l’idea? Anche se sei in uscita (arriverà Bonolis?)te la diamo aggratis, per la causa…
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