BARI - “I 24 milioni di euro destinati da Roma all’Ilva per la cassa integrazione di 5 mila lavoratori, così come gli annunciati, e per ora rimasti sulla carta, assegni di dignità voluti dal governatore Emiliano, molti dei quali assegnati a cittadini tarantini, null’altro sono se non palliativi introdotti laddove sarebbe necessaria ben altra cura. L’economia di Taranto è oggi ridotta a zero, con un’Ilva in stato comatoso che assorbe energie ingentissime, che potrebbero essere invece destinate alla riattivazione di un circuito produttivo alternativo a quello dell’acciaio. E’ incredibile vedere come Stato e Regione non accettino l’evidenza: tenere in vita il mostro Ilva a dispetto di un mercato totalmente mutato e di un’emergenza sanitaria e ambientale unica, è una scelta a dir poco fallimentare. Basta assistenzialismo, si punti sul sostegno alla piccola e piccolissima impresa familiare, all’artigianato tradizionale, al turismo, alla cultura, all’agricoltura. Si mettano le imprese in rete, si promuova un prodotto Taranto che è potenzialmente vincente, anche sul mercato internazionale, puntando ad un ricollocamento delle forze lavorative, a partire dai giovani. Ci troviamo ancora una volta di fronte ad un bivio: prendere la strada del cambiamento o rimanere nelle sabbie mobili, in attesa di essere irrimediabilmente inghiottiti”, così l’onorevole Vincenza Labriola, capogruppo per il Gruppo Misto in commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.