OPINIONI. Dna e facce toste
di FRANCESCO GRECO - “L'ispettore anti assenteisti / faceva lo chef al ristorante” (dai giornali).
Titoli clonati, di ieri, oggi, domani. Un fatto culturale, quindi indomabile, almeno non in tempi ravvicinati, anche perché non legittimati, sommersi.
Qual è il retroterra? Genetico innanzitutto: questione di dna. Il farla franca, l'astuzia levantina (quando non ci vede nessuno siamo capaci di tutto, di più), sono alcune delle componenti della cultura cattolica, mediterranea.
Il rifiuto della responsabilità sociale, la condizione di apolidi, il non appartenere a nessuna patria se non a quella degli affari nostri, il non essere massa critica ma “pecore anarchiche” (Montanelli), facilmente gestibile dai furbi più di noi. Non c'è amor patrio, né una coscienza collettiva: Garibaldi e Cavour hanno perso il loro tempo. E se non ci sentiamo nazione dopo oltre un secolo e mezzo, è segno che non lo saremo mai più. Ci sentiamo italiani solo quando gioca la nazionale. Siamo un Paese malato, una società atomizzata, fradicia, senza più collante.
L'humus di questa fuga dalla coscienza di popolo, il servirsi degli altri e delle istituzioni, è nato e si è consolidato nella prima repubblica, quando si creavano potentati col clientelismo politico, aumentando a dismisura il debito pubblico, che oggi grava su di tutti noi, moltiplicando i posti di lavoro come il pane e i pesci del Vangelo. I boss della politica prima assumevano 50 bidelli, poi facevano la scuola. Così i posti di lavoro sono stati regalati a cani e porci, ad personam, per chiamata diretta, da partiti e sindacati, spesso imposti dai boss della malavita, trasfigurati in agenzie di collocamento, per cooptazione, senza concorsi, e quelli che si facevano erano messinscena, ammuina: ecco perché del lavoro si ha una scarsa considerazione e si timbra il budge in mutande e si va in palestra o per i fatti propri.
Altra componente: l'impunità di massa. Agevolata da governi: i politici sono i primi a rivendicarla e ottenerla (la estendono ai colletti bianchi), le galere sono piene di poveracci, come ha scritto giorni fa Battista sul “Corriere della Sera”). E se rinunciassero all'immunità? Mica il minatore che scende a 1000 metri ha l'immunità, o il camionista che guida la notte. Tutti i lavori sono a rischio, perché quello del politico deve essere protetto? Alla fine non paga mai nessuno fra avvocati, cause, ricorsi e controricorsi e prescrizioni, brevi o lunghe. Alla faccia di Brunetta ieri e di Madia oggi.
Incertezza del diritto e della pena. Si continua a ritenere lo Stato una mucca da mungere, una noiosa seccatura a cui regalare un pò del proprio tempo, ma per finta, per incassare lo stipendio (magari facendoselo accreditare direttamente a casa), ma senza alcuna ricaduta sociale. Così l'ispettore che giorni all'ospedale di Loreto Mare (Napoli) faceva lo chef per arrotondare la farà franca, la furbizia e l'impunità vinceranno ancora. Ma il pesce marcisce dalla testa: non fanno così anche i politici? Tutti colpevoli, tutti innocenti, tutto in malora, tutto declina al crepuscolo. E' l'Italia, bellezza!
Il rifiuto della responsabilità sociale, la condizione di apolidi, il non appartenere a nessuna patria se non a quella degli affari nostri, il non essere massa critica ma “pecore anarchiche” (Montanelli), facilmente gestibile dai furbi più di noi. Non c'è amor patrio, né una coscienza collettiva: Garibaldi e Cavour hanno perso il loro tempo. E se non ci sentiamo nazione dopo oltre un secolo e mezzo, è segno che non lo saremo mai più. Ci sentiamo italiani solo quando gioca la nazionale. Siamo un Paese malato, una società atomizzata, fradicia, senza più collante.
L'humus di questa fuga dalla coscienza di popolo, il servirsi degli altri e delle istituzioni, è nato e si è consolidato nella prima repubblica, quando si creavano potentati col clientelismo politico, aumentando a dismisura il debito pubblico, che oggi grava su di tutti noi, moltiplicando i posti di lavoro come il pane e i pesci del Vangelo. I boss della politica prima assumevano 50 bidelli, poi facevano la scuola. Così i posti di lavoro sono stati regalati a cani e porci, ad personam, per chiamata diretta, da partiti e sindacati, spesso imposti dai boss della malavita, trasfigurati in agenzie di collocamento, per cooptazione, senza concorsi, e quelli che si facevano erano messinscena, ammuina: ecco perché del lavoro si ha una scarsa considerazione e si timbra il budge in mutande e si va in palestra o per i fatti propri.
Altra componente: l'impunità di massa. Agevolata da governi: i politici sono i primi a rivendicarla e ottenerla (la estendono ai colletti bianchi), le galere sono piene di poveracci, come ha scritto giorni fa Battista sul “Corriere della Sera”). E se rinunciassero all'immunità? Mica il minatore che scende a 1000 metri ha l'immunità, o il camionista che guida la notte. Tutti i lavori sono a rischio, perché quello del politico deve essere protetto? Alla fine non paga mai nessuno fra avvocati, cause, ricorsi e controricorsi e prescrizioni, brevi o lunghe. Alla faccia di Brunetta ieri e di Madia oggi.
Incertezza del diritto e della pena. Si continua a ritenere lo Stato una mucca da mungere, una noiosa seccatura a cui regalare un pò del proprio tempo, ma per finta, per incassare lo stipendio (magari facendoselo accreditare direttamente a casa), ma senza alcuna ricaduta sociale. Così l'ispettore che giorni all'ospedale di Loreto Mare (Napoli) faceva lo chef per arrotondare la farà franca, la furbizia e l'impunità vinceranno ancora. Ma il pesce marcisce dalla testa: non fanno così anche i politici? Tutti colpevoli, tutti innocenti, tutto in malora, tutto declina al crepuscolo. E' l'Italia, bellezza!