di FRANCESCO GRECO - Il consociativismo è la tragedia della nostra (sotto)cultura politica. Le “larghe intese” ce l’abbiamo nei cromosomi, l’inciucio plasma il nostro dna.
In questi giorni di (auto)candidature per le amministrative e le politiche, in cui uno vale uno (ma è rischiosa la democrazia parlamentare, figuriamoci quella diretta), chi si accosta alla politica lo sappia preventivamente, eviterà illusioni e delusioni, depressioni, valium, suicidi.
E se la semantica è applicabile alla politica, i segnali sono evidenti, senza bisogno di decodificazioni: si va verso le larghe intese, l’inciucio peripatetico già si respira nell’aria.
Questo travaso di fregnacciari feticisti da Mediaset alla Rai è solo uno dei segnali. Cosa ci faceva la signora Maria De Filippi, sacerdotessa del rubbish, all’ultimo festival di Sanremo? Chi l’ha chiamata raccontandoci la favola del cachet a costo zero, a cui non ha creduto manco Pappacola?
I servi sparsi nella comunicazione a far marchette eseguono ordini non scritti, leggono nel pensiero dei loro “principi” (in questo caso Berlusconi e Renzi) e si muovono di conseguenza. La fine delle ideologie ha gonfiato il super-io dei mediocri che in prima repubblica avrebbero fatto solo fotocopie.
Dallo spettacolo alla politica politici. Tutto il made in Italy è stato ”scalato”: la moda, la grande distribuzione, i marchi nobili dell’enogastronomia, i brand più appetibili. Nessuno se n’è accorto, ha detto nulla: zitti e mosca.
E’ bastato che il francese Vincent Bollorè, Vivendi, si avvicinasse a Mediaset Premium perché il ministro Carlo Calenda, di un governo di sedicente centrosinistra si agitasse parlando di una legge ad hoc contro l’opa in progress, difforme dai parametri della legge-Gasparri (“abuso di posizione dominante”). Gliela sta scrivendo Berlusconi o non ce n’è bisogno?
Altro passaggio semantico: le primarie del Pd in itinere. Saranno uno scandalo, l’ennesimo, se potranno votare anche i non iscritti e quindi saranno l’apoteosi di Renzi, che potrà portarsi le sue truppe cammellate da destra e da sinistra.
Basta per capire che siamo infebbrati dalla smania di consociativismo, che nascondiamo sotto la voce “governabilità”, tanto per scaricarci i sensi di colpa? Assolutamente no.
C’è un’ultim’ora: la mozione di sfiducia proposta dal M5S su Luca Lotti, ministro dello sport, giglio magico, è fissata in Senato al 15 marzo. Lotti trema perché non è parlamentare, non ha l’immunità, e quindi rischia le manette.
Non lo sapeva nessuno, Forza Italia voterà contro, ma ipocritamente dice che lo fa per ragioni di “garantismo”. Non avevano dubbi, lo salverà, poi passerà all’incasso, ai desiderata del capo, scuola “a Frà, che te serve?”. Il Pd fa il verginello, pudico come l’educanda di Cemak, dice che i voti di Berlusconi puzzano. Ma se serviranno li prenderà, start per il Nazareno bis.
La solita, vecchia Italia “di dolore ostello/ non donna di provincia, ma bordello” detestata da Dante.
In questi giorni di (auto)candidature per le amministrative e le politiche, in cui uno vale uno (ma è rischiosa la democrazia parlamentare, figuriamoci quella diretta), chi si accosta alla politica lo sappia preventivamente, eviterà illusioni e delusioni, depressioni, valium, suicidi.
E se la semantica è applicabile alla politica, i segnali sono evidenti, senza bisogno di decodificazioni: si va verso le larghe intese, l’inciucio peripatetico già si respira nell’aria.
Questo travaso di fregnacciari feticisti da Mediaset alla Rai è solo uno dei segnali. Cosa ci faceva la signora Maria De Filippi, sacerdotessa del rubbish, all’ultimo festival di Sanremo? Chi l’ha chiamata raccontandoci la favola del cachet a costo zero, a cui non ha creduto manco Pappacola?
I servi sparsi nella comunicazione a far marchette eseguono ordini non scritti, leggono nel pensiero dei loro “principi” (in questo caso Berlusconi e Renzi) e si muovono di conseguenza. La fine delle ideologie ha gonfiato il super-io dei mediocri che in prima repubblica avrebbero fatto solo fotocopie.
Dallo spettacolo alla politica politici. Tutto il made in Italy è stato ”scalato”: la moda, la grande distribuzione, i marchi nobili dell’enogastronomia, i brand più appetibili. Nessuno se n’è accorto, ha detto nulla: zitti e mosca.
E’ bastato che il francese Vincent Bollorè, Vivendi, si avvicinasse a Mediaset Premium perché il ministro Carlo Calenda, di un governo di sedicente centrosinistra si agitasse parlando di una legge ad hoc contro l’opa in progress, difforme dai parametri della legge-Gasparri (“abuso di posizione dominante”). Gliela sta scrivendo Berlusconi o non ce n’è bisogno?
Altro passaggio semantico: le primarie del Pd in itinere. Saranno uno scandalo, l’ennesimo, se potranno votare anche i non iscritti e quindi saranno l’apoteosi di Renzi, che potrà portarsi le sue truppe cammellate da destra e da sinistra.
Basta per capire che siamo infebbrati dalla smania di consociativismo, che nascondiamo sotto la voce “governabilità”, tanto per scaricarci i sensi di colpa? Assolutamente no.
C’è un’ultim’ora: la mozione di sfiducia proposta dal M5S su Luca Lotti, ministro dello sport, giglio magico, è fissata in Senato al 15 marzo. Lotti trema perché non è parlamentare, non ha l’immunità, e quindi rischia le manette.
Non lo sapeva nessuno, Forza Italia voterà contro, ma ipocritamente dice che lo fa per ragioni di “garantismo”. Non avevano dubbi, lo salverà, poi passerà all’incasso, ai desiderata del capo, scuola “a Frà, che te serve?”. Il Pd fa il verginello, pudico come l’educanda di Cemak, dice che i voti di Berlusconi puzzano. Ma se serviranno li prenderà, start per il Nazareno bis.
La solita, vecchia Italia “di dolore ostello/ non donna di provincia, ma bordello” detestata da Dante.