ROMA - Sessant'anni dopo i Trattati di Roma, i leader dell'Unione si ritrovano in Campidoglio per rinnovare il loro impegno europeo.
«Eravamo in sei ora siamo in 27». Così il premier Paolo Gentiloni ricorda il “viaggio” dell’Europa. Parla di futuro, di “sogno”, quel sogno che dalle macerie della seconda guerra mondiale apre la corsa al grande progetto europeo. Gentiloni cita, Adenauer, De Gasperi, Shuman, Spaak, Monnet come gli statisti che iniziarono a “costruire un’Unione di pace e di progresso”. Dice, “venivamo da lingue diverse, non la pensavamo allo stesso modo su tutto, ma tutti erano accomunati da una splendida stessa ossessione: non dividere, ma unire, non schierarsi gli uni contro gli altri per il male di tutti, ma cooperare insieme per il bene ciascuno”.
A margine della conferenza nazionale dei Verdi, alle domande dei giornalisti sul 60esimo anniversario dei trattati di Roma, Michele Emiliano, candidato alla segreteria nazionale Pd, ha dichiarato: “I padri fondatori del’Unione europea non sono stati traditi, ma troppe volte utilizzati e richiamati con troppa superficialità e devo dire anche un po’ con profili di ipocrisia, nel senso che sono tutti consapevoli della grandezza del progetto, sanno tutti perfettamente quanto sia importante, per la storia dell’Europa e dell’umanità, il progresso di questo grande progetto, ma nessuno in realtà muove un dito, se non in modo formale.
Noi, la nostra mozione per il congresso vorrebbe imprimere al processo europeo una grande spinta. Noi vorremmo arrivare agli Stati uniti d’Europa, a un vero e proprio stato federale, con una difesa comune, con una giustizia comune, almeno per i reati più gravi e transnazionali. Con uffici comuni che consentano il contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo; avere un reddito di dignità o di cittadinanza comune e soprattutto una politica estera comune, perché è intollerabile che l’Unione europea sulle grandi questioni del mondo si divida sempre secondo gli interessi di ciascuno stato nazionale.
Un progetto a metà non ha nessuna possibilità di andare avanti. Oggi, anziché abbracciarsi e complimentarsi per quanto realizzato sino ad ora, che non è poco e questo va riconosciuto, si sarebbe dovuto forse anche discutere con sincerità ed energia per trovare la strada verso il futuro”.
«Eravamo in sei ora siamo in 27». Così il premier Paolo Gentiloni ricorda il “viaggio” dell’Europa. Parla di futuro, di “sogno”, quel sogno che dalle macerie della seconda guerra mondiale apre la corsa al grande progetto europeo. Gentiloni cita, Adenauer, De Gasperi, Shuman, Spaak, Monnet come gli statisti che iniziarono a “costruire un’Unione di pace e di progresso”. Dice, “venivamo da lingue diverse, non la pensavamo allo stesso modo su tutto, ma tutti erano accomunati da una splendida stessa ossessione: non dividere, ma unire, non schierarsi gli uni contro gli altri per il male di tutti, ma cooperare insieme per il bene ciascuno”.
A margine della conferenza nazionale dei Verdi, alle domande dei giornalisti sul 60esimo anniversario dei trattati di Roma, Michele Emiliano, candidato alla segreteria nazionale Pd, ha dichiarato: “I padri fondatori del’Unione europea non sono stati traditi, ma troppe volte utilizzati e richiamati con troppa superficialità e devo dire anche un po’ con profili di ipocrisia, nel senso che sono tutti consapevoli della grandezza del progetto, sanno tutti perfettamente quanto sia importante, per la storia dell’Europa e dell’umanità, il progresso di questo grande progetto, ma nessuno in realtà muove un dito, se non in modo formale.
Un progetto a metà non ha nessuna possibilità di andare avanti. Oggi, anziché abbracciarsi e complimentarsi per quanto realizzato sino ad ora, che non è poco e questo va riconosciuto, si sarebbe dovuto forse anche discutere con sincerità ed energia per trovare la strada verso il futuro”.