di LUIGI LAGUARAGNELLA - I riti del Venerdì Santo stanno per concludersi: la tradizionale processione dei Misteri, i santi principali nominati nel racconto della Passione di Cristo, è rientrata nella Basilica di San Nicola da dove da questa mattina è partita per passare tra le strade di Bari. E’ la forma di devozione popolare che in molte città e paesi si vive con diversi usi e costumi. E’ toccato ai “Santi della basilica” portare il messaggio della Via della Croce. A Bari esistono anche quelli della Vallisa e si alternano ogni anno. Le statue di Cristo esposto ai dolori della sua Passione, San Pietro, San Giovanni, la Veronica e infine l’Addolorata, imponenti, obbligano ad interrompere le comuni azioni di vita quotidiana. La gente si assiepa ai bordi delle strade e i commercianti rimangono fermi all’uscio dei negozi: tra le voci confuso, il suono funebre della banda si celebra la devozione popolare.
Il Venerdì Santo è il giorno della morte di Cristo: molte chiese celebrano l’Adorazione della Croce alle 3 del pomeriggio, proprio nel momento in cui Gesù spirò (nel Vangelo si cita l’ora). Questo è l’unico giorno in cui la Chiesa adora la croce esponendola ai fedeli che possono accostarsi baciandola o inginocchiandosi dinanzi ad essa. Non è una celebrazione eucaristica questa del Venerdì Santo, ma è un rito, anch’esso sacro. Si ascolta il racconto della Passione. Si medita e si fa silenzio davanti alla morte del Signore. Molte parti del messale non vengono lette. E’ la croce che si mette al centro, perché la croce è il centro…
Anche l’altare è spoglio, il tabernacolo aperto. Il Santissimo è nell’Altare della reposizione che, a Bari chissà per quale mistero e leggenda, si chiama “sepolcro”, nonostante Gesù non sia ancora morto. Nella città vecchia, durante il Giovedì Santo, si fanno le code per vedere come ogni chiesa o cappella si addobba con fiori, piante, pane e vino. Il Giovedì Santo è il giorno in cui l’altare si spoglia di ogni arredo e addobbo al termine della messa in Cena Domini, in cui avviene il rito della lavanda dei piedi: simbolo di estremo servizio e amore che Cristo compie verso gli apostoli e che i sacerdoti ripetono nei confronti di alcuni fedeli, per ricordare che amare è servire, che tutti dobbiamo farci servi l’uno dell’altro, che servire è il più vero atto di coraggio. Il Giovedì Santo è il giorno in cui il sacerdozio prende forma: i sacerdoti, nella messa crismale in Cattedrale, ricevono gli oli santi (l’olio crismale, l’olio per i catecumeni, l’olio per i defunti) dal vescovo che li consacra con il soffio dello Spirito Santo. E’ nella Cena Domini che il Signore istituisce il sacerdozio: durante l’Ultima cena dice di amarsi gli uni altri, chiama i suoi fedeli amici; si fa amore con il pane e il vino; fa l’amore manifestando con il servizio, munito di un solo grembiule, la vera carità. Al termine della messa in Cena Domini, il Santissimo, che durante le celebrazioni domenicali è posto nel tabernacolo, è portato nell’Altare della reposizione: un invito a pregare e rimanere in compagnia del Signore nelle ore che lo avvicinano al Getsemani. Il presbiterio delle chiese è spoglio, il tabernacolo, luogo del mistero di Cristo Risorto è vuoto perché Gesù deve compiere “la volontà del Padre” ossia patire e sconfiggere il peccato dell’uomo.
Giovedì, Venerdì e Sabato Santo sono giorni di intensa ricerca del senso del proprio credo e dalla propria vita. Giorni colmi di segni, ma anche di molta essenzialità, di silenzio, quello interiore. Il Sabato Santo è il giorno del silenzio, dell’attesa di Cristo che risorge. Le chiese riaprono per la Veglia pasquale, il “terzo giorno dopo il Sabato”: nella Veglia si celebra la luce, l’acqua (si benedicono il fuoco e il fonte battesimale) si esulta perché la vita ha vinto sulla morte.
E’ il triduo pasquale centro e fulcro della fede cristiana, il fondamento della Chiesa. Il triduo fatto di riti tradizionali, ma gesti sacri e liturgici che spiegano il senso del Mistero, che è qualcosa di rivelato e sta ai fedeli scoprirlo solo credendo, aderendo intimamente.
E’ un mistero, invece, che proprio questi tre giorni di assoluta centralità per la vita di tante persone, non siano segnati con il colore “rosso” sul calendario poiché è la Pasqua, la festa che segna la vita. E darebbe ulteriore possibilità di avvicinarsi ai riti importanti, autentici, prima di limitarsi a quelli della tradizione popolare.
Il Venerdì Santo è il giorno della morte di Cristo: molte chiese celebrano l’Adorazione della Croce alle 3 del pomeriggio, proprio nel momento in cui Gesù spirò (nel Vangelo si cita l’ora). Questo è l’unico giorno in cui la Chiesa adora la croce esponendola ai fedeli che possono accostarsi baciandola o inginocchiandosi dinanzi ad essa. Non è una celebrazione eucaristica questa del Venerdì Santo, ma è un rito, anch’esso sacro. Si ascolta il racconto della Passione. Si medita e si fa silenzio davanti alla morte del Signore. Molte parti del messale non vengono lette. E’ la croce che si mette al centro, perché la croce è il centro…
Anche l’altare è spoglio, il tabernacolo aperto. Il Santissimo è nell’Altare della reposizione che, a Bari chissà per quale mistero e leggenda, si chiama “sepolcro”, nonostante Gesù non sia ancora morto. Nella città vecchia, durante il Giovedì Santo, si fanno le code per vedere come ogni chiesa o cappella si addobba con fiori, piante, pane e vino. Il Giovedì Santo è il giorno in cui l’altare si spoglia di ogni arredo e addobbo al termine della messa in Cena Domini, in cui avviene il rito della lavanda dei piedi: simbolo di estremo servizio e amore che Cristo compie verso gli apostoli e che i sacerdoti ripetono nei confronti di alcuni fedeli, per ricordare che amare è servire, che tutti dobbiamo farci servi l’uno dell’altro, che servire è il più vero atto di coraggio. Il Giovedì Santo è il giorno in cui il sacerdozio prende forma: i sacerdoti, nella messa crismale in Cattedrale, ricevono gli oli santi (l’olio crismale, l’olio per i catecumeni, l’olio per i defunti) dal vescovo che li consacra con il soffio dello Spirito Santo. E’ nella Cena Domini che il Signore istituisce il sacerdozio: durante l’Ultima cena dice di amarsi gli uni altri, chiama i suoi fedeli amici; si fa amore con il pane e il vino; fa l’amore manifestando con il servizio, munito di un solo grembiule, la vera carità. Al termine della messa in Cena Domini, il Santissimo, che durante le celebrazioni domenicali è posto nel tabernacolo, è portato nell’Altare della reposizione: un invito a pregare e rimanere in compagnia del Signore nelle ore che lo avvicinano al Getsemani. Il presbiterio delle chiese è spoglio, il tabernacolo, luogo del mistero di Cristo Risorto è vuoto perché Gesù deve compiere “la volontà del Padre” ossia patire e sconfiggere il peccato dell’uomo.
Giovedì, Venerdì e Sabato Santo sono giorni di intensa ricerca del senso del proprio credo e dalla propria vita. Giorni colmi di segni, ma anche di molta essenzialità, di silenzio, quello interiore. Il Sabato Santo è il giorno del silenzio, dell’attesa di Cristo che risorge. Le chiese riaprono per la Veglia pasquale, il “terzo giorno dopo il Sabato”: nella Veglia si celebra la luce, l’acqua (si benedicono il fuoco e il fonte battesimale) si esulta perché la vita ha vinto sulla morte.
E’ il triduo pasquale centro e fulcro della fede cristiana, il fondamento della Chiesa. Il triduo fatto di riti tradizionali, ma gesti sacri e liturgici che spiegano il senso del Mistero, che è qualcosa di rivelato e sta ai fedeli scoprirlo solo credendo, aderendo intimamente.
E’ un mistero, invece, che proprio questi tre giorni di assoluta centralità per la vita di tante persone, non siano segnati con il colore “rosso” sul calendario poiché è la Pasqua, la festa che segna la vita. E darebbe ulteriore possibilità di avvicinarsi ai riti importanti, autentici, prima di limitarsi a quelli della tradizione popolare.