di MARIO CONTINO - Quando mi è stato riferito che a Foggia si vocifera di un fantasma a spasso per il centro storico, e che questo viene chiamato "manacello", ho immediatamente associato questa figura al noto folletto campano, citato soprattutto nelle leggende napoletane e salernitane.
Anche a Napoli "O Manaciell'" sarebbe uno spirito di bassa statura vestito in abiti monacali, solo che a differenza del quasi omonimo foggiano lui sarebbe un folletto.
Nel centro storico di Foggia, esattamente presso Vico D'Angiò, stretta via che prende il nome dall'antica famiglia che in loco abitava, sono in molti ad essere a conoscenza della leggenda del monaco fantasma, e tra questi, una buona parte sostiene che ci sia un fondo di verità , strani avvistamenti che poco avrebbero di razionale.
La via in questione Parte da Vico Pietà e costeggia le mura della "chiesa dei Morti", termina poi in un tratto senza uscita conosciuto come vico San Leonardo.
Il leggendario monaco apparirebbe dall'aspetto tozzo, con saio e corda ben visibile sulla pronunciata pancia, di bassa statura ma non tanto piccolo da aver potuto creare l'idea del folletto, ciò a differenza dello spirito campano sopracitato.
Secondo la leggenda il frate fantasma viveva a Foggia e fu tentato dalla bellezza delle ragazze che più volte si era fermato ad osservare dalle finestre del monastero. Tentò quindi di fuggire dal palazzo per dar sfogo alle sue tentazioni, forse non pienamente convinto della sua vocazione religiosa. Scelse però una via di fuga rischiosa, si intrufolò nello sfiatatoio del camino senza tener conto della sua taglia. Il mattino seguente i frati lo ritrovarono morto, soffocato all'interno dello sfiatatoio stesso.
Un religioso che tradisce la sua fede è considerato un traditore che tradisce Dio, macchiato dunque dello stesso peccato di Lucifero. Quanto detto, unito alla violenta morte dell'uomo e ad un contesto culturale abbastanza chiuso, hanno certamente contribuito alla nascita del fantasma, ossia dell'anima del peccatore rifiutata dal Paradiso e costretta a vagare in un'eterna dannazione.
Anche questa è una storia poco divulgata; mi è stata raccontata da diversi amici, alcuni l'avrebbero appresa come narrazione popolare, quindi in contesti colturali locali, altri invece su giornali o riviste.
Ciò che conta è che la leggenda esiste, è certamente tra le più affascinanti della Puglia e merita di essere divulgata.
Anche a Napoli "O Manaciell'" sarebbe uno spirito di bassa statura vestito in abiti monacali, solo che a differenza del quasi omonimo foggiano lui sarebbe un folletto.
Nel centro storico di Foggia, esattamente presso Vico D'Angiò, stretta via che prende il nome dall'antica famiglia che in loco abitava, sono in molti ad essere a conoscenza della leggenda del monaco fantasma, e tra questi, una buona parte sostiene che ci sia un fondo di verità , strani avvistamenti che poco avrebbero di razionale.
La via in questione Parte da Vico Pietà e costeggia le mura della "chiesa dei Morti", termina poi in un tratto senza uscita conosciuto come vico San Leonardo.
Lo studioso del paranormale Mario Contino |
Secondo la leggenda il frate fantasma viveva a Foggia e fu tentato dalla bellezza delle ragazze che più volte si era fermato ad osservare dalle finestre del monastero. Tentò quindi di fuggire dal palazzo per dar sfogo alle sue tentazioni, forse non pienamente convinto della sua vocazione religiosa. Scelse però una via di fuga rischiosa, si intrufolò nello sfiatatoio del camino senza tener conto della sua taglia. Il mattino seguente i frati lo ritrovarono morto, soffocato all'interno dello sfiatatoio stesso.
Un religioso che tradisce la sua fede è considerato un traditore che tradisce Dio, macchiato dunque dello stesso peccato di Lucifero. Quanto detto, unito alla violenta morte dell'uomo e ad un contesto culturale abbastanza chiuso, hanno certamente contribuito alla nascita del fantasma, ossia dell'anima del peccatore rifiutata dal Paradiso e costretta a vagare in un'eterna dannazione.
Anche questa è una storia poco divulgata; mi è stata raccontata da diversi amici, alcuni l'avrebbero appresa come narrazione popolare, quindi in contesti colturali locali, altri invece su giornali o riviste.
Ciò che conta è che la leggenda esiste, è certamente tra le più affascinanti della Puglia e merita di essere divulgata.
Non penso
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