GALATINA - E’accaduto il 2 maggio scorso. Salvatore Perrone, un anziano di Cavallino, non si sente bene. I familiari chiamano il 118 e, dopo gli accertamenti di rito, viene deciso di portarlo al Pronto soccorso. Al “Fazzi” neanche a parlarne, c’è affollamento. Per cui la centrale operativa del 118 dirotta il paziente su Galatina, dove viene «sbarellato» alle 11 del mattino.
Qui ha inizio il “calvario”. «Papà – riferisce il figlio Massimo – è stato portato in una stanzetta, in attesa su una lettiga. A noi non ci hanno fatto entrare; nemmeno per chiedere a papà se avesse bisogno di qualcosa di personale».
In questi casi il tempo è tutta angoscia per i familiari. «Abbiamo chiesto perché lo tenevano così a lungo in quella stanzetta - aggiunge Massimo – Ci è stato risposto che stavano facendo vari esami e dovevano attendere i risultati delle analisi. E ci hanno anche spiegato che ci sarebbe voluto più tempo perché il laboratorio analisi, dopo l’incendio, andava a rilento».
Alle 18 il sig. Perrone era ancora steso sulla lettiga del Pronto soccorso. Attorno alle 21 – stando a quanto riferisce il figlio – hanno finalmente comunicato ai familiari che lo avrebbero ricoverato. Ma non si sapeva ancora dove si sarebbe reso disponibile un posto letto: a Galatina (sicuramente non a Geriatria che era strapieno) oppure a Lecce. «Attorno alle 22,30 - continua il figlio - ci hanno detto che a papà è stato applicato un catetere. E alle 23 è stato ricoverato in Chirurgia».
«Nei giorni successivi - riferisce il figlio - mi sono recato a Galatina per trovare papà e per chiedere informazioni al medico di turno sul decorso della malattia, forse broncopolmonite. Il medico mi ha invitato a tornare l’indomani mattina perché – ha detto – era da solo e non aveva la cartella clinica di papà . Una grande amarezza per me, visto che io lavoro solo di mattina e non ho potuto andare».
Oggi il sig Perrone è ancora ricoverato al “Santa Caterina Novella”, mentre il figlio Massimo, in apprensione per la sua salute, continua a farsi alcune domande che consegna alle istituzioni, sanitarie e politiche: «Perchè papà è stato portato, in codice giallo, al pronto soccorso di Galatina, pur sapendo che il Laboratorio analisi è fuori uso e quindi i risultati avrebbero subito un ritardo?».
E, ancora: «Come mai il medico di turno non è in grado di dare informazioni sullo stato di salute, dicendo che è da solo e che non ha la cartella clinica? Come fa a curare un paziente se non dispone dei dati della cartella? Infine: perché è stato ricoverato in Chirurgia e non in Geriatria?».
Qui ha inizio il “calvario”. «Papà – riferisce il figlio Massimo – è stato portato in una stanzetta, in attesa su una lettiga. A noi non ci hanno fatto entrare; nemmeno per chiedere a papà se avesse bisogno di qualcosa di personale».
In questi casi il tempo è tutta angoscia per i familiari. «Abbiamo chiesto perché lo tenevano così a lungo in quella stanzetta - aggiunge Massimo – Ci è stato risposto che stavano facendo vari esami e dovevano attendere i risultati delle analisi. E ci hanno anche spiegato che ci sarebbe voluto più tempo perché il laboratorio analisi, dopo l’incendio, andava a rilento».
Alle 18 il sig. Perrone era ancora steso sulla lettiga del Pronto soccorso. Attorno alle 21 – stando a quanto riferisce il figlio – hanno finalmente comunicato ai familiari che lo avrebbero ricoverato. Ma non si sapeva ancora dove si sarebbe reso disponibile un posto letto: a Galatina (sicuramente non a Geriatria che era strapieno) oppure a Lecce. «Attorno alle 22,30 - continua il figlio - ci hanno detto che a papà è stato applicato un catetere. E alle 23 è stato ricoverato in Chirurgia».
«Nei giorni successivi - riferisce il figlio - mi sono recato a Galatina per trovare papà e per chiedere informazioni al medico di turno sul decorso della malattia, forse broncopolmonite. Il medico mi ha invitato a tornare l’indomani mattina perché – ha detto – era da solo e non aveva la cartella clinica di papà . Una grande amarezza per me, visto che io lavoro solo di mattina e non ho potuto andare».
Oggi il sig Perrone è ancora ricoverato al “Santa Caterina Novella”, mentre il figlio Massimo, in apprensione per la sua salute, continua a farsi alcune domande che consegna alle istituzioni, sanitarie e politiche: «Perchè papà è stato portato, in codice giallo, al pronto soccorso di Galatina, pur sapendo che il Laboratorio analisi è fuori uso e quindi i risultati avrebbero subito un ritardo?».
E, ancora: «Come mai il medico di turno non è in grado di dare informazioni sullo stato di salute, dicendo che è da solo e che non ha la cartella clinica? Come fa a curare un paziente se non dispone dei dati della cartella? Infine: perché è stato ricoverato in Chirurgia e non in Geriatria?».